MEDITERRANEO, minacce turche a Israele. Erdoğan la «spara grossa» e alimenta la tensione in Medio Oriente

Gerusalemme e Ankara si sono scambiate preoccupanti frecciate, con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che ha minacciato un'azione militare contro Israele, mentre cresceva ulteriormente la tensione tra lo Stato ebraico ed Hezbollah

a cura di Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano in ausiliaria e attualmente membro del direttorio della NATO Defense College Foundation – Israele a sua volta ha avvertito Erdoğan che il suo destino potrebbe diventare simile a quello dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein, che è stato giustiziato mediante impiccagione. «Erdoğan sta seguendo le orme di Saddam Hussein, minacciando di attaccare Israele: dovrebbe ricordare cosa è successo lì e come è finita», ha scritto il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz in un post in cui ha allegato una fotografia delle due personalità.

L’ESPLICITA REPLICA DI KATZ

Katz è intervenuto dopo che Erdoğan aveva suggerito che la Turchia avrebbe potuto entrare in Israele, così come aveva fatto in precedenza in Libia e nel Nagorno-Karabakh, anche se non ha precisato che tipo di che tipo di intervento stava parlando. Erdoğan, che è stato un feroce critico della campagna militare israeliana a Gaza tesa a neutralizzare definitivamente l’organizzazione terroristica Hamas, ha iniziato a ipotizzare questo conflitto durante un discorso nel quale ha elogiato l’industria della Difesa del suo paese. «Dobbiamo essere molto forti affinché Israele non possa fare queste cose ridicole alla Palestina. Proprio come siamo entrati in Karabakh, proprio come siamo entrati in Libia, potremmo fare qualcosa di simile a loro», ha detto Erdoğan in una riunione del suo partito (AKP) al potere in Turchia.

IN LIBIA LA PRESENZA TURCA È ORMAI STRUTTURALE

«Non c’è motivo per cui non possiamo farlo… dobbiamo essere forti per poter compiere questi passi», ha aggiunto il presidente turco nel discorso televisivo. I rappresentanti dell’AKP non hanno risposto alle richieste di maggiori dettagli sui commenti di Erdoğan (Israele non aveva espresso alcun commento ufficiale nell’immediato). Il presidente sembrava riferirsi alle azioni passate della Turchia perché nel 2020 ha inviato le sue forze armate in Libia a sostegno del governo di accordo nazionale della Libia riconosciuto dalle Nazioni Unite. Il primo ministro libico Abdulhamid al-Dbeibah, che guida il governo di unità nazionale a Tripoli, è in questo momento sostenuto da Ankara. La presenza a Tripoli è ormai fatto strutturale della politica estera turca sia per gli interessi economico-industriali sia per sfruttare le potenzialità libiche dal punto di vista energetico. Lo sbarco in Africa settentrionale dei turchi è stato anche interpretato come antidoto all’isolamento nel mondo arabo che ora Erdoğan cerca di avvicinare ulteriormente aggredendo verbalmente Israele e così schierandosi dalla parte dei gruppi terroristici filoiraniani.

LA STRATEGIA DI ANKARA

Ankara ha negato l’evidenza di qualsiasi ruolo diretto nelle operazioni militari dell’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh, ma ha affermato che l’anno scorso stava utilizzando «tutti i mezzi», compresi l’addestramento militare e la modernizzazione, per sostenere il suo stretto alleato. In questo caso l’ipocrisia (eufemismo) del presidente turco tocca livelli astronomici. È noto che Israele ha silenziosamente sostenuto la campagna dell’Azerbaigian per la riconquista del Nagorno-Karabakh, fornendo armi prima della fulminea offensiva che ha riportato l’enclave di etnia armena sotto il controllo azero provocando la fuga dalle loro terre di più di centomila armeni che erano palesemente aggetto di un potenziale genocidio. Poche settimane prima che l’Azerbaigian lanciasse il suo assalto di ventiquattro ore il 19 settembre scorso, aerei cargo militari azeri hanno ripetutamente volato tra una base aerea israeliana meridionale e un campo d’aviazione vicino al Nagorno-Karabakh anche mentre i governi occidentali sollecitavano colloqui di pace con l’Armenia.

ISRAELE E IL COMPLESSO SCACCHIERE REGIONALE

Quindi, se Israele supporta l’Azerbaigian contro l’Armenia, va bene ma se contrasta il terrorismo filo iraniano di Hezbollah (Hamas o Houti) va attaccato! Sembrerebbe poi che esperti e istruttori israeliani siano rimasti in territorio azero durante e dopo l’operazione in cui avrebbero agito come guida dei droni di attacco e altre attività in supporto alle forze armate dell’Azerbaigian. Le minacce di Erdoğan arrivano nel contesto di una drammatica riacutizzazione della guerra transfrontaliera durata nove mesi tra le Israele defense Force (IDF) ed Hezbollah. Un razzo iraniano lanciato dai terroristi sciiti filoiraniani ha colpito sabato il villaggio druso di Majdal Shams, sulle alture di Golan, uccidendo dodici bambini.

PAROLE A SPROPOSITO

Dunque, il leader turco ha parlato a sproposito mentre la diplomazia internazionale sta lottando per evitare una guerra israelo-libanese più ampia e/o regionale. La Turchia, tuttavia, è membro della NATO e come tale è impossibile che possa intervenire militarmente nel conflitto tra lo Stato ebraico ed Hezbollah, cosa che invece si è potuta permettere di fare in Libia. Le relazioni tra Israele e Turchia, che erano in via di miglioramento prima della guerra di Gaza, si sono logorate, con Ankara che ha interrotto tutte le relazioni commerciali da maggio.

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