a cura di Luca Danese, coordinatore Osservatorio infrastrutture, trasporti e logistica dell’Eurispes, articolo pubblicato l’11 novembre 2024 sul magazine dell’istituto di ricerca “Eurispes.it”, https://www.leurispes.it/cina-e-italia-sono-gia-vicine-implementare-la-collaborazione/ – Nel 2030, come è noto, la Cina supererà la prima economia mondiale. Accentuerà la sua spinta verso una economia di mercato trainata dai consumi interni soprattutto grazie alla forte crescita della sua classe media, che raggiungerà oltre 700 milioni di persone entro il 2028. Nel 2030 si stima che la Cina supererà gli Stati Uniti per il valore del commercio al dettaglio con una previsione di oltre 12.000 miliardi di dollari, laddove la classe media è molto attratta dal consumo di prodotti stranieri. Fra l’altro, è un mondo molto digitale e oltre 800 milioni di cinesi usano abitualmente Internet.
LA CLASSE MEDIA SINO POPOLARE
La classe media cinese raggiungerà gli oltre 700 milioni di persone entro il 2028. In questo quadro il governo di Pechino ha annunciato un grande piano di investimenti strutturali in nuove tecnologie con particolare sostegno allo sviluppo delle medie e piccole province e città. I settori di più immediato interesse per le potenzialità delle aziende italiane sono nel campo della protezione ambientale e, soprattutto, della transizione energetica. In particolare, per lo sfruttamento del gas nei pozzi in esaurimento o esauriti, per la produzione di gas industriali, per gli impianti di riscaldamento e raffreddamento, per il riciclo e il recupero degli olii industriali, nelle tecnologie dei rifiuti e in pratica in tutto quanto attiene a quello che oggi viene definita economia circolare. C’è anche molto spazio nel settore delle costruzioni, vista la tendenza della Cina al «recupero» degli edifici e alla loro efficienza energetica. Si pensi ai nuovi materiali isolanti e all’utilizzo di materiali innovativi nei settori industriali emergenti. La Cina è diventato il paese con il maggior volume di trasporto ferroviario, con un sistema ferroviario che migliora costantemente. Mi riferisco ai progressi nel settore dell’alta velocità. Su tutte le tecnologie in questo ambito l’Italia è competitiva, e lo ha già dimostrato attraverso una buona presenza in Cina di medie aziende ad alta tecnologia nel campo dei sistemi di segnalazione e sicurezza.
PERNO DELL’EXPORT ITALIANO
Il perno dell’export italiano resta l’industria meccanica, mentre il food e il mondo del fashion non coprono più del 15% delle esportazioni. Dopo l’uscita dell’Italia dalla BRI (la cosiddetta Nuova Via della seta), accordo di cui il nostro Paese non aveva purtroppo saputo sfruttare le grandi opportunità, la collaborazione è stata rilanciata con la riattivazione del cosiddetto Partenariato strategico bilaterale che dovrebbe essere concentrato, in particolare, sulle nuove tecnologie, sull’automazione, sull’aerospazio, sull’innovazione abitativa, nel mondo dell’urbanizzazione e nel settore dell’ambiente. Il perno dell’export italiano resta ancora l’industria meccanica, mentre il food e il mondo del fashion non coprono più del 15% del totale delle nostre esportazioni. Purtroppo non siamo riusciti a sviluppare le enormi potenzialità, anche geografiche, dei nostri porti e la scelta del porto del Pireo da parte cinese rappresenta tutt’ora una importante occasione persa da parte del nostro Sistema Portuale. L’Italia è entrata ufficialmente fin dal 2016 nell’Asian Infrastructure Investment Bank ma non ha ancora sfruttato al meglio questa opportunità, benché abbia sottoscritto con circa 2,57 miliardi di dollari il 2,66% del capitale con lo status di membro fondatore.
PENETRAZIONE DEL CAPITALE CINESE NELLE SOCIETÀ STRATEGICHE ITALIANE
La Banca centrale di Pechino è presente nel capitale di Leonardo, Enel, Eni, inoltre, seppure con le difficoltà nei rapporti politici degli ultimi anni, la Cina continua ad avere la necessità dei mercati europei, malgrado gli importanti accordi che hanno stipulato in Asia e in Africa. Del resto Pechino permane ben presente nel nostro sistema pubblico, industriale e finanziario. La Banca centrale cinese è nel capitale di Leonardo Spa (già Finmeccanica) e in quello di Enel ed Eni. La State Grid of China possiede il 35% di Cdp Reti che controlla Terna, Snam e Italgas, cioè i gestori delle reti elettriche e gas italiani con propri rappresentanti nei consigli di amministrazione. Questi sono solo alcuni esempi delle presenza di capitale cinese in aziende pubbliche ma ovviamente c’è ben altro (come Pirelli o Autostrade SpA). Ciò dimostra quanto i rapporti siano ormai strutturali tra Cina e Italia, e per questo rivestono particolare importanza i recenti viaggi del Presidente della repubblica, Sergio Mattarella, e di quello del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni. Si spera che questo conduca a un progressivo riequilibrio della presenza industriale italiana e dei reciproci interscambi.
INTERSCAMBIO COMMERCIALE
Le esportazioni cinesi verso l’Italia superano i 60 miliardi di euro, ma le esportazioni italiane in Cina sono intorno ai 20 miliardi. In questo quadro è di particolare importanza per le nostre aziende il prosieguo del dialogo bilaterale delle nostre Autorità per la tutela della proprietà intellettuale, con particolare attenzione alle esigenze delle nostre piccole e medie imprese. Il rischio di violazione della proprietà intellettuale in materia di marchi, la paura della contraffazione sono ancora dei freni per le nostre imprese e in cosiddetto «italian sounding» è tutt’ora molto diffuso. Certamente, questo periodo di forte instabilità politica con l’Occidente non aiuta a rafforzare l’intraprendenza dei nostri potenziali investitori, ma occorre avere il coraggio di guardare oltre l’immediato e cogliere tutte le opportunità di collaborazione.