STRATEGIA, Mediterraneo. Il duro confronto fra Turchia e Grecia e i rischi per la stabilità e per la Nato

L’analisi del generale Giuseppe Morabito nell’intervista da lui rilasciata ieri alla testata giornalistica online “il sussidiario.net”: «Europa o no, Erdogan prende tempo, ma vuole Cipro»

In vista del Consiglio europeo egli scrive per chiedere di aprire un dialogo sulla questione del Mar Egeo, tuttavia sta solo cercando di prendere tempo. In vista del Consiglio europeo convocato oggi e domani a Bruxelles per discutere le tensioni nel Mediterraneo orientale tra Turchia e Grecia e possibili sanzioni contro Ankara, Erdoğan mette le mani avanti e invia una lettera nella quale si dice pronto a un dialogo con Atene senza precondizioni.

Peccato che si dimentica di mandarla proprio alla Grecia e a Cipro, accusando Atene di essere alla base di tutti i problemi. Una mossa, come ci ha detto il generale Giuseppe Morabito, membro fondatore dell’Institute for Global Security and Defense Affairs (Igsda) e membro del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation, «fatta evidentemente per cercare paesi europei che gli vengano incontro in modo da evitare le sanzioni e prendere tempo».

Erdoğan, ci ha detto ancora, «è il portatore di una politica pan-islamista che non guarda in faccia a nessuno, si espande in Libia, Somalia, Siria, dà sostegno all’Azerbajian e si ispira ai Fratelli musulmani, con il loro radicalismo sempre presente, come abbiamo visto pochi giorni fa a Parigi».

Erdoğan è a caccia di nuove risorse per contrastare la crisi economica del suo paese? Cosa spera di ottenere dall’Europa?

In Europa cerca alleati per evitare sanzioni. Bisogna tenere conto che la tensione in atto non è tanto per la disputa sulle risorse energetiche dell’Egeo, ma a livello ideologico e politico. Se scrive all’Europa ma non alla Grecia e a Cipro fa vedere che con loro non parla, ma è pronto a parlare con gli alleati. Insomma prende tempo. Anche perché di tutti i fronti che Erdoğan ha aperto, quello con l’Unione europea è l’unico perdente per lui.

Secondo lei l’Ue davvero farà sanzioni contro la Turchia?

È una cosa molto difficile. Una sanzione può essere implementata e allora crea problemi, ma ci sono sanzioni di cui a lui non importerebbe niente. Bisogna poi anche dire che l’Unione europea, di cui molti paesi sono membri della Nato, non ha interesse a emarginare la Turchia.

Appunto, la Nato. Da tempo Erdogan si comporta come se non ne facesse parte, da quando ha comprato missili russi. Nessuna possibilità che la Turchia venga estromessa dall’Alleanza Atlantica?

La Nato ragiona in questi termini: meglio avere un cattivo amico che un buon nemico. In questo momento è meglio tenersi i turchi alleati, vuol dire avere punti di dialogo a Bruxelles e in Turchia che fanno molto comodo. È vero che Erdoğan è un alleato scomodo, ma in questo momento i paesi Nato sono troppo distratti dal Covid-19 per pensare ad altro.

Ha parlato di questione ideologica: cosa intende esattamente?

Erdoğan ha una visione pan-islamica, è andato contro la Chiesa ortodossa trasformando Santa Sofia in una moschea, per lui l’isola di Cipro è come Taiwan per la Cina.

Questa visione lo fa supportare i Fratelli musulmani, ha mercenari che operano in Siria, in Libia, in Somalia e adesso li sta inviando anche nell’Azerbaijan.

La trasformazione di Santa Sofia non è stata una cosa da niente, ricordiamoci che l’Europa nel suo statuto riconosce le radici cristiane e lui colpisce un simbolo cristiano. Deve cercare di uscire da questo vertice con meno danni possibili.

Quali potrebbero essere le prossime mosse di Erdoğan? E quale il risultato di questo vertice?

La Turchia e il Qatar sono i paesi islamici più vicini all’Iran, questo è un bel problema da non dimenticare mai. Per quanto riguarda il vertice europeo bisognerà vedere come si muove Macron, perché la Francia e l’Italia sono i paesi con più interessi energetici nel Mar Egeo.

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