STRATEGIA, nuove alleanze. Turchia nei Brics: l’azzardo calcolato di Erdoğan

La Turchia, membro chiave della NATO (ha il secondo esercito per numero di elementi dell’Alleanza) ha appena scosso l’ordine geopolitico globale con una sorprendente richiesta di adesione al blocco dei Brics, un’alleanza economica e politica dominata militarmente dal potere nucleare della Russia ed economicamente dalla Cina Popolare. Questa iniziativa rappresenta un passo decisivo nella discutibile strategia diplomatica di Ankara che era tradizionalmente ancorata a forti alleanze occidentali. Il presidente turco Erdoğan (definito a suo tempo «un dittatore» dal Presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Draghi) sembra determinato a ridefinire la posizione del suo paese sullo scacchiere internazionale cercando di stabilire partenariati di comodo che vadano oltre le sue citate alleanze storiche con l’Occidente

a cura di Giuseppe Morabito, generale in ausiliaria dell’Esercito italiano e membro del Direttorio NATO Defense College Foundation – La richiesta ufficiale di adesione fatta pervenire ai Brics da Ankara è un forte segnale inviato ai partner occidentali. La decisione, formalizzata lo scorso 2 settembre, riflette un chiaro desiderio di diversificare le alleanze nel contesto di dichiarate crescenti frustrazioni nei confronti dell’Occidente.

GLI INTERESSI DI ERDOĞAN

Ad avviso del presidente Recep Tayyip Erdoğan, «la Turchia può diventare un paese forte, prospero, prestigioso ed efficace se migliora le sue relazioni sia con l’Est sia con l’Ovest». Una affermazione che rileva una strategia di pericoloso equilibrio, ma che poi si chiarisce in semplice “doppiogiochismo”, poiché il leader turco mira a navigare tra potenze rivali senza compromettere gli interessi nazionali, anzi, per meglio dire, si prefigge lo scopo dei soli interessi nazionali. Il presidente ha inoltre affermato che «qualsiasi metodo diverso da questo non gioverebbe alla Turchia, ma la danneggerebbe». La decisione di avvicinarsi ai Bics, un gruppo stati che include economie emergenti quali Russia, Cina Popolare, India, Brasile e Sud Africa, viene letta come una risposta alle sfide economiche (la situazione del prodotto interno lordo e la moneta turchi è infatti preoccupante) e diplomatiche che Ankara dovrebbe affrontare. Il blocco Brics rappresenta un’alternativa all’ordine mondiale democratico guidato dall’Occidente e offre ai turchi una piattaforma che li pone nelle condizioni di incrementare il loro grado di influenza, soprattutto in Medio Oriente e Africa.

LA DECISIONE DI ANKARA

Una decisione assunta a seguito di decenni di logica attesa (ma non ci sono nel paese i minimi standard democratici) dell’accettazione della candidatura del Paese all’adesione all’Unione europea e di relazioni talvolta tese con gli Stati Uniti d’America (viene considerato deplorevole l’acquisto di armi russe da parte turca). La potenziale adesione ai Brics potrebbe dunque avere conseguenze sugli equilibri globali, poiché unendosi a questo blocco la Turchia tenterebbe di affermare la sua posizione quale attore chiave in un mondo sempre più multipolare. I Brics, già percepiti come una controparte al G7 guidato da Washington, vedrebbero a quel punto la loro influenza espandersi ulteriormente dato che la Turchia è un paese dalla posizione geostrategica cruciale, posto tra Europa e Asia. Cercando di coltivare relazioni con tutte gli attori di un mondo multipolare, Ankara parrebbe voler massimizzare le sue opzioni diplomatiche ed economiche, rimanendo tuttavia un membro attivo della NATO.

I PERCHÉ DI UNA SCELTA

Ma si tratta di un passo che potrebbe anche generare attriti all’interno dell’Alleanza medesima, complicando le relazioni con i paesi democratici dell’Occidente. Taluni in questo potrebbero intravedere un modo di affermare la propria indipendenza e al contempo acquisire influenza sulla scena internazionale, altri come un segnale di disimpegno dall’ordine mondiale occidentale. Alcuni analisti rilevano che il centro di gravità geopolitico si stia allontanando dalle economie maggiormente sviluppate, quindi sarebbe questa la motivazione alla base del desiderio di Ankara di porsi in prima linea durante questo cambiamento. Aderendo ai BRICS traccerebbe un nuovo percorso in politica estera, in grado di ridefinire il suo ruolo sulla scena mondiale facendo forza (ad esempio) sia sul controllo del gas proveniente dall’Azerbaijan (divenuto necessario alle economia occidentali a seguito della guerra Tra Russia e Ucraina), materia prima energetica che transita attraverso il territorio turco prima di giungere in Europa.

FLUSSI DI GAS ASIATICO E INFLUENZA IN NORDAFRICA E MEDITERRANEO

Inoltre, il raggiungimento di un livello di influenza sulla regione settentrionale dell’Africa registra la presenza di forze armate turche e loro proxi, principalmente in Libia. È la messa in pratica di una strategia che è indice della volontà di Ankara di ampliare il grado della propria autonomia strategica traendo vantaggio dai principali progetti di sviluppo dei Brics, ma continuando a svolgere un ruolo chiave nelle alleanze tradizionali, per lo meno dove le viene consentito in questo momento, come nella NATO. L’Italia non dovrebbe restare indifferente a queste dinamiche, sia perché il gas azero raggiunge l’Europa attraverso la Puglia e, inoltre, per la ragione che il cosiddetto «Piano Mattei per l’Africa» potrebbe incontrare grossi problemi qualora venisse contrastato da Ankara.

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