SPETTACOLO, drammi. Roma, Teatro Vascello: Uccellini

Grande e convincente interpretazione de Lacasadargilla, opera della giovane Rosalinda Conti. Uno spettacolo che si rivela man mano, presentandoci dialogicamente i suoi personaggi e anche richiamandoli dalla dimensione del ricordo

a cura di Gianluca Ruotolo – Ha qualcosa di classico, e precisamente della tragedia greca: l’unità di tempo c’è quasi dato che gli eventi durano un paio di giorni, mentre l’unità di luogo c’è tutta perchè la vicenda si svolge in una casa isolata e circondata dal bosco, abitata da uno scrittore di nome Theo che lì si è ritirato e vive di ricordi e memorie familiari.

 PRECISA ED EFFICACE MESSA IN SCENA

Tutto inizia quando Luka, un professore che poi scopriremo essere il fratello di Theo, porta Anna con cui è fidanzato da circa un mese a visitare la casa dove è cresciuto e che pensava vuota. Si intuisce che i due fratelli non si vedevano da tempo; l’ incontro tra di loro è dominato da una situazione di imbarazzo che sfocia in momenti di tensione, e Anna fa, per dire così, da elemento pacificatore. L’azione si svolge in un solo ambiente, una grande stanza ricostruita molta bene con in mezzo un tavolo rettangolare con sopra una radio e nell’ angolo una antica cucina a legna di color bianco smaltato. È un modello anni Cinquanta, dove si vede una caffettiera da cui esce un po’ di fumo. Una mise en scene precisa e molto efficace, dove il pubblico vede attori e palcoscenico dal lato del bosco, come se li osservasse da dietro una tenda sulla quale si riflettono le ombre e le fronde.

UCCELLINI

La sera, poco dopo l’ arrivo, in cucina si inizierà a parlare degli uccelli, della loro intelligenza e del loro modo di adattarsi alla vita, poiché, come affermava Theo, «adattamento vuol dire intelligenza e vuol dire anche sopravvivenza». Viene sottolineato questo passaggio, come se si trattasse di persone e come se qualcuno fosse un disadattato, ma senza dire chi. Se le coincidenze hanno un significato proprio in quel momento alla radio viene trasmesso un classico, la canzone di Elvis Presley intitolata Suspicious Minds, che parla di persone intrappolate e di un amore che non riesce a prendere il volo. Ma in questa particolare atmosfera agiscono anche altri protagonisti. Ad esempio gli animali del bosco, che girano silenziosamente intorno alla casa/gabbia come a sorvegliarne gli abitanti, o forse per predarli. Inoltre i tanti volatili che vivono sugli alberi e, paradossalmente, quella casa circondano. È come se il bosco con i suoi misteri fosse penetrato fin dentro l’abitazione, dove si trova un gran numero di uccelli impagliati a rappresentare una vita passata che ora non c’ è più. Anna ha una specie di fobia. Avverte il disagio di questa presenza simbolica, che, come lei stessa dice, «si sente oppressa e quasi non riesce a dormire».

IL BOSCO, I SUOI MISTERI. LA CASA

Nel gruppo di famiglia in un interno, oltre all’incontro tra I protagonisti umani, vivi e vegeti, c’è anche il peso della memoria rimossa di un passato in attesa di riemergere, lentamente e dialogicamente, dai discorsi tra i due fratelli. E più avanti si capirà che questi protagonisti in assenza, che faranno la loro comparsa nel prosieguo, sono in effetti più presenti degli altri. Theo inizia parlando di case infestate. Nei dintorni ne esiste una dove viveva una famiglia di contadini con padre madre e due fratelli maschi. Dalla descrizione sembra che si tratti esattamente di una famiglia come la loro, e infatti scopriremo che è proprio così: in quella casa è morto misteriosamente uno dei loro fratelli, forse per un suicidio, e la tomba del defunto, vicina a un albero con un ramo che sembra una mano aperta, nel tempo è divenuto un luogo molto frequentato. Theo voleva organizzare una visita, ma poi Luka disse di no perché lo considerava una cosa lugubre e da non fare.

LA MANINA DELL’ALBERO SULLA TOMBA

Oltre al fratello grande ce n’era uno più piccolo e un po’ capriccioso, che aveva bisogno di qualcosa di più: più giocattoli o più affetto da parte dei genitori. Un bel giorno il fratello grande, un pastore, aveva appuntamento con una ragazza e per incontrarla portò gli animali a pascolare lontano. Il fratello piccolo voleva assolutamente seguirlo ma quello più adulto si inventò un lavoro per tenerlo occupato. Siccome in casa c’era una tinozza dove i ragazzi si lavavano e su questa tinozza piena d’acqua si posavano dei moscerini chiese al minore di togliere questi insetti. La sera, di ritorno dai campi, lo trovarono annegato. Il ragazzino venne sepolto nel giardino presso la casa, sotto una quercia che lui amava. Passò qualche tempo. Una sera il fratello superstite si affacciò e vide che un ramo spuntava dal terreno vicino alla tomba, un ramo che sembrava una manina piccola. Pensò fosse il fratello che chiedeva qualcosa e per placarlo gli portò un pezzo di pane, poi la manina si chiuse a prenderlo e scomparve.

