INDUSTRIA, siderurgia. Ex Ilva: al tavolo di Palazzo Chigi su Acciaierie d’Italia si allunga l’agonia

A cinque mesi dall’avvio dell’amministrazione straordinaria il Piano del Governo prevede solo un raddoppio della cassa integrazione e la produzione minima effettuata con un solo altoforno in funzione. «La cassa integrazione durerà da luglio 2024 a giugno 2026 – ha dichiarato il Commissario straordinario Giancarlo Quaranta -, un periodo necessario per mettere in marcia tre altoforni e giungere a sei milioni di tonnellate di produzione; essa non è legata a un piano industriale pluriennale che sarà oggetto di futura assegnazione dopo il bando». Per i sindacati non ci sono «garanzie per i lavoratori»

Ha avuto luogo questa mattina a Palazzo Chigi l’incontro tra il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri Adolfo Urso, Maria Elvira Calderone, Raffele Fitto, Gilberto Pichetto Fratin e i segretari generali della Fim Ferdinando Uliano, della Fiom De Michele De Palma e della Uilm Rocco Palombella. Il ministro dell’Industria e del Made in Italy ha reso noto che, al momento, sono state comunicate sei manifestazioni di interesse da parte di gruppi industriali indiani, canadesi, ucraini e italiani, mentre il titolare del dicastero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha comunicato che nel mese di giugno è stato avviato l’iter relativo all’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) e a esso seguirà l’iter ordinario, inclusivo della Conferenza dei servizi.

CASSA INTEGRAZIONE

Riguardo alla cassa integrazione il Commissario straordinario Giancarlo Quaranta ha dichiarato che essa durerà da luglio 2024 a giugno 2026, un «periodo necessario per mettere in marcia tre altoforni e giungere a  sei milioni di tonnellate di produzione; essa non è legata a un piano industriale pluriennale che sarà oggetto di futura assegnazione dopo il bando. Nel frattempo stiamo lavorando all’ottemperamento del piano ambientale, come da DCPM 2017, per elevare la produzione fino a otto milioni di tonnellate». «Dopo cinque mesi dall’avvio dell’amministrazione straordinaria oggi stiamo parlando di un piano di discesa e non di risalita, con il raddoppio della cassa integrazione e una produzione minima con un solo altoforno». Questo il commento espresso a caldo, nell’immediatezza dell’incontro a Palazzo Chigi, dal segretario generale della Uilm, Rocco Palombella.

SI ALLUNGA L’AGONIA

«Nel progetto illustrato dal Governo e dai Commissari non vediamo garanzie – ha proseguito Palombella -, non ci sono certezze per i lavoratori né una prospettiva industriale solida. Si parla di una produzione a sei milioni tra non meno di un anno e mezzo, con i tre altoforni a fine vita, non ci sono scadenze precise sull’avvio della decarbonizzazione, sulla costruzione dei forni elettrici e dell’impianto di pre-ridotto. Stiamo parlando di una lenta e inesorabile agonia che, purtroppo, il Governo e i Commissari non stanno evitando. Vogliamo parlare di prospettive concrete, di rilancio reale, di sviluppo, di decarbonizzazione, di tutela occupazionale e ambientale e non solo di ammortizzatori sociali. Oggi abbiamo ascoltato solo progetti generici senza alcun impegno vincolante. Se non ci sarà una svolta chiara e immediata il destino è segnato».

L’EX ILVA È SUL MERCATO O SI AVVIA ALLA CHIUSURA?

