Settantacinque anni di Bundesrepublik, il presente e il futuro della democrazia in Germania, Italia ed Europa, questo il titolo dato dagli organizzatori al convegno che si è svolto presso la Sala del Camino di Palazzo Baldassini, sede della Fondazione Luigi Sturzo, un dibattito promosso su iniziativa della stessa Fondazione, oltreché del Goethe-Institut e della Konrad-Adenauer-Stiftung Italia.
L’INSEGNAMENTO DELLE COSTITUZIONI EUROPEE
Il tema relativo alla Grundgesetz è già stato affrontato da insidertrend.it – https://www.insidertrend.it/2024/05/25/esteri/germania-anniversari-grundgesetz-la-carta-costituzionale-tedesca-compie-75-anni/ -, un impianto normativo che si è rivelato idoneo a garantire alla Germania e ai tedeschi un lungo periodo di pace, benessere e libertà dopo il disastro, gli orrori e le distruzioni della dittatura nazista e della Seconda guerra mondiale. Ma, e questo è uno degli ammonimenti che gli autorevoli relatori convenuti a Palazzo Baldassini hanno inteso esprimere, nulla deve venire dato per scontato come se fosse immutabilmente garantito, poiché quegli stessi valori fondamentali fissati nella Costituzione tedesca, come per altro in quelle delle altre democrazie occidentali, oggi scontati non lo sono più, in quanto minacciati da potenziali e attuali derive autoritarie e da forti pressioni esercitate dall’esterno che agiscono per una loro mitigazione, se non addirittura fine.
MONITO DEI COSTITUZIONALISTI: NULLA È DATO PER SCONTATO
Ebbene, da queste premesse è stata avviata e impostata la discussione nel corso del convegno del quale di seguito è possibile ascoltare la registrazione audio integrale (A644) e al quale hanno preso parte Nicola Antonetti (presidente della Fondazione Luigi Sturzo), Nino Galetti (direttore della Konrad-Adenauer-Stiftung, Italia), Giulia Serena Stegher (docente di Diritto pubblico comparato internazionale presso l’Università La Sapienza di Roma), Peter Müller (giudice emerito della Corte costituzionale della Repubblica federale tedesca) e Ugo De Siervo (già presidente della Corte costituzionale italiana). I canoni essenziali che nel secondo dopoguerra funsero da principi informatori dei costituenti di questi due paesi usciti sconfitti dal conflitto mondiale e che erano reduci da sanguinarie dittature furono sostanzialmente i medesimi, cioè quegli indefettibili elementi che avrebbero reso possibile il loro atto d’ingresso nel consesso delle democrazie, sgomberando al contempo il suolo dalle macerie delle precedenti esperienze totalitarie, divenendo così parte essenziale del piccolo nocciolo duro della nuova Europa.
COSTITUZIONI TEDESCA E ITALIANA A CONFRONTO
Germania e Italia sono entrambe repubbliche parlamentari, tuttavia si differenziano per delle sostanziali differenze nelle attribuzioni del potere (cancellierato in Germania, sistema parlamentare puro in Italia) e nel grado di autonomia attribuito alle regioni/länder, in quanto la prima è una repubblica federale, mentre la seconda si caratterizza per il suo sistema unitario, seppure mitigato dalle autonomie. Oggi – hanno evidenziato i relatori al convegno di Palazzo Baldassini -, in un’Europa che non è mai divenuta un soggetto politico unitario, nello stress derivante da tale condizione i vista delle prossime imminenti elezioni per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo si scontrano due differenti indirizzi politici, uno teso al rafforzamento (e successivo completamento) dell’Unione, l’altro invece di rallentamento del processo di riforme.
ATTUALI SPINTE AL RAFFORZAMENTO DEL POTERE ESECUTIVO
Per quanto concerne l’Italia, si registra un tentativo di rafforzamento dell’esecutivo rispetto agli altri due poteri della tripartizione del Montesquieu, «un effetto – è stato sottolineato dal professor De Siervo – anche della storica fibrillazione apicale delle sue strutture apicali», questo al contrario del caso tedesco, nel quale invece si è goduto di una duratura stabilità istituzionale, che fortunatamente si è protratta fino all’attuale fase di mutamenti e di tensioni. In ogni caso, tutti sono stati concordi sulla efficacia delle due Carte costituzionali, che seppure più volte emendate, si sono dimostrate in grado di garantire la stabilità. «La Legge Fondamentale della Repubblica federale ha funzionato egregiamente – ha al riguardo sottolineato il giudice Peter Müller -, anche perché al centro di tutto è stata posta la dignità dell’uomo e, ovviamente, anche la legittimazione democratica dei poteri dello Stato». Ma, a questo punto, lo stesso Müller ha però rimarcato l’importanza del ruolo svolto da una (forte) corte costituzionale, unitamente al principio di sussidiarietà tra stato centrale e länder.
UN PANORAMA «NON RASSICURANTE»
Commentando la dinamica politica in atto in Italia, De Siervo ha espresso una propria non rassicurante opinione riguardo al possibile scenario che eventualmente si delineerebbe a valle di una riforma costituzionale realizzata nelle forme che si percepiscono dal dibattito politico di questi mesi. «Si sta tentando di trasformare la gestione del potere attraverso gli organi rappresentativi mediante la modifica della Carta costituzionale del 1948 – ha ammonito il presidente emerito della Consulta -, con il corpo elettorale che verrebbe chiamato a scegliere il capo del governo contestualmente alla scelta dei propri rappresentanti in Parlamento (…) ma, il momento elettorale nelle democrazie occidentali è sganciato dalla nomina del vertice dell’esecutivo, dunque verrebbe meno l’equilibrio dei poteri».
COR REGIS IN MANU DEI EST
A quel punto che democrazia ne deriverebbe? è stato l’interrogativo conclusivo del convegno dei costituzionalisti convenuti a Palazzo Baldassini: si vuoterebbero i poteri del Presidente della Repubblica e verrebbero allo stesso tempo erosi quelli propri della Corte Costituzionale? Il potere diverrebbe autoreferenziale, per altro in un quadro di discutibile cristallizzazione politica nel Paese che durerebbe cinque anni quale effetto della contestualità dei processi elettorali? Per le risposte bisognerà attendere gli sviluppi della politica, che come è noto in Italia guarda spesso al proprio ombelico in funzione della propria sopravvivenza. Infatti, non ancora chiaro quali saranno i tempi del varo di riforma «bandiera» del partito di maggioranza relativa che attualmente esprime il Presidente del Consiglio dei ministri. Così come non è affatto chiaro quale sarà il destino dell’eventuale referendum sulla riforma costituzionale, ammesso che si giungerà a una consultazione diretta dell’elettorato, poiché c’è chi addirittura ritiene possibile, seppure estremamente difficile (bicamerale docet) una soluzione negoziata che trovi il consenso dei due terzi del Parlamento.