ENERGIA, biocarburanti. Eni: la produzione in Africa è «al palo»?

L’indagine sui progetti di Eni in Kenya e nella Repubblica del Congo mostrerebbe come il Gruppo di Piazzale mattei stia facendo fronte a grandi difficoltà nella produzione su larga scala di colture di biocarburanti resistenti alla siccità. Secondo il resoconto dell’inchiesta condotta in collaborazione con The Continent da Transport & Environment, l'associazione indipendente ambientalista europea che concentra il focus delle proprie attività sui trasporti

a cura di Transport & Environment, 24 febbraio 2024 – Sviluppare specifiche colture per aumentare la produzione di biomasse, quindi sostenere l’utilizzo dei biocarburanti come alternativa al petrolio e al gas. Questo il piano di Eni in Africa, sostenuto fortemente dal governo italiano, che, però, non starebbe andando nel verso sperato, come rivela la nostra indagine, dalla quale emerge che non si starebbe mantenendo la promessa di produrre migliaia di tonnellate di colture energetiche per biocarburanti. (¹)

LA SCOMMESSA DI ENI

Eni ha puntato molto sui biocarburanti, è notizia dello scorso mese la firma di un importante accordo con Ryanair per la fornitura dei cosiddetti combustibili sostenibili per l’aviazione (SAF). Il governo italiano, d’altra parte, guarda all progetto di Eni considerandolo parte integrante della sua strategia per arginare, attraverso lo sviluppo economico locale, i flussi migratori dall’Africa. Una parte fondamentale di questa strategia riguarda appunto gli investimenti energetici. Durante il recente summit Italia-Africa, la Presidente del Consiglio Meloni ha parlato dell’Italia come di un naturale hub energetico tra l’Unione europea e l’altra sponda del Mediterraneo.

COLTURE DI RICINO E IMPEGNI INDUSTRIALI

Eni ha promesso di creare un’intera filiera di «oli sostenibili» da colture agricole e ha strutturato accordi con sei Paesi africani per sviluppare degli agri-hub che forniranno olio vegetale per le sue raffinerie italiane. La principale coltura su cui Eni sta scommettendo, quella del ricino, è stata presentata come resistente alla siccità e adatta alla coltivazione su terreni di scarsa qualità. Gli impegni industriali di Eni sono eccessivamente ambiziosi? Interviste sul campo con agricoltori e altre figure chiave nei paesi dove la stessa azienda sostiene che i progetti sono più avanzati (Kenya e Repubblica del Congo) mostrano però come Eni avrebbe promesso troppo e fornito troppo poco. L’analisi dei dati in Kenya mostra che l’Eni non è riuscita a raggiungere nemmeno un quarto dei suoi obiettivi di produzione per il 2023, mentre nella Repubblica del Congo i progetti dell’Eni sono fermi allo stadio pilota da più di diciotto mesi.

FOCUS KENYA

Focus Kenya: Eni ha esportato solo il 24,5% del suo obiettivo iniziale. I dati doganali analizzati da T&E, che coprono il periodo gennaio-novembre 2023, indicano che sono state spedite dal Kenya in Italia 7.348 tonnellate di olio di ricino. Questo quantitativo si componeva di due spedizioni, una a luglio e una ad agosto 2023. Ma, stando all’agenzia di reporting dei prezzi delle materie prime Argus (²), nessuna ulteriore spedizione di olio di ricino è stata effettuata, tra settembre e novembre 2023; il che suggerisce che Eni avrebbe esportato appena il 24,5% delle 30.000 tonnellate/anno pianificate (³), cioè meno di un quarto del suo obiettivo iniziale fissato per il 2023, così come indicato nel suo paper “Seeds for Energy”. Quello stesso obiettivo è stato successivamente rivisto al ribasso (20.000 tonnellate/anno) nel report annuale dell’azienda del 2022. (⁴)

AGRICOLTORI E COLTURE

In risposta alle domande poste dal team investigativo di Transport & Environment, Eni ha rifiutato di fornire cifre sui volumi di produzione spediti dal Kenya in Italia nel 2023. Raggiungere l’obiettivo di 200.000 tonnellate entro il 2026 (così come pianificato dall’azienda) renderebbe necessario un aumento della produzione di ventisette volte quella dello scorso anno. Focus Kenya. Le testimonianze degli agricoltori kenioti raccolte da T&E mostrano come l’azienda abbia appaltato la semina e il raccolto delle colture a una complessa rete di intermediari e cooperative, causando inefficienze e delusioni per migliaia di piccoli agricoltori. In assenza di un supporto adeguato da parte di Eni e dei suoi agenti e complice la peggiore siccità degli ultimi quaranta anni, tanto i raccolti quanti i ricavi degli agricoltori sono stati gravemente colpiti.

FOCUS CONGO

Focus Congo: approccio diverso, ma stesso risultato. Nella Repubblica del Congo, Eni sta adottando un approccio diverso. Invece di fare affidamento sull’agricoltura su piccola scala, il gigante petrolifero sta collaborando con grandi aziende agricole. Tuttavia, le difficoltà incontrate nell’adattare le varietà di semi alle condizioni locali starebbero rallentando i progetti. Le produzioni commerciali successive allo stadio pilota devono ancora partire; nel mentre, gli agricoltori locali in due dei siti pilota di Eni in Congo affermano anche che le terre tradizionalmente coltivabili sono state espropriate dal governo a favore delle aziende agricole con cui la multinazionale italiana sta lavorando, Agri Resources e Tolona, mettendo in dubbio i benefici per la popolazione locale.

L’AFFLUSSO DI OLIO VEGETALE IN ITALIA

Il flusso di olio vegetale verso l’Italia non è ancora iniziato. Nonostante (insieme al Kenya) quella congolese sia la «più avanzata» tra le iniziative per la produzione di biocarburanti da parte di Eni in Africa, il flusso di olio vegetale dal Paese centrafricano verso l’Italia non è ancora iniziato. Gli obiettivi di produzione di Eni in Congo sono solo leggermente meno ambiziosi rispetto al Kenya: 170.000 tonnellate all’anno previsti dal 2026, ma dopo diciotto mesi di fase pilota nessun olio vegetale è stato prodotto. Non essendo riuscita, nel corso del 2023, a fare progressi verso la produzione commerciale in Congo, Eni ha comunicato a T&E che «le attività sono in preparazione per la stagione agricola 2024». L’azienda condurrà prove pilota su 1.200 ettari di terreno e afferma di aver «individuato» 20.000 ettari dove coltiverà ricino a partire da settembre. Queste attività verranno condotte nelle stesse regioni dove si sono svolte le prime infruttuose prove, in particolare nelle regioni di Niari e Bouenza in cui operano Agri Resources e Tolona, nonché nella regione di Pool. Solo le «varietà più performanti» verranno adottate nel 2024, ha detto Eni.

IL PROBLEMA DELLA SICCITÀ

Non esistono colture miracolose. «È la prima volta che una compagnia petrolifera entra nel business delle coltivazioni per la produzione di carburante. Questo rappresenta un tentativo importante di incrementare la produzione di biocarburanti», commenta, Agathe Bounfour, responsabile del programma Oil & Gas di T&E. «Le evidenze raccolte in Kenya e in Repubblica del Congo suggeriscono che queste nuove fonti energetiche su cui sta puntando Eni non porteranno sviluppo in Africa, tantomeno saranno una soluzione per i fabbisogni energetici europei. Le producibilità di miracolose colture energetiche resistenti alla siccità in terre aride appare troppo bella per essere vera. E in effetti non lo è».

I PRESTITI DELLA BANCA MONDIALE

210 milioni di prestito per Eni Kenya. Tuttavia, la International Finance Corporation (IFC), che investe fondi pubblici per conto della Banca Mondiale in progetti di sviluppo guidati dal settore privato, sta considerando di concedere un prestito di 210 milioni di dollari a Eni Kenya per sviluppare ulteriori agri-hub nel paese. Al momento della pubblicazione, l’IFC ha dichiarato a T&E che riguardo a tale prestito non è ancora stata adottata alcuna delibera, ma non ha fornito dettagli sulla tempistica per una eventuale decisione di investimento. Eni continua gli investimenti nel fossile. Mentre la strategia sui biocarburanti stenterebbe a decollare, Eni continua a investire in petrolio e in gas. Secondo un rapporto del 2022 di Urgewald, basato sulla Global Oil and Gas Exit List (GOGEL), l’azienda risulta essere il secondo maggior produttore di petrolio e gas nel 2021 in Africa. (⁵)

