«La Cina è un attore globale con un ruolo di crescente incisività nella riorganizzazione della governance globale ed è in prima linea nell’offrire il proprio contributo per creare nuovi equilibri e promuovere una coesistenza pacifica. Gli ambiti d’azione della Repubblica popolare sono molteplici: dall’economia alla politica, dalla cultura alla tecnologia; inoltre, non vanno dimenticati i diciassette Obiettivi di sviluppo sostenibile posti dalle nazioni Unite». È questo l’incipit degli organizzatori del seminario che ha avuto luogo a Roma nel tardo pomeriggio del 4 ottobre scorso, nel quale essi hanno inteso concentrare il focus sulle dinamiche diplomatiche, economiche e politiche che inevitabilmente rinvengono tra i massimi protagonisti la potenza asiatica comunista.
IL SEMINARIO ROMANO
L’evento è stato promosso e sponsorizzato dal think tank sino popolare Earth Charter International China (ECIC), parte della rete Earth Charter delle Nazioni Unite, che supporta attività scientifiche e di divulgazione in relazione agli SDG dell’Onu e alla correlata Global Development Iniziative di Pechino, oltreché dalla World Complexity Science Academy South&Far East Department (WCSA), dall’Istituto Diplomatico Internazionale (IDI) e dal United Nations Global Observatory, the Global Observatory on the Sustainable Development Goals of the 2030 Agenda (UN-SDG GO). Intenzioni dei relatori era illustrare gli aspetti fondamentali del contributo di Pechino alla salvaguardia e al miglioramento delle relazioni internazionali, a questo fine risponderebbe il Rapporto presentato in quella sede.
LE SCELTE DELL’OCCIDENTE
Un complesso di informazioni di sicuro interesse, anche alla luce dell’articolazione tematica emersa dalle esposizioni dei relatori intervenuti in diverse materie, oltreché dell’indefettibile ragionamento che pone l’Occidente nella condizione di dover svolgere, a fronte di prospettive future che vedono nella potenza economica e industriale (oltreché militare) asiatica, un interlocutore obbligato. Tuttavia, questo però non significa che l’Europa debba acriticamente accetare modelli e soluzioni pragmatiche che risultino per sé snaturanti o, peggio ancora, deleterie. Ma questo è un discorso che, seppure pertinente con quanto esposto nel corso del seminario romano, non verrà affrontato in questa sede.
UNA SOCIETÀ «MODERATAMENTE PROSPERA»
Ma, se è vero che Pechino sta assumendo un crescente rilievo internazionale, «con una conseguente postura cruciale nei confronti degli Stati Uniti d’America ed effetti sugli equilibri globali», come ha ricordato nel suo intervento il professor Tiberio Graziani, è altresì vero che le scadenze temporali per il conseguimento degli ambiziosi obiettivi fissate dalla leadership comunista che fa capo a Xi Jinping, non sono così distanti negli anni, la piena attuazione dei programmi in fase di sviluppo e quelli da venire non è poi una certezza. Infatti, se oggi assistiamo a una rettifica delle linee guida della diplomazia di Pechino, decise dal vertice politico del Partito comunista in conseguenza dell’accelerazione delle dinamiche globali in atto, tese alla completa transizione dal mondo unipolare a quello policentrico multipolare, andrebbero tuttavia tenute assai in considerazione le notevoli criticità che affliggono il sistema sino popolare.
INTERESSANTE CONTRIBUTO
E qui, purtroppo, vanno rilevate le incongruenze e le omissioni che viziano una interessante esposizione (il Rapporto presentato nel corso del seminario a Roma), che per quanto scremata dalle assertività di quei relatori che nei loro interventi hanno rasentato toni fideistico propagandistici, letta lucidamente risulta nel complesso utile quale complemento alla comprensione di una realtà tanto complessa quanto affascinante quale quella cinese. Già, poiché le contraddizioni complicano non poco i cammini di strateghi e pianificatori della Repubblica popolare, ma non solo i loro, anche quelli dei cosiddetti Brics, dei quali durante i lavori si è fatto ampiamente cenno, con particolare riferimento alla loro espansione in termini generali (costituiscono attualmente il 37% dell’economia mondiale) e all’aspirazione della Cina Popolare di divenirne il paese guida attraverso un proprio ruolo sempre più attivo.