ESTERI, emergenza alimentare. Allarme carestia: aggravamento a causa di conflitti e shock climatici

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e il Programma alimentare mondiale (WFP) prevedono un deterioramento della condizione di insicurezza alimentare, che nei prossimi sei mesi diverrà acuta in sedici cosiddette «zone della fame», colpendo quattordici paesi e due regioni. Il Sudan, il Sud Sudan, Haiti, il Mali e i Territori palestinesi (striscia di Gaza) vengono considerati al «massimo livello di allarme», mentre Ciad, Libano, Myanmar, Mozambico, Nigeria, Repubblica Araba Siriana e Yemen sono stati classificati «aree di altissima preoccupazione», cioè dove molte persone si trovano o rischiano di doversi trovare ad affrontare livelli critici di grave insicurezza alimentare

Secondo un rapporto pubblicato giovedì scorso dalle Nazioni Unite, le gravi crisi alimentari minacciano centinaia di migliaia di persone in numerose zone vulnerabili del Pianeta, tra le quali figurano i Territori palestinesi, il Sudan, il Sud Sudan, Haiti e il Mali, dove le popolazioni si trovano ad affrontare carestie o vi si stanno rapidamente avvicinando. Conflitti, instabilità economica e shock climatici, uniti alla riduzione dei finanziamenti erogati per l’assistenza alimentare di emergenza e l’agricoltura, stanno portando ad allarmanti livelli di insicurezza alimentare, al punto che nel Rapporto Onu si sollecita «un intervento immediato e su larga scala al fine di prevenire un ulteriore deterioramento della situazione in queste regioni già vulnerabili».

DETERIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI INSICUREZZA

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), che ha sede a Roma, e il Programma alimentare mondiale (WFP) prevedono un deterioramento della condizione di insicurezza alimentare, che nei prossimi sei mesi diverrà acuta in sedici cosiddette «zone della fame», colpendo quattordici paesi e due regioni. Il Sudan, il Sud Sudan, Haiti, il Mali e i Territori palestinesi (striscia di Gaza) vengono considerati al «massimo livello di allarme», mentre Ciad, Libano, Myanmar, Mozambico, Nigeria, Repubblica Araba Siriana e Yemen sono stati classificati «aree di altissima preoccupazione», cioè dove molte persone si trovano o rischiano di doversi trovare ad affrontare livelli critici di grave insicurezza alimentare.

ESTENSIONE DEL PROBLEMA

Il rapporto evidenzia altresì che «i conflitti e la violenza armata permangono i principali fattori che causano la fame in numerose zone, poiché i loro effetti sono sconvolgenti riguardo ai sistemi di produzione e approvvigionamento di generi alimentari, causando di conseguenza spostamenti di popolazioni e ostacolando al contempo l’accesso degli operatori umanitari». Gli esperti della FAO e del PAM pongono sull’avviso che la guerra in Sudan potrebbe estendersi, provocando sfollamenti di massa, livelli persistenti di carestia e un incremento del numero di persone che vivono in condizioni miserrime. Una catastrofe umanitaria regionale, foriera di inneschi di movimenti transfrontalieri verso i paesi vicini come il Ciad, il Sud Sudan, l’Egitto, la Libia, l’Etiopia e la Repubblica Centrafricana.

CONFLITTI E CRISI ALIMENTARE

Le agenzie delle Nazioni Unite sottolineano poi che il conflitto in corso nei Territori palestinesi ha generato «bisogni senza precedenti» a causa dello sfollamento quasi totale della popolazione nella striscia di Gaza e un collaterale aumento del rischio di ricadute nei termini dell’instabilità regionale. In Libano l’escalation del conflitto in atto sta aumentando significativamente il numero di persone che necessitano di assistenza umanitaria, il che si ripercuote con un grave impatto nei termini dell’insicurezza alimentare. Dall’ultimo rapporto del maggio 2024, Kenya, Lesotho, Namibia e Niger sono stati aggiunti all’elenco delle zone della fame, in parte a causa degli effetti dei cambiamenti climatici estremi.

EFFETTI CATASTROFICI DEI MUTAMENTI CLIMATICI

Oltre ai conflitti, infatti, le condizioni meteorologiche estreme e la crescente variabilità climatica sono fonti di peggioramenti del livello di sicurezza alimentare in molte regioni del Pianeta. Si prevede che La Niña, un fenomeno climatico naturale che influenza il clima globale recando temperature oceaniche più fredde nel Pacifico equatoriale, persisterà fino al marzo del 2025, con un impatto significativo sui modelli e sulle temperature delle precipitazioni. «Sebbene La Niña possa migliorare le prospettive agricole in alcune regioni, aumenta anche il rischio di inondazioni in aree della Nigeria, Malawi, Mozambico, Sud Sudan, Zambia e Zimbabwe”, afferma il rapporto.

IL MONITO DELL’ONU

Le Nazioni Unite ammoniscono che in assenza di sforzi umanitari immediati e azioni internazionali concertate finalizzate ad affrontare il problema dei gravi vincoli e, al contempo, sostenere la riduzione dei conflitti, sono probabili ulteriori carestie e perdite di vite umane nei paesi citati. «Per contrastare e prevenire il fenomeno in queste regioni – conclude il Rapporto dell’Onu – si renderà necessario investire maggiormente in soluzioni integrate che vadano oltre i mandati tradizionali, affrontando le cause profonde dell’insicurezza alimentare e riducendo la dipendenza dagli aiuti di emergenza».

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