L’OPINIONE, materie prime energetiche. «Neverending Oil»: petrolio che finisce e nuovi giacimenti, quale è la verità?

Sulle carte geofisiche di gran parte dei laboratori mondiali, abbiamo rappresentati giacimenti e zone della terra con immense riserve naturali di idrocarburo; di petrolio ne abbiamo, non finisce, per il semplice fatto che la terra lo riproduce

di Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia Sono convinto che questo articolo farà venire qualche dolore di stomaco a quegli analisti, studiosi, geologi e professoroni che per anni, o meglio ancora adesso, cavalcano il mito del “picco del petrolio” (noto anche come teoria o picco di Hubbert) e della continua ed errata informazione che in pochi anni, di petrolio, non ce ne sarà più.

Spesso mi chiedono perché scrivo «Petrolio» con la lettera maiuscola, che nella deontologia giornalistica e per la lingua italiana non è corretto neanche grammaticamente: perché è come portare rispetto, per me, anzi, è rispetto per il mio lavoro… perdonate ma tutti abbiamo dei problemi.
Oggi affrontiamo un argomento che per noi del settore dell’Oil & Gas, è doveroso spiegare, per fare chiarezza su una contraddizione che influenza e confonde l’opinione pubblica non solo italiana, ma anche internazionale.

Da un lato il petrolio – come afferma qualche illustre signore della scienza – sta per finire, dall’altro facciamo la corsa ad accaparrarci nuovi giacimenti, pozzi, bacini marini, nuovi tipi di gas metano, inserendoci in situazioni incancrenite dalla più complicata geopolitica e strategia, che il più delle volte porta i non addetti ai lavori a pensare: «Ma cosa stanno combinando?».

È giusto però precisare che è possibile una resa minore – o la diminuzione momentanea di un giacimento (piccolo) o di un pozzo -, se il produttore, ovvero chi opera o gestisce quel sito, esaurisce, con un programma di sfruttamento durato anni e molto spinto, le riserve in quel determinato strato del terreno.
Una falda acquifera si esaurisce più o meno velocemente sulla base della gestione dei flussi, identica ed elementare teoria, inversamente proporzionale.

Ed è il caso di alcuni paesi, come gli Usa, dove si applica intensivamente la tecnica del cosiddetto fracking, che unità all’avidità di olio e gas da scisto ha portato all’esaurimento momentaneo dei prodotti nel sottosuolo.

Momentaneo, perché l’idrocarburo finirà quando finirà il sole, quando finirà la luna, eccetera, eccetera.

Spero nella vostra comprensione. Il petrolio è una miscela organica che la terra genera e produce naturalmente e che a oggi, secondo fonti scientifiche, non può finire, e lo ripeto: se non in alcune situazioni dove l’uomo anticipa e conclude i normali tempi di riproduzione della terra, perché anche lì dove finisce, con il passare degli anni, si riforma.

Il petrolio da definizione è una miscela oleosa, liquida e di colore giallo-bruno, costituita prevalentemente da idrocarburi alifatici e aromatici liquidi nei quali sono disciolti idrocarburi solidi e gassosi, accompagnati da piccole quantità di prodotti organici ossigenati, azotati e solforati

Esso è presente in depositi naturali situati a profondità nel sottosuolo variabili, in terreni di diverse età geologiche, generalmente sedimentari.

Ora mettiamo da parte la tecnicità della definizione e riflettiamo proprio su quell’assunto: «Presente in depositi naturali».

Ed è qui che abbiamo fatto la nostra fortuna. Sono sicuro che in questo momento qualche estremo ambientalista mi vorrà fucilare, ma se dovrà farlo, comunque avrà bisogno del petrolio o di un materiale in derivazione dello stesso, considerando che il nostro caro petrolio è utilizzato ed impiegato per gran parte di materiali che oggi accompagnano la nostra vita.

Ed ecco la corsa ai giacimenti: Medio Oriente, Libia, Sud America, Somalia, Kenya, luoghi dei quali quest’ultima settimana si è sentito molto parlare, riconducendo la drammatica vicenda della giovane cooperante Silvia Romano agli interessi per le diverse zone dell’Africa ricche di idrocarburi e ancora da esplorare.

Ancora da esplorare, appunto. Sulle carte geofisiche di gran parte dei laboratori mondiali, fino ad arrivare, questa volta per ultimi, sui tavoli della FederPetroli Italia, vengono rappresentati giacimenti e zone della terra con immense riserve naturali di idrocarburi, parlo quindi sia di olio (il petrolio in gergo tecnico) sia di gas, dove prima di iniziare prospezioni, esplorazioni e vantaggiose produzioni passeranno decenni.

Ebbene, in quei decenni la terra continuerà a lavorare attraverso un insieme di elementi chimici naturali per generare molecole di idrocarburo che con il tempo verranno sprigionate o sollecitate nella loro azione dall’uomo.

In alcune zone della crosta terrestre, principalmente aride e rocciose, un terremoto o scosse sismiche anche di bassa entità, in concomitanza con altri fenomeni di natura morfologica, generano il trasporto in superficie di un fluido/liquido verdastro scuro e melmoso: signori, è il petrolio.

O meglio, a chi non è mai capitato – e qui si risvegliano i miei più profondi ricordi di quando ero bambino – giocando su una spiaggia, sporcarsi i piedi con quel famoso catrame per poi impiegare ore a detergerli, specialmente in estate, per toglierli dalla pelle.

Il catrame infatti, il più delle volte (perché ne esistono diversi tipi) è costituito da acqua, con una grande quantità di sostanza organica, quindi le tipologie di elementi sono quasi infinite; il catrame minerale è costituito da idrocarburo. E da questo possiamo dire che tanti in tenera età sono stai tra secchiello e palette, dei piccoli petrolieri.

Di petrolio ne abbiamo e, mi spiace per qualcuno, non finisce. Si mettano l’anima in pace.

Nonostante il mio amore per questo elemento sporco, brutto e responsabile di tante cose, sono sempre stato favorevole a una eco-sostenibilità (e parlo solo per me).

Il settore industriale dell’Oil & Gas oggi si sta sempre più adeguando ai Protocolli di tutela ambientale che contribuiscono fortemente a un adagio nei migliori stili e qualità della vita di tutti, sia di chi lavora nel ramo energetico, sia di chi merita – come tutti ovviamente – di vivere in un contesto ambientale pulito e sano.

Sulla base delle sole fonti statistiche, al mondo i giacimenti inesplorati Onshore (a terra) e Offshore (in mare) dei quali si ha certezza non sono certo pochi.

L’impulso al massiccio investimento e all’impiego registrato negli ultimi anni nell’Industria petrolifera internazionale nell’esplorazione dei bacini marini a notevoli profondità sono derivati dagli ultimi studi geologici e geofisici, che hanno confermato le grandi presenze di gas naturale intrappolato nel sottosuolo, materia prima energetica determinante per i consumi dei paesi industrializzati o ancora di prima industrializzazione.

Condividi: