Tutto passa, agli esseri umani i capelli diventano dapprima grigi e poi bianchi, per gli aeroplani da combattimento invece la sorte è diversa: o li si cede alle forze armate di altri Stati oppure li si rottama.
L’AMX ESCE DI SCENA
E alla fine è giunta l’ora anche per l’AMX, il velivolo da appoggio tattico a suo tempo realizzato da un consorzio di imprese del settore aeronautico formato da Aeritalia, Aermacchi e dalla brasiliana Embraer, quel jet che i più maligni (tuttavia, spesso a pensare male si fa peccato però ci si azzecca) denominarono «F-32», poiché, a loro avviso, costato al contribuente italiano come due F-16 Fighting Falcoon americani, che invece sarebbero stati disponibili “chiavi in mano”. Ieri questo velivolo è uscito ufficialmente di scena e lo ha fatto presso l’aeroporto militare di Istrana, sede del 51° Stormo Caccia, nel corso di una cerimonia di commiato dopo trentacinque anni di impego in linea nei reparti di volo dell’Aeronautica militare italiana.
UNA ESTESA VITA OPERATIVA
All’evento hanno preso parte i vertici della Forza armata oltreché esponenti del Governo e numerose autorità. Presente anche una nutrita rappresentanza del personale che, a vario titolo, nel corso degli anni ha operato sull’AMX. Il primo AMX immesso in linea nell’Aeronautica militare italiana venne consegnato al 103° Gruppo Volo del 51° Stormo di Istrana nel 1989, in seguito macchine di questo tipo sarebbero poi entrate in linea anche con il 2° Stormo di Rivolto, il 3° di Villafranca e al 32° Stormo di Amendola, sostituendo così progressivamente i G.91R e gli F-104. In trentacinque anni di servizio, con oltre 240.000 ore di volo di cui 18.500 in missioni reali, l’AMX ha solcato i cieli di trentatré Stati, operando in otto diversi teatri di crisi, oltreché nel quadro di numerose esercitazioni internazionali, dai climi gelidi della Norvegia e del Canada alla sabbia del Kuwait.
L’IMPIEGO IN OPERAZIONI BELLICHE
Grazie ai diversi aggiornamenti e alle migliorie apportate nel corso degli anni, resesi necessarie per implementarne le capacità avioniche, dei sensori, dell’armamento, della precisione e dell’autonomia, questo caccia leggero è stato quindi impiegato nel corso di un’ampia gamma di missioni, da quelle di interdizione e attacco al suolo, alla scorta e al supporto ai contingenti a terra, fino alla ricognizione nell’ambito delle operazioni di Intelligence, Surveillance e Recognition (ISR). A metà anni Novanta il velivolo, conosciuto anche con il soprannome di «Ghibli», debuttò operativamente nei cieli della ex Jugoslavia, quindi nel 1999 in Kosovo. Dal 2009 al 2014 venne impiegato nel corso della missione NATO ISAF in Afghanistan, quindi nell’attacco alla Libia di Gheddafi nel 2011, infine in Iraq e Kuwait, dal 2016 al 2019 nel quadro dell’Operazione Inherent Resolve in contrasto a Islamic State.
UN MONDO SOMMERSO DI GIOIE E DOLORI
Nello spazio aereo italiano è stato tra l’altro utilizzato in missioni di ricognizione fotografica ai fini del supporto fornito dalla Difesa alle popolazioni colpite da gravi calamità, quali ad esempio quelle effettuate a seguito dei terremoti verificatisi in Emilia Romagna e nell’Italia centrale, nel caso dell’alluvione in Sardegna e a supporto del piano di azione per il contrasto dei roghi nella cosiddetta «terra dei fuochi» in Campania. «Oggi salutiamo un velivolo che ha fatto la storia dell”Aeronautica militare – ha commentato al riguardo nel corso della cerimonia di Istrana il capo di stato maggiore dell’Aeronautica, generale Luca Goretti -, per noi un aeroplano non è un semplice pezzo di ferro, è parte della famiglia. Dietro questo aereo c’è un mondo sommerso di gioie e dolori, di emozioni, di persone che lo hanno gestito, manutenuto, lo hanno portato in volo, e il pensiero va a chi tra loro non è più con noi, consentendo di raggiungere risultati e mantenere standard operativi straordinari».
GUARDARE AL FUTURO
Egli ha quindi concluso dichiarando che «oggi con un po’ di malinconia giriamo una pagina mentre ne teniamo aperte altre. Il futuro è già qui, con le linee Eurofighter e F-35 che sono ormai la spina dorsale della componente aero-tattica della Forza armata, con i velivoli di sesta generazione a cui stiamo già pensando concretamente e con nuove sfide e nuovi domini, come quello spaziale, che entrano sempre più a far parte del nostro quotidiano e del nostro ambiente operativo». Gli ultimi quattro AMX ancora operativi, due monoposto e due biposto, concluderanno nelle prossime settimane la loro attività operativa atterrando all’aeroporto di Piacenza, sede individuata per la futura realizzazione del Flying Museum dell’Aeronautica militare italiana.