MEDIO ORIENTE, analisi delle dinamiche. Yemen: tendenze negli attacchi degli Houti

Dall’esame degli attacchi compiuti dall’organizzazione militare sciita yemenita nell’ultimo anno gli analisti pervengono alla formulazione di una previsione delle possibili future dinamiche nel Mar Rosso e nei bacini circostanti

Il dettagliato articolo intitolato “Houthi Shipping Attacks: Patterns and Expectations for 2025”, del quale insidertrend.it offre una sintesi rinviando all’originale pubblicato il 16 dicembre 2024 dal Washington Institute – https://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/houthi-shipping-attacks-patterns-and-expectations-2025#utm_term=READ%20THIS%20ITEM%20ON%20OUR%20WEBSITE&utm_campaign=Forecasting%20Houthi%20Ship%20Attacks%20in%202025%20%28PolicyWatch%203968%29&utm_content=email&utm_source=Act-On+Software&utm_medium=email&cm_mmc=Act-On%20Software-_-email-_-Forecasting%20Houthi%20Ship%20Attacks%20in%202025%20%28PolicyWatch%203968%29-_-READ%20THIS%20ITEM%20ON%20OUR%20WEBSITE -, è stato redatto da Noam Raydan e Farzin Nadimi, entrambi ricercatori presso il Washington Institute e co-creatori di Maritime Spotlight, il primo è Senior Fellow at The Washington Institute, il secondo Senior Fellow with The Washington Institute, oltreché analista specializzato in materia di sicurezza e difesa della Repubblica Islamica dell’Iran e della regione del Golfo Persico.

INTERDIZIONE AL TRAFFICO NAVALE

Nel corso dei conflitti nella striscia di Gaza e del Libano gli Houthi hanno, di fatto, trasformato il collo di bottiglia di Bab al-Mandab in un’area interdetta al transito navale. A un anno di distanza dal sequestro della portaerei Galaxy Leader (IMO 9237307) e del suo equipaggio nel Mar Rosso, il dominio marittimo ha asssuto appieno la dimensione chiave nelle operazioni condotte dal gruppo sostenuto dall’Iran. Dal novembre dell 2023, ricorrendo all’impiego di vari tipi di sistemi d’arma, hanno portato a termone più di un centinaio di attacchi contro navi commerciali e unità militari, imponendo conseguentemente sempre maggiori limitazioni al traffico mercantile. La risposta a questi attacchi è stata il dispiegamento di ingenti forze navali, impegnate in missioni difensive regionali. Tra di esse si ricordano l’operazione Prosperity Guardian guidata dagli Stati Uniti d’America e l’operazione Aspides guidata dall’Unione europea.

LA RISPOSTA OCCIDENTALE

In alcuni casi l’azione delle flotte occidentali è stata determinante, ad esempio nell’intercettazione delle armi dirette agli Houthi, nella scorta ad alcune navi mercantili e nel salvataggio di navi colpite. Anche gli attacchi militari dei Poseidon Archer, effettuati a scopo di «autodifesa» da americani e britannici fruendo del supporto non operativo fornito da altri paesi, si sono rivelati necessari per allo scopo di colpire siti di stoccaggio di armi e di lancio degli sciiti yemeniti, tuttavia, non hanno portato a un cedimento di questi ultimi. Ora, i già elevati rischi, potrebbero addirittura aumentare, ma anche diminuire gradualmente. Ciò dipenderà in gran parte dall’approccio dell’amministrazione statunitense che si appresta a insediarsi a Washington all’Iran e alla guerra di Gaza, conflitto che gli Houthi hanno utilizzato strumentalmente al fine di giustificare i loro attacchi. Nel secondo caso, un cessate il fuoco potrebbe teoricamente aprire la strada anche a una soluzione diplomatica alla crisi del Mar Rosso, che, tuttavia, richiederà il coinvolgimento dei partner regionali degli Stati Uniti d’America che in questi mesi sono stati danneggiati dagli attacchi terroristici ai loro navigli. Riguardo all’Iran, qualora Donald Trump dovesse perseguire una politica muscolare nei confronti della Repubblica Islamica, le navi commerciali potrebbero affrontare rischi di natura marcatamente ibrida.

CINQUE FASI DELLA CAMPAGNA MILITARE DEGLI HOUTI

In ogni caso – ritengono Raydan e Nadimi -, la politica mediorientale della prossima amministrazione statunitense influenzerà direttamente il dominio marittimo della regione. Ma, come potrà evolversi la campagna militare degli Houthi? Essi, puntualizzano gli analisti del Washington Institute, l’hanno finora articolata in cinque fasi. Nella prima, a partire dall’ottobre 2023 con il divampare della guerra di Gaza gli attacchi missilistici sono stati concentrati su Israele, quindi, dal mese successivo, sulle navi in transito nel Mar Rosso. Dal dicembre 2023 (seconda fase) gli attacchi sono stati estesi a tutte le navi dirette ai porti israeliani; inoltre, anche coloro che avevano legami (diretti o indiretti) con Israele sono divenuti obiettivi degli Houti, così come quelli che in passato avevano visitato i porti israeliani. Nel corso della terza fase, dal gennaio 2024, gli attacchi sono stati compiuti anche contro navi collegate agli Stati Uniti d’America e al Regno Unito. Nella quarta fase (maggio 2024) tra gli obiettivi di missili e droni sono stati incluse le navi i cui proprietari e/od operatori avevano attraccato nei porti israeliani. Infine, la quinta fase, annunciata a seguito del lancio del drone “Yafa” contro la città di Tel Aviv il 19 luglio 2024, ha coronato le fasi precedenti.

