Milano, 8 marzo 2024 – Il settore automotive registra oggi un numero crescente di manager donna, tuttavia persiste ancora un gap da colmare, soprattutto in termini retributivi, che risulta ancora più evidente nelle posizioni apicali delle strutture aziendali.
DONNE E MOTORI
Per quanto concerne gli acquisti di autovetture, è stato rilevato che oltre quattro di essi su dieci vengono effettuati da donne, che spendono in media 7.000 euro in meno degli uomini. Questi sono stati i principali spunti di riflessione emersi dalle discussioni che hanno avuto luogo nel corso della terza edizione del Pink Motor Day, l’evento promosso a Milano dalla rivista Fleet Magazine in collaborazione con l’Osservatorio Top Thousand, che ha ricevuto il patrocinio del Comune di Milano e delle associazioni ANIASA, UNRAE e Valore D. Quest’anno il focus dei lavori è stato posto sul gap salariale sussistente tra i due generi, su come esso si manifesta nella vita lavorativa quotidiana e sulle possibili modalità di un suo superamento.
IL DIVARIO DI GENERE
Al centro del dibattito alcune cifre utili a definire i contorni di una problematica caratterizzata da opportunità mancate e diseguaglianze. Nel 2022 lo stipendio medio di una lavoratrice donna è stato pari a 20.378 euro, quello di un uomo di 27.254 (dati INPS); sempre l’Istituto pensionistico ha certificato che il differenziale di genere del reddito medio da lavoro supera i 9.000 euro nelle classi di età adulte oltre i quarantacinque anni, raggiungendo l’apice tra i cinquanta e i cinquantaquattro anni, con un differenziale di circa 9.500 euro tra uomini e donne. Analizzando nel particolare lo specifico settore industriale si è cercato di comprendere come l’automotive stia colmando questo divario.
QUALCOSA SI MUOVE
A una survey di Gi Group Holding soltanto il 50% degli intervistati ha dichiarato che la propria azienda garantisce parità di retribuzione e opportunità alle donne, il 40,8% offre alle lavoratrici orari flessibili, congedi parentali e facilitazioni. Sulla base delle risultanze di questo studio l’Italia è risultata il paese «più attento» tra gli undici presi in esame nell’impegno a garantire la parità di retribuzione e opportunità di avanzamento di carriera (66%), posizionandosi non male anche nella promozione di modelli e di leadership femminile (56% delle aziende), oltreché nell’organizzazione di iniziative di inclusione e sensibilizzazione (54%). Qualcosa, dunque, si starebbe muovendo nell’industria dell’auto, tuttavia, molto resta ancora da fare.
IL TEMA DEL GENDER GAP
Il tema del gender gap è stato affrontato nel video messaggio di Alessia Cappello, assessore allo Sviluppo economico e alle Politiche del lavoro con delega al Commercio, Moda e Design del Comune di Milano: «Serve un cambiamento culturale per cancellare i molti stereotipi che resistono – ha ella affermato -, ancora oggi si parla di lavori da donne e lavori da uomini. Come Comune di Milano abbiamo avviato diverse iniziative per promuovere l’empowerment femminile. Ad esempio supportando le donne, circa 55.000, che sono uscite dal mondo del lavoro nel corso della pandemia; oppure attraverso il progetto Mentorship Milano, fornendo a centocinquanta giovani l’opportunità di venire affiancate da donne affermate, che così le hanno potute supportare nello sblocco dei loro talenti e delle loro capacità. Altro efficace strumento reso disponibile dalla nostra amministrazione è quello della premialità nei bandi di gara pubblici nei confronti delle imprese che hanno conseguito la certificazione della parità di genere».
ACQUISTI E SPESA
Il Pink Motor Day è stato inoltre una occasione per presentare l’analisi relativa alle donne e l’auto, illustrata da Cristiana Petrucci, responsabile del Centro studi e statistiche di UNRAE. Facendo il punto sugli acquisti di vetture da parte delle donne è emerso come nel 2023 quattro autovetture su dieci siano state acquistate da donne a un costo medio di 24.500 euro, quindi 7.000 euro in meno di quanto fatto dagli uomini, che invece hanno speso mediamente più di 31.000 euro. Sulla medesima percentuale si attesta il numero delle auto circolanti condotte da donne, pari al 40% degli oltre 31 milioni di veicoli del parco privati. Le autovetture preferite dalle donne si concentrano nei segmenti A e B (che considerato unitariamente costituisce l’82% del totale), a fronte del 60% degli uomini, che invece presidiano in modo significativo anche il segmento C. Una scelta che rivela come in molti casi la vettura intestata a una donna sia la seconda auto di famiglia, con necessità dimensionali più contenute.
EMPATIA FEMMINILE E SEGMENTI DI MERCATO
Infine, l’analisi ha registrato altresì le preferenze relative alle motorizzazioni: in testa si è posto il motore a benzina (scelto dal 38,3% delle donne), seguito dall’ibrido (35,6%), quindi dall’alimentazione a gas propano liquefatto (GPL) (14,6%); il diesel si ferma al 7,2% (mentre tra gli uomini raggiunge l’11,7%), infine, l’elettrico, al 2,8%, risulta ben al di sotto della media nazionale. Attraverso i loro interventi, manager, imprenditrici e giornaliste hanno inteso sottolineare la necessità per le aziende dell’automotive e del settore della mobilità, di puntare sulla parità di genere, questo non soltanto per una questione etica, ma anche per implementare la competitività. Alla luce della crescente platea di donne che oggi acquistano un’auto, avere una o più donne nel top management, elementi in grado di meglio intercettare esigenze e preferenze di questo importante segmento di mercato, può risultare un fattore determinante.
AUTOMOTIVE: RETRIBUZIONI E PENSIONI
Le dimensione del gender gap nella retribuzione sono state poste in evidenza da Rita Querzè, giornalista del Corriere della Sera e autrice del libro “Donne e lavoro. Rivoluzione in sei mosse”. «I dati resi noti da Eurostat quantificano il divario medio in termini retributivi tra uomini e donne per ogni ora lavorata in Europa pari al 12,7 per cento. La parità retributiva è formalmente garantita, però non è quella sostanziale: le donne, infatti, sono occupate in settori meno remunerati e fanno meno carriera. Guadagnano meno fin da subito: secondo le rilevazioni effettuate nel 2021 da Almalaurea, a cinque anni dalla laurea vengono retribuite il 16,9% di meno rispetto agli uomini. Mentre, secondo ancora Eurostat, in Italia le dirigenti guadagnano il 23% in meno dei maschi e, secondo l’Istat, il 27,3% in meno. Di conseguenza, anche le pensioni risultano essere poi del 36% più basse».
RETAGGI CULTURALI, SOCIALI ED ECONOMICHE
Sul medesimo tema, grazie ad altre significative informazioni, Barbara Falcomer (Managing Director di Valore D) ha evidenziato come «l’80% delle aziende che lavorano con noi ha sottoscritto il nostro Inclusion impact index. Registriamo una minore presenza di donne, poiché risultano essere all’incirca il 40% della popolazione aziendale; le dirigenti sono il 23% mentre i quadri un terzo del totale. Purtroppo il divario di genere è ancora significativamente elevato, le cause di questa situazione si rinvengono negli aspetti culturali, sociali ed economici che caratterizzano il Paese e che richiedono tempi lunghi e un approccio sistemico per essere modificate».