AFRICA: IL PESO DI ENI

L’approvvigionamento africano ha pesato per il 59% della produzione di idrocarburi della major italiana, che è classificata come il terzo sviluppatore di nuove risorse upstream di petrolio e gas nel continente. A fronte dei 25 miliardi di euro che l’azienda intende destinare nel quadriennio 2023-2026 per nuove esplorazioni e per lo sviluppo di nuovi progetti, nonché per mantenere le attività estrattive esistenti, sono 3,4 invece i miliardi di euro che saranno spesi nello stesso periodo per sviluppare la capacità di produzione di biocarburanti. (⁶)

Nelle risposte fornite da Eni alle domande poste da T&E viene negato di aver importato dall’Africa meno di quanto annunciato e, invece, si sottolineano «i miglioramenti attesi sui rendimenti agricoli» grazie all’introduzione di nuove varietà vegetali. Tuttavia, le testimonianze dei partner del progetto e degli esperti dirigenti agricoli kenioti sollevano dubbi sulla possibilità che l’introduzione di nuove varietà sia risolutiva dei problemi strutturali che il progetto ha incontrato finora.

I DUBBI: L’ABBANDONO DELLE TERRE

Al riguardo, Carlo Tritto, Policy Officer per T&E Italia, conclude: «Nel discorso di presentazione del Piano Mattei, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha esplicitamente fatto riferimento al progetto di Eni in Kenya, che dovrebbe arrivare a coinvolgere 400.000 agricoltori locali. Le ricerche sul campo mostrano come tanti di questi agricoltori starebbero già abbandonando le coltivazioni di Eni poiché non profittevoli. La multinazionale italiana vuole arrivare a importare 700.000 tonnellate all’anno dagli agri-feedstock africani nei prossimi anni, ma nel 2023 ha raccolto poco più di 7.000 tonnellate dai suoi progetti più avanzati. Difficile non interrogarsi sulla solidità della sua strategia in Africa, così come sugli orizzonti di sviluppo paventati dal Governo italiano, che nei biofuels individua anche un asset chiave per la decarbonizzazione. Il tempo dirà se questo piano sarà davvero un gigante dai piedi d’argilla. Certo è che, già oggi, altre forze industriali hanno investito in soluzioni energetiche maggiormente credibili per la transizione».

NOTE

(¹) L’obiettivo di produzione agricola di Eni per il Kenya nel 2023 è di 30.000 tonnellate annuali. La produzione, nei piani dell’azienda, aumenterebbe a 200.000 tonnellate all’anno entro il 2026. Nella Repubblica del Congo, Eni si è impegnata a produrre 170.000 tonnellate all’anno entro il 2026. Complessivamente, Eni si è impegnata a spedire tonnellate di olio vegetale dall’Africa, verso le nostre bioraffinerie, in aumento fino a 700.000 tonnellate entro il 2026, corrispondenti a circa un quarto della sua capacità di raffinazione

(²)  Italian biodiesel feedstock imports lacklustre, Argus.

(³) Per i calcoli in merito a questo numero, consultare pagina 20 del report completo.

(⁴) Per la risposta della compagnia in merito a questo numero, consultare pagina 20 del report completo. [Eni ha precisato che il suo obiettivo di produzione in Kenia di 30.000 tonnellate per il 2023 “si riferisce alla capacità installata [dei suoi bio-hub] e «non alla produzione» e che «come tale, l’obiettivo è stato raggiunto». Tuttavia, nel suo stesso report “Seeds for Energy” l’azienda fa chiaramente riferimento a 30.000 tonnellate entro il 2023 come obiettivo di «produzione agricola iniziale»].

(⁵) Who is Financing Fossil Fuel Expansion in Africa? Urgewald, Global Oil and Gas Exit List

(⁶) Pag. 166 di https://www.sec.gov/ixviewer/ix.html doc=/Archives/edgar/data/1002242/000155485523000 224/e-20221231.htm

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