L’ESCALATION

Questa escalation ha costretto a una riduzione sempre maggiore del traffico mercantile attraverso il Mar Rosso meridionale. A partire dalla quarta fase, in particolare, comunque dalla fine dello scorso mese di aprile, numerose compagnie di navigazione che operano nei porti israeliani hanno evitato la rotta attraverso Bab al-Mandab. In novembre, gli attacchi a danno di navi commerciali si sono ridotti al numero di tre incidenti (danneggiamenti confermati), rispetto ai quattordici del mese di giugno. In una condizione di maggiore sicurezza si torvano invece le petroliere utilizzate dalla Russia, che, sulla base dei risultati di un’analisi della Lloyd’s List Intelligence, assieme a quella di Cina Popolare, Grecia, Emirati Arabi Uniti e Turchia, rinvengono praticabile la rotta nel Mar Rosso. Ma questo non significa che siano completamente immuni agli attacchi, poiché gli Houthi spesso agiscono sulla base di dati di spedizione datati oppure imprecisi.

EFFETTI DELLA CRISI NEL MAR ROSSO

Il transito nello stretto di Bab al-Mandab permane tuttora in calo di oltre il 50% rispetto all’anno scorso, un dato che è emblematico della crisi che ha generato problemi ai porti regionali e alle principali rotte di navigazione, come quella attraverso il Canale di Suez, dove il numero di transiti è crollato dai 2.068 del novembre 2023 agli 877 dell’ottobre 2024 (dati Lloyd’s List Intelligence). Però, ad alcuni la crisi ha recato anche benefici finanziari, come gli elevati profitti derivanti dall’aumento delle tariffe di trasporto conseguenti al dirottamento delle navi sulla rotta circumnavigante attorno all’Africa meridionale. Inoltre, c’è stato chi ha rinvenuto delle opportunità sul piano finanziario nell’offerta di nuovi servizi di spedizione nel Mar Rosso nonostante i rischi elevati. Il lungo raggio ha incrementato i consumi di carburante e i costi operativi complessivi, che a loro volta hanno aumentato le tariffe di trasporto (e i profitti). Tuttavia, nonostante questo aggravio in termini economici, i colossi del trasporto di container, come la danese A.P. Moller-Maersk (Maersk), continuano a evitare il Golfo di Aden e il Mar Rosso meridionale, preferendogli Capo di Buona Speranza. Resta il fatto che, in linea generale, le navi che transitano attraverso Bab al-Mandab devono venire scortate da unità militari.

RELATIVI RISULTATI NEL CONTRASTO DELLA MINACCIA

Va per altro rilevato come la crisi del Mar Rosso abbia indotto alcune imprese manifatturiere a delocalizzare i loro stabilimenti produttivi, avvantaggiando in questo modo alcuni paesi. Infatti, con l’aumentare delle distanze per il trasporto di merci tra Europa e Asia, il trasferimento degli impianti a Jebel Ali (Dubai) ha consentito di accorciare le rotte di destinazione, evitando la circumnavigazione dell’Africa da sud. Seppure dalla metà dello scorso mese di ottobre le unità militari dipendenti da CENTCOM (Comando centrale degli Stati Uniti d’America) abbiano intensificato gli attacchi contro i siti di lancio e le basi degli Houthi, gli effetti concreti di quest’energica azione sulle capacità militari dell’organizzazione sciita yemenita appaiono limitati.Dall’inizio dell’anno le forze della coalizione occidentale hanno ripetutamente colpito obiettivi nello Yemen, impiegando per la prima volta i velivoli F-35C imbarcati sulle portaerei. Contestualmente (gennaio  2024), l’amministrazione Biden ha incluso gli Houthi nell’elenco delle organizzazioni e dei gruppi terroristici.

POSSIBILI SCENARI FUTURI

Concludono gli analisti del Washington Institute che la messa in sicurezza del Mar Rosso meridionale dovrebbe essere funzione dello sforzo coordinato di alleati e partner regionali, paesi che condividano i costi di questa iniziativa, che richiederebbe solide alleanze regionali e il conferimento di chiari mandati operativi alle forze militari alle quali verrà demandato il compito di interdire efficacemente le linee di rifornimento degli Houthi. Inoltre – sottolineano Raydan e Nadimi -, nel 2025 molto della sicurezza delle rotte marittime dipenderà dal livello di dialogo tra Washington e Teheran, oltreché da quello della tensione nella striscia di Gaza. Un’azione di forza dell’amministrazione Trump potrebbe concretizzarsi entro la metà del 2025 nella esclusione dal mercato internazionale di una quantità tra i cinque e i seicentomila barili al giorno di petrolio estratto dagli iraniani, abbattendo così le esportazioni degli ayatollah a circa un milione di barili al giorno. Una grave anemizzazione dell’economia della repubblica Islamica e dei proxi di essa che, si prevede, possa portare a una reazione di questi anche in zone attualmente non considerate come operative tradizionali, quali il Mar Arabico e l’Oceano Indiano centrale.

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