Con Aventino for Future si giunge alla quinta edizione di Openbox, un progetto espositivo dell’Associazione Amici dell’Aventino ETS, promosso con il Municipio I Roma Centro, che persegue le finalità statutarie di AdA, di custodia e valorizzazione dei luoghi del colle. Un progetto pilota incentrato sul dialogo tra la scultura contemporanea e i giardini dell’Aventino, che vuole dare la possibilità agli artisti di esporre le proprie opere in un contesto paesaggistico e storico unico.
AVENTINO FOR FUTURE
L’evento di quest’anno porta l’attenzione sul tema della sostenibilità, delle trasformazioni ambientali e climatiche, la transizione ecologica con i relativi risvolti economici, politici e sociali, perché davanti alla catastrofe climatica, l’ecologia si interroga sulla possibilità della conservazione degli ecosistemi al collasso e sulla necessità di sopravvivere, accanto ad altri umani e non-umani, nelle rovine di un mondo che, forse, abbiamo già modificato in modo irreversibile. Come è nel suo DNA, AdA coglie l’occasione per valorizzare le sperimentazioni artistiche ed offrire al pubblico una panoramica sul ruolo dell’arte nell’ambito del dibattito in corso e segue il consiglio dell’ambientalista Bill McKibben: «What the Warming World Needs Now Is Art, Sweet Art». Una comprensione intellettuale dei fatti scientifici non è sufficiente. Se vogliamo apportare cambiamenti significativi dobbiamo coinvolgere l’altro lato del nostro cervello, la nostra immaginazione. Le arti visive sono il mezzo perfetto per descrivere l’urgenza, hanno il potere di fare eco alle sfide dell’umanità.
LA PRIMA DISCARICA DIFFERENZIATA A ROMA
Dal testo critico di Daniela Gallavotti Cavallero: «Contigua all’Aventino, nella piana fra il Tevere e le Mura Aureliane era sorta, tra l’età augustea e la metà del terzo secolo d.C., la prima discarica differenziata di Roma, nella quale sono state accumulate cinquantatré milioni di anfore olearie con criteri precursori dei moderni regolamenti in materia di raccolta selettiva. Non potendo essere riutilizzati, i recipienti di terracotta impregnati di residui rancidi venivano ridotti in pezzi per diminuire l’ingombro e accumulati in strati ordinati, regolarmente irrorati di calce e ricoperti di terra per ragioni igieniche, fino a raggiungere un’altezza di trentasei metri e il perimetro di oltre un chilometro. Pur essendo una vera e propria discarica a cielo aperto, il monte de vasa in tucto rocte, come veniva definito nel rinascimento rispondeva a criteri di rispetto ecologico forse anche per la nostra sensibilità contemporanea, al buon uso di un’ansa di terreno al servizio dei commerci in arrivo al vicino porto fluviale. Tanto che, negli anni Trenta del Novecento, l’architetto Raffaele de Vico, artefice negli stessi tempi anche del giardino degli Aranci e di molti altri giardini della Capitale, poté trasformare il Monte dei Cocci in parco quasi senza interventi strutturali. Anche l’Aventino nel suo percorso da zona agricola a insediamento urbano a bassa densità costituito nei primi decenni del Novecento rappresenta un aspetto della stessa modalità esemplare di uso coscienzioso del territorio. Con queste premesse l’edizione di OpenBox5 di quest’anno 2024 intende contribuire, attraverso le opere collocate in piazza Albina e nel giardino di Sant’Alessio, alla consapevolezza della responsabilità individuale guardando agli esempi virtuosi del passato».
Open Box Aventino Future, Elisa Majnoni, Anfora
LA FIGURA ANTROPOMORFA DEL PENSATORE
Il pannello con l’Anfora di terracotta di Elisa Majnoni nel Giardino di Sant’Alessio può essere assunto come modello positivo ispirato al Monte dei Cocci, mentre il Cane che si morde la coda girando su se stesso senza fine sopra un mandala, uno stormo di uccelli vola in cerchio sopra di lui e traduce lo straniamento e l’ineluttabilità del modello contemporaneo. Fra i due momenti si colloca la figura antropomorfa del “Pensatore”, sospesa a mezz’aria come una divinità mitologica e protettrice. Ancora più esplicito è l’avvertimento di Paola Romoli Venturi con le installazioni Molti Molta Molte: «Il luogo del delitto che si articola nella piazza, dove un nastro segnaletico delimita l’impronta di una grande balena, che si intuisce morta e rimossa, e l’Isola dell’Aventino. Il luogo del delitto, nel giardino, dove giace lo stomaco del cetaceo, pieno di bottiglie di plastica la cui consistenza lattiginosa inganna e condanna gli animali del mare che la confondono con quella delle meduse». La scultura è realizzata con plastica endogena raccolta sul territorio dell’Aventino in collaborazione con gli allievi della scuola Giacomo Badini attraverso il laboratorio Salva la tua balena. L’arma di difesa contro il pervasivo dominio dell’innaturale è il ritorno alla natura, alle forme e ai materiali primigeni suggerito da Pino Genovese con la sua Costellazione di pietre levigate scure e chiare racchiuse a una a una entro nodi di corda e appese contro il muro della chiesa di Sant’Alessio. E con lo scudo, L’Armatura di legni intrecciati appoggiata, per proteggere, sulla anomala escrescenza di un albero in piazza Albina.
INFO
Openbox5 – Aventino for Future, di Pino Genovese, Elisa Majnoni, Paola Romoli Venturi; a cura di AdA-Cultura, con Daniela Gallavotti Cavallero, Alessandro Olivieri, Mara van Wees; testi di Daniela Gallavotti Cavallero, Sandro Polo, Mara van Wees; progetto sviluppato dall’Associazione Amici dell’Aventino promosso con il Municipio I Roma Centro; inaugurazione: 8 dicembre 2024 alle ore 10:30 presso i Giardini di Piazza Albina, a seguire Giardini di Sant’Alessio a Roma, vin d’honneur offerto da Casale Del Giglio; mostra aperta al pubblico fino al 7 febbraio 2025, ingresso gratuito dalle ore 09:30 fino al tramonto;
Open Box Aventino Future, Pino Genovese, Costellazione
Open Box Aventino Future, Pino Genovese, Armatura
Openbox Aventino Future (1), Elisa Majnoni, Cane che si morde coda