POLITICA, elezioni europee. Incognite e timori: le alchimie coalizionali per il momento sovrastano gli interessi concreti

Il prossimo Parlamento di Strasburgo e Bruxelles si rivelerà decisivo ai fini del futuro della stessa Unione europea. Ma, quest’ultima sarà pronta a essere davvero unita, attiva e inclusiva? Sarà in grado di riassumere il proprio ruolo nello scenario internazionale? Quale sarà il destino del processo di integrazione? A tali quesiti si è tentato di dare una risposta nel corso dell’evento organizzato da Economy Dem, un incontro che ha avuto luogo nel pomeriggio di ieri presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati: Un’Europa più forte e unita: rafforzare la cooperazione e la mutua difesa per affrontare le sfide globali. Di esso è disponibile la registrazione audio integrale su insidertrend.it (A639)

Il prossimo 9 giugno si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo. C’è molta incertezza sul futuro dell’Unione europea, alimentata anche e soprattutto dalle notizie e dalla mesinformacija che attraverso i mass media rimbalzano quotidianamente sull’opinione pubblica, tentando di inseguire le alchimie politiche in atto alle quali apprendisti stregoni e consumate eminenze grigie si stanno applicando al fine di giungere alla pietra filosofale di una coalizione di maggioranza possibile, che tenga conto dei pronostici che vedono destre e sovranisti in crescita.

DINAMICHE E PRONOSTICI

In effetti è difficile stare dietro a queste dinamiche che rendono anche i cronisti politici più navigati degli acchiappanuvole intenti a rincorrere entità proteiformi quali, fra tutte, le possibilità di un’alleanza tra Popolari e Conservatori o tra questi ultimi e la loro destra identitaria (e democratica). L’ultima notizia è recente: Salvini e la Le Pen hanno scaricato Alternative für Deutschland, da tempo «attenzionata» da vari servizi segreti per le sue ipotizzate liaisons dangereuse con il Cremlino. La leader francese figlia del fondatore del Front National alcuni giorni or sono aveva partecipato alla convention sovranista di Madrid organizzata da  Santiago Abascal Conde, capo di Vox, evento al quale è intervenuta in video collegamento da remoto anche Giorgia Meloni. Si è stabilita un’unità di intenti tra le due dame della destra europea, si disse subito, ma di certo c’era che a venire messa di lato era stata Ursula von der layen e la sua ambizione alla riconferma alla carica di Presidente della Commissione europea.

TUTTI ASPETTANO I RISULTATI DELLE URNE PER POI FARE I CONTI

Ma nessuno si sbilancia più di tanto, almeno in pubblico. Per fare i conti, in questa fase di incertezza per l’Europa e per il mondo intero, sarà necessario attendere i risultati degli spogli delle schede. Soltanto allora tutte le ipotesi fino a quel momento esplorate, le varie e ardite, riceveranno elementi di concretezza. nel frattempo, le segreterie dei partiti politici hanno maturato la consapevolezza di trovarsi di fronte a un elettorato potenziale sempre più stanco e disincantato (l’astensionismo è dato in crescita), seppure permangano margini di possibile oscillazione nel voto. È dunque quello il bacino dove tentare di attingere consensi che potrebbero rivelarsi decisivi ai fini dell’ottenimento di un risultato utile, qualcosa stimato addirittura fino a cinque milioni di voti potenziali.

DISAFFEZIONE, INDECISIONE, OSCILLAZIONE

Se così davvero fosse, anche una parte di questo consenso potrebbe risultare fondamentale per coloro i quali nell’agone politico, anche nelle coalizioni di alleati, conduce lotte fratricide, per non parlare di quelle formazioni minori che rischiano seriamente di non oltrepassare la soglia di sbarramento e, quindi, di non eleggere propri rappresentanti a Strasburgo e Bruxelles. Ma la politica deve fare i conti con l’ormai radicato sentimento di disaffezione nei suoi confronti, in quanto ritenuta dall’opinione pubblica corrotta, clientelare e inefficace. Come se questo non bastasse, c’è la rassegnazione che con la disaffezione ha formato un combinato composto in grado di condizionare l’elettorato italiano, incidendo sulla propensione al voto e sull’assegnare del consenso sulla scheda a un partito politico diverso da quello fino a quel momento votato.

LA STATISTICA È UNA SCIENZA QUASI ESATTA…

Le statistiche (per quanto non sempre completamente attendibili) parlano chiaro: l’attenzione rivolta alla politica dagli italiani è scarsa, poiché soltanto il 32% di essi segue gli avvenimenti e le cronache, a fronte di un 68% che invece se ne distacca. L’astensionismo viene dato in aumento: le stime relative alle europee riportano una forbice aperta tra il 50% e il 54% di astenuti, fenomeno che si ritiene che danneggerebbe soprattutto i partiti del centrodestra. Intanto dalla campagna elettorale sono scomparsi i temi di reale interesse per l’Europa, divenuti scomodi nel tentativo di persuasione dell’elettorato. Poco si parla del sostegno all’Ucraina in guerra con la Russia, di quelle riforme che contemplerebbero una estensione dei poteri del Parlamento europeo e differenti maggioranze per le approvazioni degli atti; altro tema difficile è quello dell’allargamento dell’Unione europea ad altri Paesi, sotto tono le politiche agricole (la PAC in particolare, dopo le recenti performance dei trattoristi e della von der Layen); al Green Deal si fa ricorso in funzione di facili demagogie (meglio sarebbe una seria riflessione su fonti alternative, fossili e nucleare); infine, il tema più importante: la Repubblica Popolare Cinese.

