a cura di Saad Bouzrou, Youssef El Harrak, Abderrahim Et-Tahiry e Khalil Essalak, pubblicato da “Le360” il 26 luglio 2024, https://fr.le360.ma/politique/25-ans-de-regne-emmanuel-dupuy-linitiative-royale-atlantique-correspond-a-la-diplomatie-agile-du_4ZOO5SYQNFBWLOUA4EHODAQXXQ/ – L’analista di politica internazionale Emmanuel Dupuy, presidente del think tank Istituto per la prospettiva e la sicurezza in Europa (IPSE), che ha sede a Parigi è recentemente intervenuto sul tema dell’iniziativa reale atlantica lanciata dal sovrano del Marocco Mohammed VI, affrontandone le diverse dimensioni oltreché i punti di forza. Dupuy si sofferma in particolare su come questa strategia possa inserirsi nel «cardinale ridimensionamento delle relazioni internazionali».
Le360 – In che modo la Royal Atlantic Initiative rafforza la posizione del Marocco quale attore chiave in Africa?
Emmanuel Dupuy – L’iniziativa lanciata dal Re il 9 novembre “Atlantic Façade 2030” è, come indica il nome, un progetto ambizioso che non riguarda solo il Marocco, ma l’intero vicinato atlantico-marocchino. Si tratta di 23 paesi sulla costa atlantica da Tangeri al Capo che, in un certo senso, richiamano diversi elementi strategici, tra cui l’importanza del collegamento transatlantico (…) Quando il Re ha proposto questa iniziativa, aveva in mente un elemento molto importante che I paesi africani guardano con grande attenzione. Infatti, dei 44 paesi del mondo che non hanno coste e sono quindi senza sbocco sul mare, 16 sono africani. Pertanto, per garantire la simmetria dello sviluppo economico, dobbiamo aprire un certo numero di paesi. L’iniziativa atlantica mira inoltre non solo a garantire un futuro strategico dal Marocco al Sud Africa, lungo la costa atlantica, ma anche a consentire ai paesi senza sbocco sul mare di avere accesso alla costa atlantica: Mali, Ciad, Burkina Faso e Niger. In sintesi, questa iniziativa è innovativa nel senso che corrisponde ad un radicale ridimensionamento nel senso letterale del termine delle relazioni internazionali. Parliamo molto del Sud del mondo. In precedenza questa si chiamava cooperazione Sud-Sud. Non esiste un Sud del mondo. Poiché non esiste nemmeno un Occidente globalizzato, ci sono differenze di approccio, democrazie liberali, paesi che sono entrati nell’emergenza, paesi che sono destinati ad entrarvi, e paesi che purtroppo attraversano crisi successive: la crisi migratoria, la crisi demografica, la crisi ambientale e crisi della sicurezza. Questa iniziativa corrisponde quindi a quella che è la politica estera del Marocco, una politica a 360 gradi, una diplomazia agile volta ad evitare problemi con ciascuno dei suoi vicini. Ciò non significa che i vicini abbiano la stessa logica e in particolare il vicino orientale, e forse un po’ quello meridionale.
COOPERAZIONE INTRA-AFRICANA E INTRA-CONTINENTALE
Il sovrano del Marocco ha intrapreso questa iniziativa avendo la certezza che il continente africano avesse bisogno di posizionarsi a lungo termine…
Si tratta di un’iniziativa che corrisponde anche a una logica che vuole che la cooperazione intra-africana sia complementare a quella intra-continentale, poiché questa iniziativa atlantica non si ferma a Tangeri. Si estende lungo tutta la costa atlantica verso il nord dell’Europa, con la necessità di lavorare per creare una zona di libero scambio reciprocamente vantaggiosa tra Europa occidentale, Africa occidentale, Africa centrale, Africa meridionale in virtuosa interdipendenza.
APRIRE ALL’AFRICA
C’è anche il desiderio di aprire all’Africa…
La volontà di aprire all’Africa attraverso questa iniziativa risponde anche alla logica dell’apertura delle dodici regioni marocchine: nove si affacciano sulla costa atlantica, ma tre no; quindi è anche un’apertura interna. E poi, naturalmente, bisogna tenere presente che il Marocco, in quanto potenza emergente, ha bisogno di guidare gli altri verso i mercati che intende conquistare collettivamente: il mercato europeo da un lato, il mercato sudamericano dall’altro, e il mercato americano genericamente.
L’ALLINEAMENTO DI RABAT
Il Marocco si è allineato alle aspettative di diversi paesi: è un elemento importante?
È l’ultimo punto: il Re del Marocco ha lanciato questa iniziativa con la certezza che il continente africano dovesse posizionarsi a lungo termine, per questo essa ha il nome di “Facade Atlantique 2030”. Ciò fa parte di una logica in cui c’è una mobilitazione di tutti gli attori economici per sviluppare porti in acque profonde, il porto di Dakhla Atlantique entro il 2028 ne è un esempio. Senza dimenticare la speranza, o almeno la prospettiva, che questa iniziativa atlantico-africana vada di pari passo con l’iniziativa del gasdotto Marocco-Nigeria e, di fatto, offra un’alternativa al gas e al petrolio di cui l’Europa ha bisogno.
LEADERSHIP REGIONALE DEL MAROCCO
Allo stesso modo si potrebbe commentare il modo in cui il Marocco di Mohammed VI abbia consolidato la sua leadership regionale e continentale, in particolare nel settore della cooperazione economica e di sicurezza…
Il Marocco si è allineato alle aspettative di diversi Paesi e credo che questo sia un elemento importante. Credo che sia passato il tempo in cui ancora si pensa che dobbiamo copiare modelli di sicurezza, modelli di sviluppo, modelli di organizzazione istituzionale dal Nord al Sud. L’Unione africana ha una propria dinamica, una propria logica, che non ha bisogno di imitare l’Unione europea. Quindi, ovviamente, la strategia multidimensionale e multidirezionale del Marocco mirava ad avviare relazioni con paesi che percepiscono la posizione marocchina come una posizione reciprocamente vantaggiosa. Oggi, mentre parliamo, sono l’84% degli stati del pianeta che riconoscono la natura marocchina del Sahara. Non ho menzionato la questione della sicurezza: è altrettanto importante, in questi tempi difficili in cui un certo numero di vicini del Marocco sono in procinto di dare una direzione diversa al proprio destino democratico o semplicemente sono in procinto di dismettersi dalle organizzazioni a cui appartengono apparteneva. Mali, Niger e Ciad non fanno più parte, o non si considerano più parte, dell’Ecowas. Del resto, il Marocco ha avuto ragione a volerlo integrare nel 2017.
UNA RICONFIGURAZIONE COMPLETA
Si tratta di una riconfigurazione completa, il che significa che il Marocco può contribuire ad aprire gli aspetti politici e di sicurezza di questi paesi. Non lasciatelo fare, nonostante abbiano scelto una strada antidemocratica con i colpi di stato militari del 2020 in Mali, del 2022 in Burkina Faso e della scorsa estate nel luglio 2023 in Niger. In breve, partecipare con il desiderio di fungere da mediatore. È stato così durante l’incontro di Marrakech dello scorso novembre, dove i tre ministri degli Esteri dei tre paesi citati più il Ciad hanno risposto all’appello di Nasser Bourita di cercare di creare un collegamento perché la situazione è drammatica e continua a mettere in pericolo la vita dei cittadini saheliani. E da questo punto di vista la responsabilità del Marocco, così come quella dei Paesi del nord del Sahel, è decisiva per aiutare a trovare una soluzione. Soprattutto perché la presenza occidentale è ormai un po’ messa in discussione, per non dire respinta.