«30.000 è sempre stata la stima del numero di combattenti di Hamas – esodisce Yonah Jeremy Bob nel suo articolo pubblicato oggi sul “Jerusalem Post”, https://www.jpost.com/israel-hamas-war/article-794045?utm_source=ActiveCampaign&utm_medium=email&utm_content=Israel+hopes+for++diplomatic++deal%2C+prepares+for+Rafah+invasion&utm_campaign=March+27%2C+2024+2#google_vignette -, ma ora sappiamo che si trattava di una cifra troppo bassa».
STIME DA RIVEDERE
Infatti, le fonti ufficiali aggiornate della Difesa israeliana riferivano di un numero pari a 13.000 miliziani di Hamas uccisi in combattimento, a fronte di circa 10.000 feriti (dati risalenti all’inizio del mese di febbraio) e di 2.300 fatti prigionieri. Da quel momento, allo specifico riguardo le autorità militari dello Stato ebraico non hanno più fornito dati aggiornati, riferendo esclusivamente delle catture di miliziani palestinesi effettuate nella Striscia, che sulla base del computo a oggi ammonterebbero ad almeno 3.500, per un totale di 26.000 membri di Hamas posti fuori combattimento in vario modo. Riferendosi alle unità combattenti del movimento islamista radicale palestinese, le medesime fonti martedì scorso valutavano nel numero di quattro i battaglioni di Hamas ancora attivi a Rafah e due nel centro di Gaza, per un totale di circa 6.000 uomini.
COSA RESIDUA AD HAMAS SUL CAMPO DI BATTAGLIA
Insomma, calcolando ciò che si riteneva fosse rimasto degli organici combattenti di Hamas, includendo nel computo i miliziani presenti a Rafah e quelli nell’area di Khan Yunis, si riteneva accurata una stima relativa a 30.000 combattenti palestinesi, quando in realtà, considerate anche le sacche di combattenti ancora attivi nel nord della Striscia, la forza complessiva residua di Hamas ammonterebbe all’incirca a 15.000 uomini dei 40.000 disponibili al momento dell’inzio delle operazioni militari israeliane. Tsahal avrebbe dunque messo fuori combattimento diciotto dei ventiquattro battaglioni che Hamas schirava sul terreno l’8 ottobre 2023, una cifra pari al 60% della sua forza combattente.
IL BALLETTO DELLE CIFRE
A questo punto, l’editorialista del Jerusalem Post pone una serie di interrogativi sulla questione: perché le forze armate israeliane hanno continuato a ripetere nel tempo che i combattenti nemici erano soltanto 30.000, quando, seppure ufficiosamente, alcuni funzionari governativi avevano fatto trapelare che invece era più plausibile la cifra di 40.000? Nuovi elementi sono entrati a far parte delle unità combattenti di Hamas nel corso del conflitto e questo apporto in termini di personale non è stato rilevato dall’intelligence israeliana? Egli giunge alla conclusione che è possibile che si sia trattato di mera incertezza sulle cifre reali da parte dell’intelligence, tuttavia, la ragione di questa reticenza potrebbe essere anche un’altra e rispondere a un’operazione di natura psicologico-propagandistica. Infatti, se si riduce la soglia complessiva dei combettenti nemici, considerando le medesime cifre (nominali, seppure approssimative) la percentuale muta e, conseguentemente, risulta possibile presentare all’opinione pubblica interna i progressi ottenuti sul campo di battaglia sulla base di proporzioni più favorevoli.
LO ZAMPINO DI «BIBI»
Yonah Jeremy Bob sottolinea come la linearità dei resoconti dei portavoce della Difesa israeliana si siano arrestati nella prima decadè dello scorso mese di febbraio, quando il primo ministro Benjamin Netanyahu, in evidente difficoltà sul piano politico (e non solo), è intervenuto pubblicamente dichiarando che le forze armate delo Stato ebraico avevano eliminato 12.000 uomini di Hamas, contrariamente alle precedenti e attendibili stime della Difesa, che invece riferivano di una forbice aperta tra i 10.000 e i 10.500 miliziani palestinesi morti. Quindi, il sospetto è che nel volgere di pochi giorni i vertici militari abbiano gonfiato un poco le cifre allo scopo di «renderle coerenti» con quanto dichiarato dal primo ministro del Likud.
IL TEMPO NON È ILLIMITATO
Si è dunque di fronte soltanto a una messa in scena a scopi politici e propagandistici? Forse no, poiché queste cifre non ineriscono escluvamente alla stabilità politica di un premier in difficoltà, ma anche e soprattutto alle valutazioni in termini strategici riguardo alla continuazione del conflitto. Infatti, il Paese e il suo strumento difensivo sono chiamati a delle serie valutazioni sulle scelte nell’immediato futuro, ponderando lucidamente il tempo e le energie necessarie a sconfiggere definitivamente Hamas come forza combattente. «Il tempo a disposizione di Israele non è illimitato», conclude l’analista del Jerusalem Post, e un forte segnale al riguardo è pervenuto da Washington, che ha deciso di non porre il veto alla recente Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva il cessate il fuoco. Gli americani hanno reso inequivocabile che malgrado quel voto al Palazzo di vetro continueranno a sostenere Israele nella sua lotta contro Hamas, però soltanto entro certi limiti ed entro un limitato periodo di tempo, il cui esaurimento si starebbe avvicinando rapidamente.