SALUTE, Tumori. La ricerca sulla modifica del genoma per distruggere il DNA del male: dall’Università di Tel Aviv una buona notizia

Gli scienziati israeliani affermano che in futuro si potrà distruggere un tumore con tre trattamenti di un nuovo chemioterapico che modifica il genoma per attaccare il DNA della cellula malata. Pubblicati i risultati dei test condotti sugli animali, per gli esseri umani si dovranno attendere un paio di anni

Un team di scienziati dell’Università di Tel Aviv ha affermato che si potrà riuscire a distruggere un tumore attraverso il ricorso a una serie di tre trattamenti effettuati con un nuovo farmaco chemioterapico studiato alla Tel Aviv University, sostanza che modificherebbe il genoma giungendo alla distruzione del DNA del cancro.

Lo riferisce un articolo a firma di Nathan Jeffay pubblicato giovedì scorso sul quotidiano “Times of Israel”, dal quale si apprende anche che per individuare ed eliminare le cellule malate verrebbero impiegate delle “microscopiche forbici”.

In esso viene inoltre reso noto che i risultati della ricerca condotta sulle cavie animali sono stati appena pubblicati sulla rivista “Science Advances”, mentre per i test sugli esseri umani si renderà necessario procedere ancora per due anni.

Disattivazione delle cellule tumorali. Gli scienziati dell’università israeliana affermano di aver distrutto le cellule tumorali nei topi mediante una particolare metodologia da loro elaborata, che prevede l’intervento soltanto sulle cellule attaccate dal male, lasciando intatto tutto ciò che le circonda.

Allo specifico riguardo, il professor Dan Peer, ricercatore presso la Tel Aviv University, ha sottolineato come il risultato conseguito dalla sua équipe sia il primo al mondo in grado di dimostrare l’efficacia dell’intervento sul DNA attraverso il genoma CRISPR nel trattamento su di un animale.

Peer ha quindi aggiunto che nel corso della sperimentazione non sono stati riscontrati effetti collaterali manifestati dalle cavie «e noi crediamo che una cellula tumorale trattata in questo modo non diventerà mai più attiva. Questa nuova metodologia estenderà l’aspettativa di vita dei malati e, speriamo, un giorno curare anche la malattia».

Nel corso dell’intervista rilasciata al “Times of Israel”, lo scienziato ha poi previsto che «sottoponendo il paziente a tre trattamenti sarà possibile distruggere un tumore tagliando fisicamente il DNA nelle cellule attaccate per non farle sopravvivere».

Una «chemioterapia più elegante». Peer definisce questo nuovo risultato «una chemioterapia più elegante», poiché «si tratta di un farmaco molto meno invasivo che inciderà soltanto sulla parte attaccata dal tumore senza necessariamente richiedere la somministrazione nell’intero organismo della persona malata, con gli effetti che questa pratica comporta».

Secondo l’articolo di stampa pubblicato sulla rivista Science Advances, i ricercatori avrebbero scoperto che i topi malati di tumore sottoposti al trattamento hanno successivamente evidenziato un’aspettativa di vita pari al doppio rispetto a quella degli altri individui appartenenti al gruppo posto sotto esame, inoltre il tasso di sopravvivenza dei primi è risultato maggiore del 30% rispetto ai secondi.

Il professor Peer ha tuttavia specificato che, una volta resosi disponibile per l’impiego nelle terapie sugli esseri umani, questo nuovo trattamento dovrà venire personalizzato allo scopo di renderlo idoneo a ogni singolo paziente, una procedura che avverrà sulla base dei risultati ottenuti a seguito di una biopsia sul malato e quindi, a seconda delle circostanze, a esso iniettato o in via generale oppure localmente, cioè direttamente al tumore.

«Ovviamente si tratta di qualcosa che necessiterà di un’ulteriore sviluppo, ma la cosa importante è che abbiamo dimostrato che può uccidere le cellule tumorali».

Nanoparticelle, RNA messaggero e «riconoscitori» di cellule. Nell’approcciarsi alla ricerca e alla sperimentazione, Peer e il suo team di scienziati si sono concentrati su due tra i tumori maggiormente letali: il glioblastoma (o GBM, neoplasia delle cellule gliali del sistema nervoso) e il tumore metastatico dell’ovaio.

Nel primo caso, si tratta del tipo di malattia più aggressiva del suo genere, che colpisce il cervello e riduce l’aspettativa di vita media del malato dopo la diagnosi a quindici mesi, mentre il tasso di sopravvivenza a cinque anni risulta pari soltanto al 3 per cento.

Peer ha reso noto che l’iniezione consiste di tre componenti: una nanoparticella costruita dai lipidi, l’RNA messaggero (Ribo Nucleic Acid, acido ribonucleico) che codifica la piccola forbice che taglia il DNA e un sistema di navigazione che riconosce le cellule cancerose.

«Quando, dodici anni fa, parlammo per la prima volta di trattamenti effettuati mediante RNA messaggero, chi ci ascoltò pensò che si trattasse di fantascienza», ha concluso Peer, «ma io credo che nel prossimo futuro assisteremo a molti trattamenti personalizzati basati su messaggeri genetici, sia per le patologie tumorali che per quelle genetiche».

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