«Cosa mette sul mercato il governo? – si interroga il segretario generale della Uilm – Abbiamo impianti fermi e in condizioni fatiscenti e una richiesta per 5.000 lavoratori in cassa integrazione. Quale azienda si farà carico di questo? Nel bando di gara si metteranno delle garanzie anche per i 1.600 in Ilva amministrazione straordinaria e delle aziende dell’indotto? Per noi sono imprescindibili, come previsto dall’accordo del 2018 che non metteremo in discussione. Sono dieci anni che si parla di forni elettrici ma non si parte mai – insiste Palombella – e abbiamo una gara per il pre-ridotto bloccata da mesi, con fondi disponibili per oltre un miliardo fermi. Ma qual è il progetto per il futuro dell’ex Ilva? Accompagnarla lentamente alla chiusura? Fino a oggi, grazie alla lotta dei lavoratori,  abbiamo evitato una chiusura imminente degli stabilimenti. Quello che ci hanno detto oggi il Governo e i Commissari non ci tranquillizza poiché non abbiamo ottenuto garanzie. Di fatto siamo tornati indietro al 2017, al bando di gara, con la differenza che all’epoca gli impianti funzionavano».

PERCORSO ANCORA IN SALITA

«Il 12 giugno abbiamo fornito tutte le richieste del Ministero dell’Ambiente, anche in riferimento alla marcia degli impianti e la valutazione dell’impatto sanitario (VIS) su marcia degli impianti a sei milioni di tonnellate – sottolineano Ferdinando Uliano e Valerio D’Alò, rispettivamente segretario generale e nazionale della Fim Cisl -, ovviamente, valutando le necessarie misure da mettere in atto in termini di sicurezza, ambiente e tutela sanitaria. Questo ci ha portato, ha sottolineato il Commissario  Quaranta, a rivalutare il piano di ripartenza perché alcuni impianti che pensavamo potessero ripartire velocemente non erano in condizioni come ad esempio i filtri a manica della centrale termoelettrica. Dopo l’estate, ha detto Quaranta, si partirà con l’altoforno 1 e successivamente con il 2 una volta completate tutte le attività di manutenzione che occorrono all’altoforno. Il Commissario ha annunciato che stanno facendo studi di fattibilità in merito alla decarbonizzazione degli impianti entro il 2030».

ALTIFORNI IN FUNZIONE

Quaranta ha poi detto che la cassa integrazione potrà interessare fino a 5.200 lavoratori, numeri che scenderanno al 4.700 come dato di partenza della discussione, come numero massimo. Questo perché al momento è in marcia solo l’AFO 4. Nella seconda parte di ottobre partirà l’AFO 1, mentre a fine dicembre inizio gennaio AFO 2; stabilizzato AFO 2, a inizio anno fermeremo AFO1 per la manutenzione del crogiolo. In queste condizioni avremmo la necessità di rivedere al ribasso il numero di persone coinvolte nella cassa. Prevediamo in questo senso un sistema di monitoraggio in merito sia ai numeri, che alla rotazione dei lavoratori in cassa accompagnato da un piano di formazione che coinvolgerà tutti i lavoratori. Questo, nell’ottica del bando che avrà al centro come premialità la decarbonizzazione e quindi un piano formativo dedito ai nuovi processi lavorativi. L’integrazione della cassa sarà pari al 70% dello stipendio compresi i premi.

RICORSO ALLO «SMART WORKING»

Ove possibile, ha poi detto faremo ricorso allo smart working ma anche maggiore flessibilità sull’orario di lavoro per alcune figure professionali fino al 31 ottobre. A questo, vorremmo riconoscere una tantum 1/2/3 % legato al valore produttivo che ci poniamo ai lavoratori legata alla produzione, questo perché abbiamo trovato il personale “ spento” e senza motivazione per recuperare un clima positivo e di reciproca fiducia, tra azienda e lavoratori. Il Commissario Giovanni Fiori, invece, rispetto al bando di vendita ha detto:  bando di vendita verrà licenziato entro fine luglio fino a settembre per raccogliere le manifestazioni d’interesse. Oltre al prezzo di vendita valuteremo la bontà del piano industriale, che significa il mantenimento del personale, affidabilità e  l’impegno nel piano industriale alla decarbonizzazione. Un impegno che dovrà essere di lunga durata, oltre a questo abbiamo inserito un ristorno alle comunità locali. La ministra Calderone ha ribadito l’importanza della ripartenza dei tre altiforni collegati però alla rotazione della cassa e alla formazione finalizzata alla transizione green degli impianti. La ministra ha detto che le risorse necessarie sono già inserite nel decreto coesione».

