LAVORO, immigrazione e sfruttamento. Agroalimentare, Fermo (AP): sequestro preventivo di 1,7 milioni di euro sui conti di un’impresa

Operazione «Tempi supplementari»: Guardia di Finanza e procura della Repubblica hanno consentito di disvelare un collaudato sistema finalizzato alla commissione dei reati di estorsione e intermediazione illecita di manodopera, perdurati nel tempo a danno degli oltre cinquanta lavoratori dell’azienda. Tutto nasce da una denuncia di un ex dipendente

Negli scorsi giorni i militari della Guardia di Finanza, nell’ambito dell’operazione «tempi supplementari», hanno effettuato un sequestro preventivo di 1,7 milioni di euro sui conti correnti bancari di un’impresa del Fermano operante nel settore alimentare.

CAPORALI E SFRUTTATORI

Le complesse indagini condotte dalla Procura della Repubblica della città marchigiana hanno consentito di disvelare un sistema ben collaudato diretto alla commissione dei reati di estorsione e intermediazione illecita di manodopera, perdurati nel tempo, a danno degli oltre cinquanta lavoratori dell’azienda. Le attività, anche di carattere tecnico, avviate a seguito della denuncia sporta da un ex dipendente, cittadino extracomunitario, precedentemente licenziato per essersi recato a farsi medicare presso il pronto soccorso a causa di un grave infortunio verificatosi durante le ore di lavoro, hanno portato ad acclarare lo stato di sfruttamento in cui versava l’intera forza lavoro impiegata nello stabilimento produttivo.

L’INCHIESTA

Le perquisizioni effettuate, che hanno interessato anche i locali aziendali, oltre a portare a rilevare (grazie alla collaborazione dei Vigili del fuoco e dell’Azienda sanitaria territoriale di Fermo), numerose irregolarità delle norme che disciplinano la materia della sicurezza sui luoghi di lavoro e quella sanitaria, hanno permesso, (sulla scorta delle dichiarazioni rese da tutti i dipendenti e raccolte dai finanzieri del Nucleo mobile e dal personale messo a disposizione dall’Ispettorato territoriale del lavoro di Ascoli Piceno), di far emergere una situazione di grave sfruttamento, avvalorata anche dalla minuziosa analisi condotta mediante l’ausilio di personale qualificato CFDA (Computer forensics e data analysis), del materiale documentale e informatico sottoposto a sequestro.

SFRUTTAMENTO DEL LAVORO VESSAZIONI

Contrattualizzati per un massimo di sedici ore settimanali, ma costretti a lavorare per almeno dodici ore al giorno e con un unico giorno di riposo concesso, senza per altro la possibilità di fruire di giorni di ferie o, comunque, di assentarsi per qualsiasi tipo di problematica, incluse quelle di natura sanitaria, queste erano soltanto alcune delle stringenti condizioni cui dovevano sottostare i lavoratori dipendenti dell’azienda, perlopiù di nazionalità cinese e bengalese. Tali regole, non scritte, tuttavia perentorie, imponevano la decurtazione della paga per colori i quali non le rispettavano, il licenziamento per i recidivi.

SOTTRAZIONE DELLA METÀ DEL SALARIO

Chi veniva assunto, per il primo mese riceveva, senza alcuna ragione, soltanto il 50% del salario, senza possibilità di replicare per ottenere il dovuto; inoltre, formalmente i dipendenti percepivano la tredicesima e la quattordicesima, ma per mantenere il posto di lavoro (essenziale per il rinnovo del permesso di soggiorno) si vedevano costretti a restituire tutto al proprio datore di lavoro. Nessun compenso percepito per le ore di straordinario effettuate, trenta minuti di pausa per il pranzo e per l’uso dei servizi igienici, ma per un massimo di cinque minuti alla volta e non troppe volte al giorno, altrimenti il caporale decurtava il corrispondente in denaro di un’ora di lavoro.

I REATI ASCRITTI

Tutte le condotte ricostruite dal personale della Guardia di Finanza hanno permesso di segnalare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Fermo, sei persone di cittadinanza cinese e italiana, accusate di aver costituito una associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di intermediazione illecita di manodopera e di estorsione. Il rilevante sequestro preventivo operato sui conti aziendali, che si sono rivelati capienti rispetto all’ammontare del provvedimento cautelare, ha tenuto conto di tutte le ore di lavoro svolte ma non retribuite, oltreché dei relativi contributi previdenziali, che non sono stati versati per ogni singolo dipendente aziendale.

LA PIAGA DEL LAVORO NERO

Le condotte illecite sono attualmente al vaglio dell’Autorità giudiziaria dunque, sulla base del principio di presunzione di innocenza, l’eventuale colpevolezza delle persone sottoposte a indagine verrà definitivamente accertata solo ove interverrà sentenza irrevocabile di condanna. L’operazione in argomento rientra nella più ampia strategia di contrasto al cosiddetto «sommerso da lavoro» e alle correlate forme di sfruttamento di manodopera, uno degli obiettivi strategici del Corpo. Il lavoro nero infatti, arreca danni all’intero sistema economico nazionale poiché sottrae risorse all’Erario, mina i diritti e gli interessi e compromette la leale e sana competizione tra le imprese, oltre, come noto, a imporre sovente condizioni lavorative vessatorie e lesive della dignità umana.

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