GAZA, guerra e operazioni speciali. Emergono dettagli sulla liberazione degli ostaggi israeliani prigionieri di Hamas a Nuseirat

Agenti sotto copertura avrebbero risieduto per un lungo periodo nella stessa strada dove veniva segregata Noa Argamani. A raccogliere in loco le informazioni necessarie alla successiva azione dei militari sarebbe stata una squadra dello Yamam, che si è aggirata nel campo profughi, in particolare al mercato, allo scopo di ottenere dalla gente del luogo informazioni utili a una successiva verifica con quelle ottenute dai terroristi precedentemente catturati

La squadra dello Yamam (Yeḥida Merkazit Meyuḥedet) che ha poi fatto irruzione all’interno dell’edificio dove si trovavano segregati i tre giovani cittadini israeliani presi in ostaggio da Hamas, si è imbattuta in una trentina di elementi ostili e, conseguentemente, avrebbe deciso di procedere alla liberazione sotto il fuoco nemico, eliminando tutti i terroristi della zona.

MONITORAGGIO A NUSEIRAT

Secondo un’indagine condotta dai giornalisti del “Jewish Chronicle” pubblicata oggi, prima di procedere all’operazione, lo stato maggiore israeliano avrebbe inviato nella striscia di Gaza degli agenti sotto copertura, che nella città di Nuseirat si sarebbero dedicati alla raccolta delle necessarie informazioni relative ai luoghi di prigionia di Noa Argamani, Almog Meir Jan, Andrei Kozlov e Shlomi Ziv. dati essenziali dei quali sarebbero venuti in possesso già il giorno 12 maggio. È stato da allora che le attività di ogni unità dell’intelligence dello Stato ebraico sono state concentrate su quell’area, monitorandola diuturnamente al fine di ricavare maggiori dettagli essenziali al blitz.

I MISTA’ARAVIM E GLI ALTRI

Una squadra di agenti sotto copertura è stata inviata nella zona e ha vagato per il mercato del campo profughi, non soltanto allo scopo di venire in possesso di informazioni dalla gente del posto, ma anche di verificare le informazioni precedentemente ottenute dai palestinesi precedentemente catturati. Dopo diciannove giorni di intensa attività, l’intelligence era riuscita a disporre di un’adeguata messe di informazioni attendibili sulla posizione dei quattro ostaggi. In seguito, all’inizio del mese di giugno il dossier è stato sottoposto al gabinetto di guerra e al capo di stato maggiore di Tsahal, nonché al direttore dello Shin Bet (servizio segreto interno israeliano), elementi di vertice investiti della elaborazione di un piano relativo a un’operazione di salvataggio.

IN CERCA DI CASA IN AFFITTO

Intanto, allo scopo di verificare definitivamente le informazioni raccolte e preparare il terreno per l’operazione militare, un’altra squadra di agenti sotto copertura travestiti da famiglie con donne in hijab, è stata inviata a Nuseirat. Sono giunti in loco a bordo di due autovetture malconce cariche di masserizie e materassi, fingendosi famiglie di Gaza in cerca di un sistemazione alloggiativa. Quando i residenti di Nuseirat hanno chiesto loro da dove venissero e cosa ci facessero nel campo, gli agenti sotto copertura avrebbero risposto che erano fuggiti da Rafah a causa dei continui bombardamenti aerei e avevano deciso di affittare una casa nella zona. Al riguardo non sarebbe infatti un caso il fatto che i «membri di queste famiglie» abbiano indicato l’edificio dove era segregato Argamani. Essi hanno mostrato a un palestinese del posto una grossa somma di denaro e si sono offerti di pagare tre volte di più se li avesse aiutati a ottenere in locazione l’immobile.

INDIVIDUAZIONE DEL LUOGO DELLA SEGRAGAZIONE DEGLI OSTAGGI

Ottenendo il sostegno della gente del posto, nel giro di tre giorni è stato per loro possibile individuare una grande casa nella stessa strada, edificio nel quale veniva tenuta prigioniera la giovane donna israeliana, che si trovava a ottocento metri da quella dove erano tenuti prigionieri gli altri tre ostaggi. Alcuni giorni dopo, una volta stabilitisi nell’edificio, gli agenti delle forze speciali sotto copertura acquisirono una maggiore conoscenza della zona, assicurandosi al contempo di non destare sospetti tra i palestinesi. La missione stava per giungere al suo clou. Gli israeliani si sono divisi in due gruppi, uno dei quali formato da un uomo e una donna (un combattente del commando e una soldatessa), che percorrevano a piedi la strada verso un centro medico situato a una distanza di duecento metri dall’edificio dove era detenuto Argamani.

IL RISULTATO DELLA MISSIONE DI RICERCA

Sempre lungo la medesima strada, si avrebbero sostato di fronte ai negozi, mostrando un apparente interesse per la merce che vi veniva commercializzata, lamentandosi con chi incontravano per la grave situazione in atto nella Striscia. Essi conversavano in lingua araba con un perfetto accento che hanno i palestinesi di Gaza. Nel frattempo, altri quattro agenti travestiti da arabi erano in copertura, seguendoli pronti a intervenire nel caso qualcosa fosse andato storto. La seconda squadra era invece formata da quattro donne, militari israeliane vestite alla maniera delle donne arabe, con una di loro che fingeva di essere incinta. Esse recavano al seguito alcuni sacchetti di plastica pieni di cibo, in particolare verdure, avviandosi in coppia in direzione di un vicino edificio residenziale, quello nel quale al terzo piano erano detenuti Shlomi, Almog e Andrei. Altri quattro agenti sotto copertura camminavano dietro di loro in rinforzo. Tre ore dopo, al momento prestabilito, entrambe le squadre hanno fatto ritorno nella casa presa in affitto e hanno iniziato ad analizzare le informazioni ottenute, pervenendo alla conclusione che i quattro ostaggi erano tenuti prigionieri da due famiglie palestinesi.

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