COMPLICAZIONI NELLA RIPARTENZA PRODUTTIVA

«Registriamo le difficoltà illustrate dai commissari rispetto alla ripartenza  produttiva che si sono rilevate molto più complicate del previsto – ha proseguito Uliano -, rispetto a questo  comprendiamo la richiesta di cassa che necessariamente deve essere legata alla ripartenza degli impianti e all’andamento produttivo. Per noi è importante che anche il processo di formazione vada portato avanti parallelamente all’integrazione dell’ammortizzatore, questo valutando anche, non meno importante, gli impatti che l’andamento produttivo può avere sul sistema dell’indotto. Per quanto riguarda il bando di cessione – ha sottolineato Uliano –  per noi è importante mettere al centro la tenuta di tutto il personale degli stabilimenti facenti parte del Gruppo compreso i dipendenti di Ilva in amministrazione straordinaria. Vogliamo poi sapere se nel piano di ripartenza è previsto l’acquisto di coils e bramme come richiesto dalla Fim nel precedente incontro al fine di far lavorare le persone degli impianti delle aree a freddo». «Domani – ha concluso D’Alo’ – valuteremo se quanto discusso oggi e da noi proposto a più riprese sarà assunto dalla discussione sulla Gigs e se ci saranno i presupposti per una discussione concreta anche degli ammortizzatori sociali».

SI VENDE: QUINDI È NECESSARIO ENTRARE NEL MERITO DELLA QUESTIONE

«Ora serve entrare nel merito delle condizioni di vendita» è l’opinione dell’Unione sindacale di base (Usb), i cui rappresentanti dell’Esecutivo confederale Francesco Rizzo e Sasha Colautti evidenziano come il tavolo odierno a Palazzo Chigi per la loro organizzazione abbia sancito due elementi: «Il primo è che ci sembra a senso unico la strada che porta al piano “di ripartenza” e quindi alla Cigs. Gli amministratori hanno rappresentato nel merito la difficilissima situazione impiantistica e le modalità con cui arrivare entro il primo trimestre 2026, e nel pieno rispetto dei svariati dettami legge, a una produzione stabile basata su tre altiforni, capace di saturare tutto il personale. La proposta dei commissari è quella di abbassare ulteriormente i numeri della cassa, di garantire rotazione e formazione, ma per la nostra organizzazione  questo ancora non basta, e servono ulteriori garanzie per un’integrazione economica e numeri di utilizzo ribassati ulteriormente».

LA QUESTIONE CENTRALE E LE INSODDISFAZIONI DEI SINDACATI

Proseguono al riguardo i sindacalisti di Usb: «Abbiamo però ribadito anche che, a nostro avviso, la questione centrale, al di là della gestione della “ripartenza”, diventa da subito quella che riguarda il bando di vendita e le condizioni dello stesso. Secondo noi infatti non è stato sufficiente il racconto dei commissari e del Governo su quelle che sono le condizionalità o i requisiti per l’acquisto degli stabilimenti da parte di uno dei sei soggetti privati che si sono affacciati a questa vicenda. I requisiti, infatti, oltre a non essere stati oggetto di una discussione preventiva con noi, ci sembrano ancora troppo generici e privi di una reale indicazione sul futuro concreto dell’azienda. Serviva dal Governo un vero chiarimento sull’idea di carbonizzazione, di cosa questo significa concretamente, anche per quanto riguarda la paventata realizzazione dei forni elettrici su cui oggi non si è detto nulla. La nostra organizzazione ha quindi ribadito la necessità di un confronto nel merito sulle condizioni di ingresso di un eventuale nuovo soggetto. Per noi  serve una prima fase di accompagnamento pubblico reale per evitare il ripresentarsi di una nuova Arcelor Mittal. Per Usb è prioritaria la garanzia totale dell’occupazione, della tenuta unitaria del gruppo (no allo spezzatino tra stabilimenti), dell’indotto e ovviamente abbiamo ribadito che i lavoratori di  Ilva in amministrazione straordinaria devono essere dentro a questo percorso».

Condividi: