IMMOBILIARE, affitti brevi. Un settore che produce reddito: le cifre sfatano i luoghi comuni

A Milano solo il 2,4% delle case d’abitazione viene «messo a reddito» mediante gli affitti brevi; gli annunci stabilmente on line costituiscono solo lo 0,9% del totale. Ad avviso dell’Associazione italiana gestori affitti brevi (AIGAB) «errato pensare di limitare e attribuire a questo mercato il caro affitti, poiché i canoni di locazione tradizionali scendono quando vengono poste in essere politiche di edilizia residenziale pubblica», aggiungendo che in questo caso «non possono essere i privati a pagare». L’indotto dei soli viaggiatori che dormono nelle case online in Città è stimato in circa 1,89 miliardi di euro, di cui 474 milioni speso per trasporti, 570 milioni in ristorazione, 167 milioni in cultura, 513 milioni in shopping e 56 milioni presso agenzie di viaggio. È inoltre stimabile che circa il 74% del prodotto interno lordo, pari quindi a circa 1,8 miliardi, sia direttamente consumato sul suolo cittadino, lasciando in Città circa 294 milioni di Iva (Imposta sul valore aggiunto) e quasi 54 milioni di cedolare secca, oltre all’imposta di soggiorno versata al Comune

Milano, luglio 2024 – Sul totale delle 809.990 case esistenti a Milano, il 63,9% vale come prima casa, il 22,6% (183.227) è affittato con la formula tradizionale del 4+4, il 13,5% (109.404) fa riferimento a case non occupate, mentre quelle messe a reddito con finalità di affitti brevi sono solo il 2,4%, pari a 19.271.000 del totale delle abitazioni complessive.

LE CASE MESSE A REDDITO

Aggiungendo dettagli, le case messe a reddito a Milano tramite lo strumento degli affitti brevi (l’80% delle quali è costituito da monolocali o case con una sola camera da letto quindi difficilmente utilizzabili da una famiglia per affitti a lungo termine) sono ⅟₁₀ di quelle affittate con la formula 4+4 e il 17% di quelle sfitte (di cui 16.423 sono di proprietà pubblica). Inoltre, se si guarda alla disponibilità, soltanto il 36% delle case sono stabilmente offerte online per tutto l’anno, mentre il 41% viene promosso online per meno del 30% delle notti. Attenzione: annuncio promosso non vuol dire venduto, ma vuol dire che l’annuncio è attivo con possibilità di prenotazione, come forma di arrotondamento da parte dei proprietari, che spesso ci vivono e magari si allontanano dalla città affittando la casa in occasione di eventi clou come il Salone del mobile.

LOCAZIONI 4+4 E AFFITTI BREVI

Secondo Inside Airbnb, per statuto contrario agli affitti brevi, a giugno 2024 stabilmente online con finalità di affitti brevi c’erano solo 7.466 immobili (pari allo 0,9% del totale), a conferma che la grande emergenza di cui si parla nei fatti e nei numeri va ridimensionata. Da un’analisi fatta su circa 8.000 immobili gestiti in dieci anni da associati AIGAB a Milano emerge che solo una minima parte di quelli entrati nel circuito degli affitti brevi proviene da quello dell’affitto tradizionale 4+4; infatti, la gran parte dell’offerta proviene invece da immobili ereditati, sfitti o abitati in precedenza da proprietari e dei quali non avranno bisogno solo temporaneamente. La quota di immobili acquistati per investimento è di circa il 12% e proviene molto spesso da famiglie di capoluoghi del Sud che acquistano immobili in vista del futuro universitario dei figli e lo trasformano in investimento temporaneo.

473 MILIONI DI EURO ALLA CITTÀ DI MILANO

AIGAB stima che i 7.000 immobili che i legittimi proprietari hanno deciso di mettere a reddito stabilmente attraverso gli affitti brevi, insieme ad altri 10.000 saltuariamente destinati a questo scopo, abbiano apportato negli ultimi dodici mesi un contributo di circa 473 milioni di euro in termini di valore delle prenotazioni nel solo Comune di Milano. L’indotto dei viaggiatori che dormono nelle case online è stimato in circa 1,89 miliardi di euro, dei quali 474 milioni speso per trasporti, 570 milioni in ristorazione, 167 milioni in cultura, 513 milioni in acquisti (shopping) e 56 milioni presso agenzie di viaggio. È stimabile che circa il 74% del prodotto interno lordo generato, pari dunque a circa 1,8 miliardi, sia direttamente consumato sul suolo cittadino, lasciando in città circa 294 milioni di euro in Iva e quasi 54 milioni di cedolare secca, oltre all’imposta di soggiorno versata al Comune.

