SCENARI, summit e considerazioni. Conferenza sull’Ucraina: Pechino nega l’evidenza

Del centinaio di stati e organizzazioni partecipanti alla conferenza di pace per l’Ucraina tenutasi a Bürgenstock domenica scorsa, soltanto 84 sono riusciti a concordare una dichiarazione finale, poiché non è pervenuto alcun sostegno da parte dai Brics, cioè India, Brasile e Sud Africa, mentre Cina Popolare e Russia non hanno partecipato

a cura di Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano in ausiliaria e membro del direttorio della NATO Defense College Foundation – Confrontando l’elenco delle delegazioni partecipanti alla conferenza con quello degli stati che hanno sostenuto la dichiarazione finale, emerge la rilevanza numerica di coloro i quali non ne hanno concordato l’indirizzo.

I BRICS «SI TIRANO FUORI»

Si tratta in particolare di Armenia, Bahrein, Brasile, India, Indonesia, Colombia, Libia, Messico, Arabia Saudita, Sud Africa, Suriname, Tailandia ed Emirati Arabi Uniti. Ciò che ha avuto maggiore evidenza è stata la mancanza di sostegno da parte dei Brics, gruppo nel quale la Cina Popolare riveste una leadership di natura economica. Brasile, India e Sud Africa hanno partecipato ai lavori, ma attarevrso il loro capo dello stato, seppure per il grande Paese sudamericano ne è anche intuibile la ragione, dato che il presidente Lula Ignácio da Silva è attualmente impegnato in negoziazioni anche tra i belligeranti, dunque riveste sostanzialmente un ruolo terzo.

IL SOFT POWER CINESE HA FUNZIONATO

Quindi, il soft power cinese avrebbe funzionato. Al vertice di Bürgenstock i Capi di Stato e di Governo partecipanti non sono riusciti a trovare una intesa su di un approccio chiaro che coinvolgesse la Russia nel processo di pace. Non c’è consenso sulla questione e non è dato prevedere se, quando ed eventualmente come, la Russia potrebbe venire coinvolta in futuro. Saranno dunque necessari ulteriori passi, con la Svizzera che è pronta a fare la sua parte, almeno stando a quanto dichiarato dal ministro della Difesa della Confederazione elvetica Viola Amherd. «La conferenza ha creato slancio – ha ella affermato -, la dichiarazione del vertice invia un segnale comunque forte, poiché sono necessari cambiamenti ed esistono idee comuni per una pace giusta e duratura».

IL PROBLEMA PIÙ EVIDENTE

Nel suo intervento la Amherd ha anche fatto cenno al tema della messa in sicurezza degli impianti nucleari, dell’accesso dell’Ucraina ai propri porti (con il commercio del grano ucraino che ne costituisce la principale ragione), il rilascio di tutti i prigionieri di guerra e il ritorno in patria dei minori che sarebbero stati deportati in Russia dai soldati e dai mercenari di Mosca. Ma, il problema più evidente risiede nel sostegno fornito al Cremlino della Cina Popolare, che attraverso di esso abilita la guerra di aggressione di Putin. Su questo aspetto concordano anche i leader delle economie più avanzate del mondo, che hanno inasprito i toni nei confronti di Pechino, minacciando altresì ulteriori sanzioni contro chi sostiene materialmente la macchina da guerra di Vladimir Putin.

DURO AVVERTIMENTO DEL G7

Il duro avvertimento del vertice annuale del G7 di Fasano viene lanciato nel mentre gli Stati Uniti d’America intensificano i loro sforzi diplomatici allo scopo di convincere l’Europa ad adottare una posizione più dura nei confronti della Cina Popolare, che aiuta il settore militare-industriale russo. «Il continuo sostegno della Cina Popolare alla base industriale della difesa russa sta consentendo a Mosca di proseguire la sua guerra illegale in Ucraina e ha implicazioni significative e di ampio respiro sulla sicurezza», hanno sottoscritto i leader del G7 nel comunicato finale emesso venerdì in Puglia. «Chiediamo alla Cina Popolare di cessare il trasferimento di materiali a duplice uso, compresi componenti e attrezzature per armi, che costituiscono input per il settore della difesa russo». Essi hanno paventato ulteriori azioni, incluse le sanzioni, al fine di punire le entità cinesi che a loro avviso stanno aiutando la Russia a eludere gli embarghi occidentali.

