Hagia Sophia e San Salvatore in Cora ad Istanbul hanno avuto un destino comune. Entrambe chiese, poi diventate moschee, poi museo, e poi di nuovo moschee quest’anno, con due decreti dei tribunali turchi sostenuti dal presidente della repubblica in carica Recep Tayyip Erdoğan.
Entrambi gli edifici sono parte del patrimonio sotto tutela dell’UNESCO, che ora ritiene opportuno verificare se la loro conversione rischi di fare andare perdute, oppure di rendere non più visibili, parte delle loro straordinarie opere.
Una indagine che ha preso avvio con alcune ispezioni lo scorso ottobre e che il prossimo mese di gennaio vedrà l’arrivo a Istanbul di Mounir Bouchenaki, archeologo algerino di fama internazionale, inviato dall’agenzia dell’ONU allo scopo di verificare lo stato dei due edifici.
La decisione è stata presa a seguito della ricezione di informazioni relative a una serie di cambiamenti in corso nei vari monumenti, in particolare riguardo ai mosaici cristiani di Santa Sofia e San Salvatore in Cora.
Una ispezione decisa anche a seguito di una polemica alimentata dalle dichiarazioni rese da Mehmet Nuri Ersoy, ministro della Cultura e del Turismo turco, che all’inizio di novembre aveva affermato che l’UNESCO avrebbe accettato il punto di vista di Istanbul sulla riutilizzazione di entrambi i musei.
Ernesto Ottone, vicesegretario generale dell’agenzia ONU, decise quindi l’invio della missione preoccupato dalle possibili modifiche per mano turca dei due storici edifici.
Secondo Andrea Gagliarducci di ACI Stampa, già il 14 novembre, l’UNESCO aveva reagito alle dichiarazioni del ministro della Cultura ricordando i modi del suo intervento al momento in cui il governo turco decise di rendere Hagia Sophia una moschea. L’agenzia aveva immediatamente iniziato un processo di revisione e inviato una missione a Istanbul dal 5 al 9 ottobre per controllare nei dettagli le eventuali implicazioni del mutamento dello status degli edifici e l’impatto che avrebbero avuto sul valore universale dei beni, un processo di revisione ancora in corso.
Hagia Sophia è stata una delle chiese più importanti della cristianità, sede dei patriarchi ortodossi fino al 1453, quando gli ottomani la trasformarono in moschea. Fu Kemal Ataturk, padre della Turchia moderna, a volere nel 1934 che lo storico edificio fosse trasformato in museo.
Ma recentemente, lo scorso 10 luglio, la Corte del Paese anatolico, su ricorso di una piccola associazione di estrema destra, ha annullato quella decisione facendo riacquistare a Hagia Sophia le vesti di moschea. Le prime preghiere dei fedeli musulmani vi si sono poi tenute il giorno 24 luglio.
Il monastero di San Salvatore in Cora risale invece all’XI secolo, esso è noto per i suoi affreschi e i mosaici. Anche questa chiesa venne convertita in moschea nel 1511, ma dal 1948 il governo di Ankara l’aveva trasformata in un museo. Poi, quest’anno, la decisione che ha stabilito il suo ritorno a moschea.
I fedeli cristiani hanno tuttavia adito le vie legali al fine di non rendere irreversibile la perdita delle due chiese quali luoghi di culto della loro religione. Un sodalizio di cittadini turchi, in massima parte ortodossi, hanno inoltrato al Consiglio di Stato della Repubblica turca una richiesta di annullamento del decreto emanato nel luglio 2010 su Hagia Sophia, adducendo la motivazione che esso «violerebbe la convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale mondiale».
«È una richiesta che con ogni probabilità non verrà accolta – pronostica però Gagliarducci -, considerato il fatto che i membri dell’organo giudicante sono ritenuti molto vicini alle posizioni del presidente Erdoğan».