COSTI E INDOTTO

Da queste stime vengono esclusi tutti i costi sostenuti dai proprietari per ristrutturare e arredare gli immobili che vengono posti a reddito, i compensi di architetti e fotografi e i salari del personale che si occupa delle attività di manutenzione e pulizia connesse agli affitti brevi, oltreché le imposte versate dalle tante imprese che agiscono in modo professionale nel settore, assumendo persone e ingaggiando fornitori di vario genere per sviluppare la loro attività. Inoltre proprietari e property manager effettuano sullo stesso portafoglio anche contratti transitori per periodi della durata da uno a diciotto mesi, per un valore delle locazioni stimato in circa 94 milioni. Le motivazioni del ricorso a questa tipologia di contratti sono le più disparate: cure mediche, trasloco, periodi di separazione tra coniugi, studio, trasferimento temporaneo in città; poiché essa consente di rendere efficiente l’utilizzo dell’immobile tra il mercato del breve e del transitorio.

IL SETTORE IN CIFRE

I numeri raccontano che a Milano gli appartamenti stabilmente a reddito con gli affitti brevi sono molto pochi, che il boom avviene durante i grandi eventi come il Salone del Mobile, e che gli allarmismi sono infondati. Da ricordare che le case pubbliche di Regione e Comune sono 62.000, di esse 8.500 attualmente non sono abitate e, tra l’altro, non sono tutte collocate in periferia, ma anche in centro e si tratta di immobili di pregio. I numeri dimostrano altresì che non corrisponde al vero che le locazioni brevi sarebbero la causa del caro-affitti: i costi degli affitti con contratto 4+4 anni crescono perché c’è un adeguamento con l’Istat. I property manager professionali sono in grado di modificare le tariffe tutti i giorni, frequentemente abbassando i prezzi per favorire l’occupazione, quindi esprimono una dinamica contraria.

UN MALE CRONICO: L’ASSENZA DI SERIE POLITICHE ABITATIVE PUBBLICHE

La verità è che i canoni scendono se si realizzano politiche di alloggi pubblici. La via delle limitazioni al mercato non porta da nessuna parte come dimostrano i casi di New York o Barcellona dove, oltre a violare le leggi sulla proprietà privata, gongolano gli albergatori che si vengono o verrebbero a trovare in evidente situazione di vantaggio (oltretutto i gestori professionali al pari degli hotel devono rispettare infiniti adempimenti ma non usufruiscono di contributi pubblici a fondo perduto né di cassa integrazione, a differenza di quanto avviene per la ricettività tradizionale). Accade che una famiglia erediti un immobile e debba decidere cosa farne, venderlo o affittarlo. Visto anche l’inverno demografico che caratterizza il Paese, le famiglie proprietarie optano per gli affitti brevi per integrare i propri redditi, per utilizzare queste case soggette, comunque, a fiscalità senza rischiare di perderne il possesso in caso di morosità di inquilini 4+4. Non lo fanno annebbiati da facili ricavi ma solo per tutelare la proprietà e riuscire a mantenerla senza rimetterci.

SFATARE FALSI LUOGHI COMUNI

Non è vero, infatti, che gli affitti brevi siano la gallina dalle uova d’oro: sul lordo incassato ciò che rimane al proprietario al netto delle commissioni dei portali, dei costi di pulizia, della cedolare secca è poco meno della metà, quindi stiamo parlando veramente di uno strumento di integrazione del reddito delle famiglie. Associazione italiana gestori affitti brevi (AIGAB) si è costituita nell’ottobre 2020 su impulso degli amministratori delegati delle principali imprese italiane che operano sul mercato del turismo professionale in appartamento, appunto i cosiddetti affitti brevi. Costituiscono il board Marco Celani (AD Italianway e presidente di AIGAB), Michele Ridolfo (AD Wonderful Italy e vicepresidente di AIGAB), Francesco Zorgno (CEO CleanBnB), William Maggio (presidente Joivy) e Rocco Lomazzi con Sweetguest (entrambi consiglieri AIGAB). AIGAB rappresenta cinquecento operatori professionali del settore, società con migliaia di dipendenti, circa 35mila case in gestione in tutta Italia e 590 milioni di euro di prodotto interno lordo generato per il Paese.

www.aigab.it

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