RUSSIA, crisi interna e conflitti. Putin gioca con la «statistica del pollo», ma purtroppo per lui (e per i russi) i fatti parlano chiaro

Propaganda e distrazione di massa, questi sono strumenti da sempre fondamentali per le autocrazie e le dittature in crisi. Gli apparati della «dezinformacija» plasmano e diffondono sapientemente le cifre del disagio e della povertà nel tentativo di continuare a condizionare l’opinione pubblica, che altrimenti, rilevando quotidianamente i segnali sempre più acuti di un impoverimento e delle deriva del proprio paese, potrebbero decidere di impegnarsi con maggiore incisività nella critica ed, eventualmente, nel contrasto del potere. Allo specifico riguardo, di seguito verrà ripresa l’analisi di un esperto, Ciro Maddaloni, recentemente pubblicata sul periodico “Giornale Diplomatico”

a cura di Ciro Maddaloni (esperto di e-Government internazionale), pubblicato da “Giornale Diplomatico” il 1 luglio 2024, https://www.giornalediplomatico.it/russia-gioca-con-la-statistica-del-pollo-ma-i-fatti-parlano-chiaro.htm Quando si parla di statistica, una definizione molto nota a proposito della media è quella che dice che se qualcuno mangia un pollo e qualcun altro no, in media hanno mangiato mezzo pollo ciascuno. È argomento di discussione in questi giorni per i “filo putiniani”, il valore del Purchasing Power Parity (PPP), cioè la parità del potere di acquisto.

OGGI PARLIAMO DELLA PURCHASING POWER PARITY

Il grande orgoglio dei filo putiniani è che la Russia, secondo questo indice, sarebbe la quarta nazione al mondo per parità di potere di acquisto per i suoi cittadini, superando abbondantemente il Lussemburgo, la Norvegia, la Finlandia, la Svizzera… (!!!) Insomma, la Russia è un vero Eden in terra, finalmente conclamato dopo quasi cento anni, laddove nasce il sol dell’avvenir. In realtà, se si considera invece l’indice World’s Richest Countries 2024, che pone in rapporto al prodotto interno lordo (Pil) il PPP (GDP-PPP per capita in $) la Russia è …al sessantesimo posto di questa classifica, mentre al primo si pone il Lussemburgo, con l’Italia al trentatreesimo.

UNA MEDIA «SU MISURA»

Come succede sempre, ognuno legge i numeri e confeziona la media come meglio si aggrada alla sua narrazione. Su questo tipo di disinformazione giocano le agenzie governative come la Rosstat, il Servizio statistico federale russo. Nel 2017 l’agenzia Rosstat è stata incorporata nel Ministero dello Sviluppo economico, quindi, di fatto, è sotto il controllo del governo. Ma, se i putiniani d’Italia provassero a fare letture più approfondite, scoprirebbero che in Russia circa il 25%, cioè un cittadino su quattro, vive in povertà. Probabilmente è questa la ragione per cui Vladimir Putin e le oligarchie russe devono attirare l’attenzione della popolazione su altri ben più gravi problemi, come la «denazificazione dell’Ucraina», per la quale si rende necessario avviare una «operazione militare speciale». Oppure, prepararsi a difendersi dalla vicinanza della NATO, come se quest’ultima potesse contagiare i russi con una nuova variante letale del Covid.

OLIGARCHI DALLA PANCIA PIENA

La realtà molto più semplicemente è che le oligarchie si sono mangiate il Paese e non intendono ripartire il pasto con tutti gli altri cittadini russi. Ma allora, per evitare che questi si possano ribellare bisogna deviare la loro attenzione su altri argomenti fantasiosi e galvanizzanti, finora risultati efficaci. Questo succede perché i russi, anche quelli che vivono nelle aree remote, cominciano a rendersi conto che forse qualcosa nel Paese non funziona esattamente come vuol far credere il regime. Chi ha modo di viaggiare negli Stati Baltici e in Polonia sarà in grado di notare i progressi straordinari che questi ultimi hanno potuto compiere dal momento della loro adesione all’Unione Europea nel 2004, cioè in soli venti anni.

SEGNALI DI CRISI: TENSIONI E MORTE IN DAGHESTAN

Certamente, in Russia la situazione si sta complicando. È di questi giorni la notizia che nella piccola Repubblica del Dagestan, sono stati uccisi sedici membri delle forze di polizia e trentasette sono stati feriti durante una massiccia operazione di contrasto all’azione di alcuni terroristi islamisti che avevano preso di mira una chiesa ortodossa e una sinagoga. Cinque di loro sono stati eliminati dalle forze di polizia, tuttavia, altri sono riusciti a fuggire dopo l’attentato. Due figli di Magomed Omarov (capo del distretto di Sergokalinsky) hanno partecipato all’attacco terroristico e hanno perso la vita. Magomed Omarov, membro di Russia Unita, il partito politico di Putin, è stato arrestato dopo che si è scoperto che i suoi figli avevano partecipato all’attacco.

LA SERPE NE LO PECTORE

Un’altro terrorista ucciso, Ali Zakarigaev, sempre nel distretto di Sergokalinsky, fino a tre anni fa aveva ricoperto la carica di presidente del consiglio di Una Russia giusta, partito che sostiene il Cremlino. I militari russi «sacrificati» sul fronte ucraino sono stati reclutati nella loro stragrande maggioranza proprio in quelle repubbliche periferiche caucasiche, dove è stato facile attirarli con una paga allettante in quanto gente disperata, una diaria del soldato che in troppi casi è servita solo a pagargli il biglietto verso l’aldilà. Attualmente la situazione nella Federazione Russa è in fermento, e non solo per le vicende del fronte ucraino, ma anche per quelle interne. È questo un segnale per Putin? Vedremo come andrà a finire, poiché le tensioni aumentano, anche adesso che la Russia è al quarto posto al mondo per PPP.

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