USA, elezioni presidenziali 2024. Trump nei blue State per appoggiare i candidati repubblicani che potrebbero dargli la maggioranza al Congresso

Il repubblicano è in vantaggio in sei dei sette Stati in bilico

Nell’ultima settimana Trump ha condotto rally in tre Stati: Colorado, California e New York. Tre Blue State in cui il candidato repubblicano insegue la Harris con distacchi a due cifre che non ha nessuna possibilità di colmare. Una scelta apparentemente irrazionale in una corsa che per molti osservatori finirà al fotofinish.

Ma la strategia di Trump potrebbe essere tutt’altro che irrazionale. Va a fare discorsi negli Stati dove i candidati repubblicani a Camera e Senato possono vincere. In altre parole, cerca di trasferire il proprio personale consenso ai candidati che se eletti costituiranno la sua maggioranza al Congresso. C’è poi un secondo fine.

PROVARE A VINCERE IL VOTO POPOLARE

Ridurre il distacco negli Stati blue significa guadagnare voti che possono consentirgli di provare a vincere anche il voto popolare, ma questo, appunto, è un secondo fine. Tutto si inserisce in una precisa strategia di comunicazione. I luoghi consentono a Trump di raccontare le issue della campagna: costo della vita e maggior sicurezza.

I raduni di Trump sono anche un fenomeno politico che va al di là dei confini dei luoghi dove si svolgono. Sono kermesse che diventano virali. Coloro che vi partecipano contribuiscono a diffonderli sui social trasmettendo il proprio senso di appartenenza: i contenuti sono la forma, è il popolo MAGA che si autorappresenta.

L’ATTENZIONE RIVOLTA GLI SWING STATE

L’attenzione che Trump sta rivolgendo agli Stati in cui sa di non poter vincere non gli consente di tralasciare quelli in equilibrio. Dove la conquista della dote dei voti elettorali è appesa a poche decine di migliaia di voti popolari. Tra questi, la Pennsylvania e gli altri Stati dei grandi laghi tradizionalmente democratici.

Seppure per decimi per cento, Trump è oggi in vantaggio in sei dei sette “swing State”. I sondaggi lo registrano, ma aggiungendo che il margine di errore è superiore a questi dati: tra il -2 e il +2 rispetto alle previsioni di voto. Il che rende tuttora equilibrata la corsa in questi Stati.

GLI SCOMMETTITORI “VEDONO” TRUMP

Un indicatore che meglio fotografa la corsa alla Casa Bianca sono le quote delle agenzie di scommesse la cui media vede oggi Donald Trump al 53,9 contro il 44,9 % di Kamala Harris. Mentre nel 2020 Trump al 35,4 inseguiva Biden al 63,8%, una forchetta decisamente più larga tra i due contendenti.

Nella maggior parte dei sondaggi nazionali Trump è dietro Kamala Harris. Ma con margini inferiori rispetto a quelli che gli venivano attribuiti nelle sue prime due elezioni presidenziali, entrambe le quali lo hanno visto ottenere punteggi più alti con gli elettori “veri” rispetto a coloro che rispondevano ai sondaggi.

IL “VOTO NASCOSTO” DEL 2016 E DEL 2020

Nelle elezioni del 2016 vinte da Trump e quelle del 2020 in cui Biden vinse il voto popolare con un margine di 51,3% contro 46,9%, i sondaggisti parlarono di un “voto nascosto” per Trump. Un consenso non dichiarato ai sondaggisti che tuttavia oggi potrebbe essere appannaggio di Kamala Harris.

Un’ipotesi che non può essere tralasciata. Il 5 novembre ci dirà se questo “voto nascosto” sarà superiore al margine di errore del 2% previsto dai sondaggi e quale dei due candidati andrà a premiare. Guardando al voto per il Congresso sapremo anche se la scommessa di Trump di fare campagna negli Stati dem si rivelerà un azzardo.

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