ECONOMIA, commercio internazionale. Dazi alla Cina: il no di Grana Padano

Timori per la prima DOP al mondo dallo scontro tra l’unione europea e la Repubblica popolare cinese. Allo specifico riguardo il Consorzio del noto formaggio italiano chiederà un confronto al G7 agricolo, poiché le eventuali ritorsioni poste in essere da Pechino colpirebbero l’export, come avvenuto ai tempi con la Russia di Vladimir Putin e ai tempi della presidenza Donald Trump negli Stati Uniti d’America. Ad avviso di Stefano Berni (direttore generale del Consorzio di Tutela GP) «va tutelata la scelta del consumatore, non falsato il mercato attraverso scelte politiche»

Desenzano del Garda (BS), 23 agosto 2024 – La guerra dei dazi che incombe tra Unione europea e Cina popolare preoccupa i settori economici come l’agroalimentare, che più volte nei rapporti tesi con alcuni stati è divenuto suo malgrado oggetto di ritorsioni. In sintesi: se Bruxelles colpisrà i prodotti industriali a subire il contraccolpo saranno le eccellenze agroalimentari, a partire dalle DOP, che vedono nel Grana Padano il leader mondiale nel consumo con 5.456.500 forme prodotte lo scorso anno e un export che già nei primi mesi del 2024 è ulteriormente cresciuto, arrivando a rappresentare circa il 50% del prodotto commercializzato.

I DAZI CONDIZIONANO ARTIFICIOSAMENTE IL MERCATO

«I dazi ipotizzati dalla Cina contro i prodotti lattiero-caseari dell’Europa zootecnica saranno negativi per l’intero continente, soprattutto per la Francia e altri paesi di forte esportazione in Cina – commenta il direttore generale del Consorzio di Tutela, Stefano Berni -, anche l’Italia rischia delle conseguenze, ma in misura meno rilevante. Per il Grana Padano la Cina, pur non avendo raggiunto livelli di importazione del nostro prodotto in quantità rilevanti, è comunque un mercato in decisa crescita e quindi saremmo sicuramente penalizzati». Berni sottolinea inoltre come «le limitazioni al libero scambio siano sempre un fatto negativo che condiziona e orienta i mercati in modo artefatto» e ricorda come il prodotto di punta del sistema DOP europeo stia già pagando da tempo un prezzo elevato alla guerra combattuta sul terreno dell’economia, danneggiando anche la propria.

I PRECEDENTI: LE SANZIONI ALLA RUSSIA E LA POLITICA DI TRUMP

«I produttori di Grana Padano hanno già subito blocchi in Russia nel 2014 quando ci fu l’invasione della Crimea – sottolinea Berni – e persero completamente un mercato che si stava rivelando per noi interessantissimo avendo allora raggiunto in pochi anni le 50.000 forme di Grana Padano annue esportate in quel paese». Ma le eccellenze italiane sono anche state vittima di turbolenze politiche interne, come quelle subite sul mercato americano durante l’ultima presidenza repubblicana. «Il colpo a noi e ancor di più ai nostri amici del Parmigiano Reggiano, venne inferto dall’aumento rilevante dei dazi che Trump, in un eccesso di protezionismo, aveva imposto ai nostri prodotti di qualità indirizzati negli Stati Uniti, caseari e non solo. Rischio che potremmo correre anche il prossimo anno dopo le elezioni americane».

PRINCIPI DEL LIBERO MERCATO

Berni richiama a un principio fondamentale in un mercato libero da forzature: «Un conto sono le regole di trasparenza e garanzia per i consumatori che devono essere messi in condizione di scegliere liberamente e in base all’autenticità e altra cosa sono le applicazioni di dazi rilevanti». Egli chiama quindi in causa tutti i paesi uniti nel gruppo dei Sette Grandi, ancora a guida italiana: «Per la vicenda Cina faremo tutto quanto è nelle nostre possibilità, ricorrendo anche all’occasione che si presenterà col G7 Agricolo, che avrà luogo in Sicilia dal 21 al 28 settembre prossimi e che vedrà noi prodotti DOP protagonisti, anche per scongiurare questa corsa ai dazi e ai contro dazi. Noi siamo a favore della libera scelta del consumatore, purché sia essa correttamente informata e legata a prezzi corretti che non vengano eccessivamente gravati da dazi di ingresso. Quindi ci batteremo per questo a tutela dei consumatori italiani e mondiali che non devono vedere la loro capacità di spesa compromessa da costi aggiuntivi di derivazione politica oltre a quelli fisiologici dettati dalla qualità dei prodotti posti in vendita».

IL CONSORZIO IN CIFRE

Del Consorzio Tutela Grana Padano fanno parte 145 aziende. Sono 125 quelle di lavorazione, che gestiscono 137 caseifici produttivi, 144 gli stagionatori e 197 preconfezionatori di porzionato, grattugiato e CET. Nel 2023 sono state lavorate 5.456.500 forme con un aumento del 4,69% rispetto all’anno precedente, pari a 211.830,742 tonnellate (+4,84%), trasformando circa 2.858.093,638 tonnellate di latte munto in 3.726 stalle. L’intera filiera produttiva del prodotto a denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo conta così su 50mila persone coinvolte. Nel periodo intercorrente tra gennaio e luglio 2024 sono state lavorate 3.536.055 forme, con +3,04% rispetto allo stesso periodo del 2023. In crescita anche l’export. Nel 2023 sono state commercializzate all’estero 2.481.891 forme (+6,55% rispetto al 2022), pari a 94.846,4362 tons e al 48,2% della produzione marchiata.

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