a cura di Cristina May Patucchi – Il 27 febbraio 2024 con l’introduzione attraverso la lettura delle descrizioni del racconto di Borges apparso una prima volta nel 1941, nella raccolta “Il giardino dei sentieri che si biforcano” e poi nel 1944 nel volume “Finzioni”, si è tenuto questo incontro/dialogo all’interno dell’aula assembleare del CrEF.
L’EVENTO ROMANO
Manuela Cherubini attrice, regista teatrale ed esperta di divulgazione, legge pagine del racconto e modera il dibattito. Alessandra Ghezzani docente presso l’Università di Pisa di letteratura ispano-americana ed esperta di Borges, autrice dei libri “Leggere Borges” e “Borges critico letterario. Strutture e procedimenti discorsivi” è la prima a prendere la parola. Lo spazio della biblioteca descritto da Borges in questo racconto, è un «cattivo» spazio infinito, infatti si tratta di uno spazio simbolico, autoreferenziale. La forma della biblioteca é la ricerca della conoscenza dell’uomo che, secondo l’autore, non può che essere fallimentare. Più che un luogo infinito e fisico, appare come un disegno circolare di Escher, praticamente un labirinto che non porta da nessuna parte. All’interno di questo spazio, Borges pone anche degli specchi, che sono elementi di ambiguità. Dice di odiare gli specchi in quanto illusorietà del reale e moltiplicazione dell’infinito. Parla anche di estetica, dando più importanza al lettore che non allo scrittore. Una forma di pessimismo surrealista: é già stato scritto tutto e un romanzo nuovo, non può che nascere dal caso.
SPAZIO FINITO O INFINITO?
Alessandro Londei fisico ricercatore di Sony CSL ed esperto di intelligenza artificiale, si pone la domanda della misurazione e quantificazione dei libri all’interno del racconto. Attraverso una formula matematica si é divertito a calcolare il numero dei libri contenuti nella biblioteca arrivando alla conclusione che si tratta di un numero in crescita esponenziale, difficilmente misurabile. È come gli atomi che compongono l’universo e simile ai pixel che compongono le immagini dell’intelligenza artificiale. Ma è intelligente la biblioteca? Londei pensa che la matematica è autoreferenziale come la Biblioteca di Babele e consente formulazioni teoriche, ma spesso si ottengono spunti di creatività come per molte scoperte della fisica in modo del tutto casuale. La biblioteca non è intelligente è solo una biblioteca, un insieme di combinazioni di parole, come un insieme di pixel in un’immagine AI.
REALTÀ O POSSIBILITÀ?
Silvano Tagliagambe professore emerito di filosofia della scienza, fisico ed epistemologo, parla di come sia stata affrontata da diversi autori l’idea di un limite alle possibili scoperte. Per esempio Musil nei racconti di “Incontri” del 1911 rompe gli schemi narrativi tradizionali presentando una struttura circolare (alla Escher) in cui la vita è come in uno stato di sospensione tra il reale ed il possibile come se il “forse” diventi l’unica possibilità per ottenere la creatività. Ma le scoperte non sono destinate ad esaurirsi e come dice Popper l’uomo può raggiungere la verità ma non la certezza. Cambiano le relazioni fra l’osservatore e gli strumenti per osservare, che mutano a loro volta, perché si evolvono. Borges descrive una non biblioteca come una miriade di possibilità. Si comporta come il pittore suprematista Malevich nel momento in cui dipinge il celebre quadrato nero su sfondo bianco, perfezionandolo poi con il quadrato bianco su sfondo bianco. Eplora così le infinite possibilità spaziali. Un punto nero inserisce il principio di ordine, di classificazione. Dante nel XVII esimo canto del purgatorio dice: «Poi piovve dentro all’alta fantasia…», ed è per questo verso dantesco che Calvino usa questa metafora nelle Lezioni americane: «La fantasia è un posto dove ci piove dentro».
CREATIVITÀ E INTELLIGENZA
In pratica il professore sostiene che la creatività, l’intelligenza, deve venire da altro, fuori dagli schemi. E così si può decidere che senza, metalinguaggi non c’è genio, non c’è intelligenza e che se si rimane all’interno degli schemi, come per Chat-GPT e per AI non c’è invenzione. Come esempio cita l’osservazione delle due scimmie in uno zoo che giocano a fare la lotta. Entrambe sanno di giocare a fare la lotta ma se una smette di saperlo, la lotta diventa una guerra. Un meta-linguaggio che è autoreferenziale come la matematica ma che solo casualmente può portare a nuove scoperte. L’intelligenza è conoscere e operare un’analisi comparativa come per Leibniz (principio di ragione sufficiente) ma molti scienziati ultimamente hanno litigato perfino per trovare una definizione comune di cosa sia. Borges con la sua visione di spazio angosciosa e labirintica, ci porta un po’ a una riflessione su noi stessi e all’unione tra celo terra e mare. Una unione mitologica come nella civiltà nuragica. Secondo questo fisico non è un caso che il Sardinia Radio Telescope, inaugurato nel 2011 dall’Istituto di Astrofisica, si trovi nel sud della Sardegna dove otto secoli prima della nascita della filosofia a Mileto, esistevano già questi principi di unità fondamentali dell’Universo.
ALCUNE RIFLESSIONI FINALI
Chiuderemo con le ultime parole di Borges: «Se l’onore e la sapienza non sono per me, che siano per altri. Che il cielo esista. Anche se il mio luogo è l’inferno. Che io venga oltraggiato e annichilito, ma che in un istante, in un essere la tua enorme biblioteca si giustifichi. Alessandra Ghezzani termina ricordando nuovamente come per l’autore sia di gran lunga più importante il lettore rispetto allo scrittore, in quanto tutto è riconducibile a sole quattro storie e la bellezza nasce solo da una loro mescolanza casuale, mentre il lettore può renderne viva l’estetica. Questo mi riporta a un epigramma di Marziale che sicuramente l’autore conosceva e apprezzava: «Oh Fidentino, il libro che stai leggendo è mio, ma se lo leggi male diventa tuo».