Il governo di Israele ha chiesto all’Onu un cambiamento di passo riguardo alla conduzione della missione multinazionale di pace UNIFIL 2 attualmente in corso di svolgimento nel Libano meridionale.
Questa l’istanza presentata alle Nazioni Unite della quale mercoledì scorso si è fatto latore l’ambasciatore israeliano al Palazzo di vetro Danny Danon.
Gerusalemme, forte del sostegno politico fornitole dagli Usa, reclama riguardo al fatto che i caschi blu, nonostante godano ufficialmente godano della piena libertà di movimento nella fascia di territorio del Paese dei cedri estesa dal fiume Litani alla cosiddetta «linea blu» (la frontiera con lo Stato ebraico) – prerogativa conferita loro dal mandato internazionale -, ogni qualvolta accedono a siti della milizia sciita Hezbollah vengono sistematicamente bloccati.
Nel corso di una conferenza stampa lo stesso diplomatico israeliano ha dichiarato che «Israele insisterà affinché i militari del contingente multinazionale di pace dell’Onu possano avere effettivamente accesso» e, inoltre, che ogni volta che si verificheranno ancora episodi ostruzionistici come avvenuto in passato di questo venga immediatamente informato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
La missione di mantenimento della pace nel Libano meridionale, nota come UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon) originariamente venne decisa nel 1978 allo scopo di monitorare il ritiro delle forze armate israeliane dal confinante Libano dopo che queste ultime erano state impegnate in un breve ma intenso intervento (l’Operazione Litani), ultimo di una serie a cavallo della frontiera, dove l’Olp di Yasser Arafat stava consolidando il suo dispositivo militare.
La missione venne poi ampliata negli organici e nelle funzioni a seguito del conflitto del 2006, quando Israele attaccò la milizia di Hezbollah a sua volta responsabile di una serie di azioni terroristiche.
Il mandato conferito ai caschi blu schierati lungo il confine tra il Libano e Israele fu quello di sostenere l’Armée libaneise a estendere il proprio controllo (e quindi anche l’autorità di Beirut) su quella porzione del territorio nazionale per la prima volta dopo i decenni nei quali vi era rimasta sostanzialmente esclusa, prima a causa della massiccia presenza della guerriglia palestinese, poi per la presenza capillare e organizzata della componente militare del partito sciita filoiraniano.
Non è la prima volta che dallo Stato ebraico vengono mosse accuse agli hezbollah di impedire alle forze internazionali di pace di eseguire il loro mandato, che – almeno in linea astrattamente teorica – includerebbe anche il disarmo di ogni formazione armata presente sul territorio oggetto della missione che non siano le forze armate dello Stato libanese.
«Abbiamo preso atto – ha poi aggiunto Danon -, che gradualmente nel Libano meridionale si sono andate restringendo le aree effettivamente praticabili dalle forze di pace. Di questo ne ho allora discusso con il comandante della forza, chiedendogli quale fosse la ragione della presenza dei caschi blu in quel luogo se non sono in grado di effettuare ispezioni e gli ho detto che devono essere più attivi, muoversi liberamente e ispezionare tutti i siti».
Si tratta di una forza multinazionale che annovera quasi diecimila militari delle forze di terra e oltre 850 della task force navale, che però, evidentemente – ma in parte era noto – non è in grado di controllare l’intero territorio affidatole.
Infatti, non infrequentemente sono filtrate notizie di personale dell’Onu addirittura disarmato dagli uomini di Hezbollah, aspetto emblematico di una situazione oltremodo difficile.
Danon ha quindi affermato che in Israele si è a conoscenza del fatto che in molte occasioni alle forze dell’UNIFIL non è stato consentito l’accesso all’interno di siti considerati sospetti, «in passato abbiamo dimostrato che Hezbollah sta scavando gallerie sotterranee e trasportando armi presso la frontiera con Israele, mentre nelle ultime settimane si sono verificati incidenti lungo la linea blu».
Gerusalemme esercita le sue pressioni in vista del rinnovo del mandato internazionale a UNIFIL in calendario la prossima estate al Consiglio di Sicurezza dell’Onu
«Israele – ha proseguito Danon – è grato per il forte sostegno fornitogli dall’ambasciatore statunitense Kelly Craft, che ha sollevato la questione nei termini del bilancio, facendo presente molto chiaramente che se (i caschi blu , n.d.r.) non sono efficaci è inutile spendere così tanti soldi per mantenere attiva questa missione».
Egli ha poi concluso affermando che: «Israele non vuole rispedire le truppe dell’Onu nei loro paesi, ma vuole che diventino più efficienti».
Lunedì scorso il Consiglio di Sicurezza si era riunito per ridiscutere l’attuazione di una risoluzione del 2004 che faceva carico al governo libanese di estendere la sua autorità in tutto il Paese e provvedere allo scioglimento di tutte le milizie armate libanesi e non presenti sul suo territorio.
L’ultimo rapporto redatto dal Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres informava del fatto che Beirut aveva proseguito nei suoi sforzi, tuttavia senza riuscire a porre sotto il proprio controllo le milizie, che hanno così continuato a essere attive, questo in aperta violazione della risoluzione delle nazioni Unite e degli Accordi di Taif, che avevano posto fine alla sanguinosa guerra civile che dal 1975 al 1990 aveva dilaniato il Paese.
Nel citato rapporto si rendeva altresì noto che nel Libano tutte le formazioni dell’intero spettro politico nazionale avevano milizie o dispositivi di sicurezza dotati di armi e al di fuori del controllo dello Stato, aggiungendo che la milizia maggiormente strutturata e meglio armata era quella di Hezbollah.
Guterres aveva poi esortato i paesi in stretti legami con la milizia sciita filoiraniana al fine di incoraggiare la dirigenza di Hezbollah a trasformarsi in un partito politico esclusivamente civile pervenendo a un reale disarmo.