PECHINO E IL DUAL USE

«Continueremo ad adottare misure contro gli attori in Cina Popolare e nei paesi terzi che sostengono materialmente la macchina da guerra russa, comprese le istituzioni finanziarie, in linea con i nostri sistemi legali, e altre entità in Cina Popolare che facilitano l’acquisizione da parte della Russia di articoli per la sua base industriale di difesa», si legge nel comunicato congiunto, che in sintesi promette di imporre «misure restrittive per prevenire abusi e limitare l’accesso ai  sistemi finanziari». Non vanno poi dimenticate le tensioni nella regione dell’Indo-Pacifico, ma Pechino respinge le accuse, replicando di non aver fornito armi a nessuna delle due parti in guerra e di avere mantenuto rigidi controlli sulle esportazioni di beni a duplice uso (dual use). Venerdì, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il rappresentante della Cina Popolare ha ribadito tale linea di difesa, accusando gli americani di usare la guerra come una scusa per diffamarli e mettere sottopressione le loro aziende.

ARMI NORDCOREANE DIRETTE A MOSCA

Ci si chiede allora quale sia il ruolo svolto dalla Corea del Nord e, inoltre, da dove siano passate le munizioni nordcoreane inviate alle forze armate russe. Gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea hanno già imposto sanzioni alle aziende cinesi e, questa settimana, Washington ha sanzionato quelle con sede nella Repubblica Popolare che forniscono semiconduttori alla Russia. «La Cina Popolare non fornisce armi, ma la capacità di produrle e la tecnologia disponibile per farlo, quindi, di fatto, aiuta la Russia», ha dichiarato giovedì scorso il presidente statunitense Joe Biden nel corso del vertice G7. Il G7 sta anche assumendo una posizione più dura nei confronti delle politiche economiche cinesi, in particolare riguardo alla sovraccapacità industriale, intraprendendo azioni contro le «pratiche sleali per livellare il campo di gioco e rimediare ai danni in corso».

INASPRITE LE SANZIONI

«Esprimiamo le nostre preoccupazioni riguardo ai persistenti obiettivi industriali della Cina Popolare e alle politiche e pratiche globali non di mercato che stanno portando a ricadute globali, distorsioni del mercato e dannosa sovraccapacità in una gamma crescente di settori, minando i nostri lavoratori, le nostre industrie, nonché la resilienza e la sicurezza economica», si legge nel comunicato congiunto del G7. Il giorno prima del vertice, l’Unione europea aveva annunciato l’applicazione di tariffe aggiuntive sui veicoli elettrici importati dalla Cina Popolare, un atto emanato a seguito di un’indagine durata mesi su quello che viene considerato un sostegno ingiusto dello Stato cinese alle aziende, che indeboliscono le case automobilistiche europee. Il mese scorso gli Stati Uniti d’America hanno imposto nuove tariffe su un volume pari a diciotto miliardi di dollari di importazioni cinesi in alcuni settori ritenuti strategici per la sicurezza nazionale, inclusi quelli dei veicoli elettrici e dei prodotti a energia pulita.

OSTINATA NEGAZIONE

Il G7 ha altresì espresso una forte opposizione a quelli che ritiene siano tentativi unilaterali di Pechino tesi a modificare lo status quo con la forza o la coercizione nel Mar Cinese Orientale e Meridionale, a Taiwan in primis. «Continuiamo a opporci al pericoloso uso da parte della Cina Popolare della guardia costiera e della milizia marittima nel Mar Cinese Meridionale e al suo ripetuto agire in ostruzione alla libertà di navigazione in alto mare dei paesi di quell’area», si legge nella dichiarazione congiunta. Lunedì il Ministero degli Affari esteri sino popolare ha criticato la posizione del G7 argomentando che avrebbe «manipolato le questioni, calunniando e attaccando la Cina Popolare». «Il G7 si è discostato da tempo dall’intenzione originaria di coordinare e stabilizzare l’ambiente economico internazionale, ed è divenuto sempre più uno strumento politico per mantenere l’egemonia degli Stati Uniti d’America e dell’Occidente», ha al riguardo sottolineato il portavoce Lin Jian nel corso di un briefing con la stampa, aggiungendo che «la sua arma delle relazioni commerciali alla fine non farebbe altro che darsi la zappa sui piedi». Ormai Pechino nega ostinatamente l’evidenza, ma i suoi alleati le si accodano al fine di tutelare i propri interessi economici.

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