PERICOLO GIALLO O SOPRAVVIVENZA?

Al momento quello delle relazioni con Pechino costituisce il nodo centrale della questione, poiché, fra l’altro, la riduzione dei volumi di scambio commerciale con i sino popolari (si legga: principalmente importazioni, ma anche altre produzioni da loro delocalizzate nel Vecchio continente) potrà rivelarsi estremamente oneroso per le economie europee, in particolare per la Germania, che assieme alla Francia (rispetto alla quale, però, le visioni al riguardo sono fortemente contrastanti) è l’unico paese europeo che ha una possibilità di fare sopravvivere i settori trainanti della sua industria nazionale, automotive e petrolchimico, fortemente interconnessi (e dipendenti) con il mercato cinese. In attesa del nuovo presidente americano cosa farà Bruxelles? E Parigi? E Palazzo Chigi?

IN ATTESA DEI DAZI SI PRODUCE PER CONTO DEI CINESI

Si limiteranno i settori da sanzionare mediante dazi commerciali per non subirne le conseguenze sul piano economico? È una possibilità, certamente. «Chiudere un occhio» sulla feroce penetrazione commerciale del dragone e anche sul sostegno che Pechino fornisce alla Russia di Vladimir Putin. In fondo, allo stato attuale non sono poche le società cinesi che hanno investito e/o delocalizzato in Europa. Lo fanno da tempo in Germania, Italia, Spagna, Ungheria (per Pechino la Budapest di Orbán è divenuta un vero e proprio hub) e nella stessa Francia di Macron. In Italia da alcuni settori politici e sindacali italiani si leva il grido di allarme sulla sopravvivenza della manifattura, e si suggerisce l’orientamento in direzione di una collaborazione più intensa con la Cina Popolare al fine salvaguardare i livelli occupazionali in comparti quali quello dell’auto attraverso l’ingresso nel Paese di aziende cinesi.

UN’EUROPA PIÙ FORTE E UNITA

Di tutto questo si è parlato ieri nel corso di un incontro che ha avuto luogo nel pomeriggio di ieri presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, evento organizzato da Economy Dem. Un’Europa più forte e unita: rafforzare la cooperazione e la mutua difesa per affrontare le sfide globali. La discussione ha praticamente coinciso con l’approvazione della prima normativa al mondo concernente l’intelligenza artificiale (AI), «un provvedimento – ad avviso dell’onorevole Fabio Porta, presente all’incontro – che costituisce un faro per affrontare le sfide future, dato che esso coniuga l’innovazione tecnologica alla protezione dei diritti dell’uomo. Esso deve essere uno strumento di crescita in contesti complessi. Si tratta in ogni caso di un esempio di cosa l’Europa può fare».

L’INIZIATIVA DI ECONOMY DEM

Il prossimo Parlamento sarà decisivo ai fini del futuro della stessa Unione europea, ma quest’ultima sarà pronta a essere davvero unita, attiva e inclusiva? Sarà in grado di riassumere il proprio ruolo nello scenario internazionale? Quale sarà il destino del processo di integrazione? A tali quesiti si è tentato di dare una risposta nel corso dell’iniziativa intrapresa da Economy Dem durante il confronto di ieri alla Camera dei Deputati. Essa si inserisce a pieno titolo nell’ambito del dibattito elettorale che prelude alle consultazioni del prossimo 9 giugno, poiché utile alla prefigurazione di scenari attendibili.

A639 – UNIONE EUROPEA, ELEZIONI 2024: INCOGNITE OD OPPORTUNITÀ? GLI SCENARI POSSIBILI. Il prossimo Parlamento sarà decisivo ai fini del futuro della stessa Unione europea, ma quest’ultima sarà pronta a essere davvero unita, attiva e inclusiva? Sarà in grado di riassumere il proprio ruolo nello scenario internazionale? Quale sarà il destino del processo di integrazione?
A tali quesiti si è tentato di dare una risposta nel corso dell’iniziativa intrapresa da Economy Dem durante il confronto che ha avuto luogo il 21 maggio 2024 alla Sala Stampa della Camera dei Deputati. Essa si inserisce a pieno titolo nell’ambito del dibattito elettorale che prelude alle consultazioni del prossimo 9 giugno, poiché utile alla prefigurazione di scenari attendibili. Vi hanno partecipato GIANNI LATTANZIO (esponente di Economy Dem e direttore editoriale di “Meridiano Italia”), DANIELA MARRANI (docente di Diritto dell’Unione europea), ANDREA CUCCI (segretario del Circolo Economy Dem), FABIO PORTA (parlamentare della Repubblica eletto dagli italiani all’estero nella Circoscrizione elettorale del Sud America), DAVIDE SABATELLI (vicesegretario di Economy Dem), TIZIANA VECCHIO (esperta di relazioni internazionali).
Condividi: