CRIMINALITÀ, stupefacenti. Operazione «Opium»: disarticolata organizzazione “etnica” che riforniva di eroina la capitale

La Guardia di Finanza e la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Ministero dell’Interno hanno disarticolato uno strutturato sodalizio criminale formato da pakistani e afghani che aveva stabilito la propria base operativa nel quartiere di Tor Pignattara. Tra i corrieri della droga figuravano anche dei siriani

Tor Pignattara nuovo polo della droga a Roma, ma stavolta non si tratta dello spaccio che, almeno fino al lockdown aveva luogo nell’adiacente quartiere del Pigneto, dove gruppi di pusher prevalentemente africani vendevano hashish e altro sfruttando la concentrazione di potenziale clientela dovuta alla movida che si protraeva fino a notte inoltrata.

Però, le kermesse e la voglia di divertimento e socialità della gente sono state frustrate dalla diffusione dei contagi del Covid-19 che hanno imposto il blocco quasi totale delle attività, dunque, nelle strade del vecchio quartiere popolare romano, nella via del mercato e nelle traverse che lambiscono quello che una volta era lo stabilimento farmaceutico Serono non gira quasi più nessuno e tutto, si spera, riprenderà dopo questa brutta parentesi.

Ma non si ferma certamente il gigantesco business della droga, che nello specifico caso di cronaca di cui si riferisce quest’oggi è eroina.

L’eroina centroasiatica. Eroina, il derivato della pianta di oppio che dà dipendenza, quella droga che fino a poco tempo fa si riteneva ormai sostanzialmente fuori dai consumi, ma i cui consumi in realtà venivano registrati in aumento.

Eroina, un droga che riporta indietro di almeno quarant’anni, quando alcune zone delle città italiane erano popolate da zombies in cerca di una dose o completamente fatti, a quei giorni nei quali la gente si era abituata ai teli bianchi e alle casse di bachelite della polizia mortuaria, che interveniva quotidianamente per raccogliere il cadavere di un ragazzo deceduto per overdose.

Torna dunque l’eroina, ma muta in parte la mappatura dei centri dello smistamento e dello spaccio, infatti non sono più certi bar di Casal Bertone o certe piazze di Acilia o San Basilio, poiché in tanti anni sono mutati anche i trafficanti e con loro le zone della città dove essi hanno stabilito il loro centro delle attività.

Come, appunto, Tor Pignattara. Perché?

Un’organizzazione strutturata e ramificata. Oggi i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza della capitale hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudici per le indagini preliminari del Tribunale (su richiesta della Direzione distrettuale antimafia) i cui destinatari sono dieci persone originarie di due paesi asiatici, uno dei quali è il maggiore produttore di oppio: Afghanistan e Pakistan.

Su di esse pende l’accusa di fare parte di un’associazione per delinquere dedita al traffico di eroina su scala internazionale, i risultato delle indagini condotte dalle Fiamme gialle su delega della magistratura italiana e portate a termine anche grazie alla proficua collaborazione della National Crime Agency britannica e al coordinamento assicurato dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Ministero dell’Interno.

Il network euroasiatico. Gli investigatori hanno riscostruito le modalità operative di un agguerrito sodalizio criminale che era parte di un network del narcotraffico, una organizzazione strutturata e in possesso di notevoli risorse economiche che era in grado di rifornire con importanti quantitativi di stupefacente i propri terminali sulle varie piazze dello spaccio in vari paesi europei, infatti, oltre all’Italia, figuravano nel loro ampio spettro di azione anche la Gran Bretagna (tradizionale piazza per numerose organizzazioni criminali etniche pakistane con solidi legami in patria), la Grecia, l’Olanda e la Francia.

Al vertice di essa c’era il cinquantenne Zad Gul Muslim, che aveva stabilito a Roma la base operativa dalla quale coordinare le importazioni di eroina da smistare successivamente nel resto dell’Europa attraverso il ricorso a corrieri della droga in gran parte «ovulatori» o «ingoiatori».

Tor Pignattara Branch. L’organizzazione criminale si caratterizzava per la sua “doppia anima”, sia locale che globale.

Locale, perché accentrava in alcuni quartieri romani – in particolare quello di Tor Pignattara, nel quale si registra una forte presenza di immigrati di cittadinanza afghana e pakistana – le fasi di stoccaggio e quelle di consegna dello stupefacente;

globale, in quanto nelle condizioni di operare in maniera capillare ed efficace grazie alla sua articolata rete di conoscenze e connivenze.

Essa poteva così proiettarsi in diverse aree geografiche, invadendo piazze di spaccio non proprie anche solo per brevi periodi, inoltre, aveva gioco facile nella fase del reperimento dell’eroina facendo riferimento ai molteplici collaudati canali internazionali del narcotraffico, mantenendo costanti e dirette relazioni finanziarie e criminali con i paesi di origine, appunto Afghanistan e Pakistan.

Avtomat Kalashnikov. L’approfondita analisi del circuito relazionale del complesso delle persone indagate ha portato tra l’altro alla luce come due degli elementi apicali dell’organizzazione, Marofkhil Bakhtulla e Maroof Khan Zaman (detto «Zazai»), entrambi destinatari di misura cautelare, avessero tra i loro contatti su Facebook un soggetto col quale avevano condiviso alcune fotografie che li ritraevano a Piazza Vittorio Emanuele II a Roma, soggetto che in altri scatti postati sul social network posava armato di pistola e di fucile automatico d’assalto AK-47.

Gli accertamenti condotti dal GICO del Nucleo di polizia economico-finanziaria della capitale, che hanno avuto la durata di oltre un anno, alla fine hanno condotto all’arresto di nove corrieri di nazionalità pakistana, afghana e siriana, e al sequestro di più di venticinque chilogrammi di stupefacente di altissima qualità.

Analogamente a quanto solitamente avviene in seno alle organizzazioni di maggiore caratura criminale, gli indagati reagivano ai vari interventi repressivi cercando di comprenderne le cause allo scopo di pianificare successivamente nuove strategie operative, garantendo inoltre ai corrieri della droga di volta in volta tratti in arresto assistenza sia sul piano legale che su quello economico, sostenendo i loro familiari.

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