QUANDO POI NON RIMASE PIÙ NESSUNO

La cosa sembrava finita lì ma poi a distanza di un mese la mano rispuntò ancora una volta. Lui le regalò del cibo. La manina si ritirò, ma in seguito tornò una volta ancora, e lui di nuovo le regalò dei giocattoli. E così avanti. A un certo punto questa cosa si venne a sapere e la gente andò a vedere la quercia e il ramo misterioso. Il tempo passò e via via morirono tutti, solo il fratello grande rimase a vivere in quella casa. Quando poi se ne andò anche lui nessuno più diede la mano al fratello minore e nessuno più gli portò del cibo. La mano rimase lì in attesa, sola e aperta. Ora è circondata dai rovi. Il giorno dopo è il compleanno di lei, che a un certo punto ha una crisi di ansia oppure di asma e se ne vuole andare in piena notte. Il fidanzato si offre di accompagnarla, poi però rimangono. È come se il bosco entrasse nella casa: gli uccelli sui pali e nella mise en scene, i personaggi anche, sono come in una gabbia circondata dal bosco; come se fossero uccelli.

MORBOSA CURIOSITÀ

Dopo un po’ riprende la conversazione. Si parla del libro che Theo sta scrivendo, narra di una donna che vive in una casa (ancora una volta come la loro) e studia gli uccelli; lei è stanca e sente di aver perso la brillantezza, la voglia di vivere che tiene in piedi ciascuno di noi. Luka afferma che sembra Matilde, ma senza spiegare chi è Matilde. Poi si cambia subito argomento: Theo rivolge una serie di domande alla ragazza. Le chiede quanti anni ha, cosa fa e se voleva dei figli. Oltra a un’altra morbosa curiosità: quante persone erano morte nella sua famiglia, se più o meno di cinque. Tra gli argomenti che ritornano si giunge a parlare del precedente romanzo del fratello, un libro molto dettagliato dedicato all’infanzia comune, scritto cambiando a malapena i nomi delle persone. Al professore non è piaciuto, invece la ragazza ne ha regalato un copia a una sua amica, ma non lo ha letto. Theo le chiede come ha fatto a regalare un libro senza leggerlo. Un po’ la rimprovera per questo. Anche qui nasce una discussione, mentre alla radio viene trasmesso Smalltown Boy dei Bronsky Beat, una canzone degli anni Ottanta, ad avviso dello scrivente scelta molto opportunamente, poiché parla di un adolescente rifiutato in fuga verso la città.

IL PADRE E LA SORELLA SUICIDA

La tensione strisciante tra i due fratelli diviene via via più forte e, a un certo punto, pare che tra stia per far esplodere un litigio. Tuttavia, con una sorta di brusca frenata, l’inquietudine infine si placa e si torna alla serenità. Ed ecco di nuovo Matilde. Se ne parla perché il professore getta sul tavolo un biglietto scritto da lei. Dunque, solo a questo punto si viene a sapere che è lei la sorella suicida. Quando Theo si era appena stabilito in quella casa aveva girato stanza per stanza trovando, con suo stupore, molti appunti scritti dalla donna. Non si rendeva conto del perché scrivesse così tanto. Li copio e poi li studiò fino quasi a impararli a memoria. Ma tra tante situazioni così difficili è come se questa scoperta lo avesse inaridito, inducendolo a cessare di scrivere. Una cupa atmosfera. Il fratello professore racconta quindi di aver visto il padre subito dopo il suicidio. Quel giorno era l’unico in casa con lui. In cucina si era un sparato un colpo con il fucile che usava per andare a caccia, anche se non prendeva ami niente, poiché non era un gran cacciatore. Luka si era sempre chiesto come mai si fosse ucciso in casa, condannandolo a ricordare tutto: «Mi sono precipitato per le scale e l’ho trovato morto, seduto sulla sedia».

AL TAVOLO I VIVI CON I MORTI

Ora tutti gli scomparsi sono presenti ed è come se si sedessero al tavolo con i vivi. infatti, Theo subito gli rivela di aver visto la sorella Matilde mentre faceva colazione e fumava la sua sigaretta, poco prima di uccidersi. Tutta la famiglia è stata evocata e si è ricongiunta, riunita nel ricordo. Tra i due fratelli ogni incomprensione sembra superata e a un certo punto il professore invita Theo a lasciare la casa e ad andare in città a vivere con lui, ricordando che tra i loro congiunti ci sono stati due suicidi e lui non vorrebbe che gli accadesse qualcosa. Questa sua attenzione richiama la storia dell’altra famiglia, quella del fratello minore lasciato solo e trovato cadavere. Qui la tensione strisciante lascia lo spazio all’affetto: i due si vogliono bene. Theo lo ringrazia ma risponde di non voler abbandonare la casa, dove infatti rimarrà. Si conclude la narrazione. In Uccellini non vi è soltanto la relazione, spesso difficile, tra le persone, ma anche il nesso tra i luoghi della memoria e chi li abita, oltreché il rapporto di ciascuno di noi con i suoi ricordi, che inesorabilmente attendono sotto il pelo dell’acqua, ansiosi di venire rievocati. Nel corso dell’intera magistrale rappresentazione regna un’avvincente atmosfera di attesa, a momenti cupa, che si scioglie soltanto con l’evocazione degli assenti e, alla fine, il riavvicinarsi dei fratelli. Uno spettacolo imperdibile.

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