Pasolini è sempre stato considerato un autore vicino al popolo, intento a rinnovare gli stilemi del cinema e della letteratura neorealisti che a partire dagli anni Sessanta si andavano sempre più logorando. Attento ascoltatore della cultura della gente di borgata, è stato un autore sempre accomunato ai suoi «ragazzi di vita», che seppe descrivere, e quindi amare, nelle loro caratteristiche più singolari e vitali.
UN PASOLINI DIVERSO, BORGHESE
Ma esiste un Pasolini diverso, «entomologo» della borghesia italiana, classe sociale che, per indole e abitudini di vita, egli non amava (si può affermare senza tema d’errore che addirittura la detestasse) e dalla quale non era riamato, ma alla quale tuttavia apparteneva per nascita, estrazione e formazione. È il Pasolini autore di opere capitali quali “Teorema”, “Porcile”, “La Divina Mimesis”, “Petrolio” e, come afferma Riccardo Rosati nella prefazione al volume di Tomei (edito per i tipi di Nuova Cultura), il suo attacco alla borghesia fu un attacco «dal di dentro e non dal di fuori», compiuto da un autore alla disperata ricerca di una via di uscita a una entropia che rischiava, complici i mezzi di comunicazione di massa e il sistema politico-sociale e delle infrastrutture dell’epoca, di generare un «genocidio» delle culture popolari ed etniche senza precedenti nella recente storia umana.
L’AUTORE
Gianfranco Tomei (Roma, 1974), insegna Psicologia generale, sociale e della comunicazione presso l’Università la Sapienza di Roma; è esperto di linguaggi audiovisivi e multimedialità; regista di cortometraggi e documentari proiettati nel corso di numerosi festival e manifestazioni culturali. Da tempo approfondisce l’evoluzione dell’industria culturale nell’Italia del dopoguerra ponendola in relazione al contesto internazionale, inoltre ha pubblicato diversi articoli scientifici su Pier Paolo Pasolini, sulla sua produzione e sulle vicende legate alla sua morte violenta.