SOCIETÀ, disabilità e povertà. Situazione in Italia

Presentato per la prima volta in Italia il rapporto sulle condizioni di disabilità e povertà nelle famiglie nel Paese. Ad avviso di suor Veronica Donatello «è necessario fornire informazioni chiare sul tema»

a cura di Veronica Giacometti, pubblicato dall’agenzia giornalistica ACI Stampa il 9 febbraio 2024, https://www.acistampa.com/story/24351/disabilita-e-poverta-in-italia-suor-veronica-donatello-dare-informazioni-chiare?utm_campaign=ACI%20Stampa&utm_medium=email&_hsmi=293465793&_hsenc=p2ANqtz-8Q8syACBIAGjH3KOBAmYX3Tzg1zjZztvIv06nRmVLwxoRysypSWfB8c5MFkT12L3dcDNMOAJc9AkPIRUCf9mqEdHuf-gRIjrTRx_UPWkF4LYORV4E&utm_content=293465793&utm_source=hs_email – Recentemente, presso l’Archivio storico della Presidenza della Repubblica è stata presentato, per la prima volta in Italia, il rapporto sulle condizioni di disabilità e povertà nelle famiglie italiane. Una ricerca davvero importante, come si evince dalle testimonianze di famiglie e istituzioni che hanno partecipato all’incontro del 31 gennaio scorso. nel paese esistono tre milioni di persone con disabilità (dato 2021) e 5,6 milioni di persone in povertà assoluta (dato 2022).

POVERTÀ E DISABILITÀ

L’appuntamento a Palazzo Sant’Andrea si inserisce tra gli eventi celebrativi del LXXV anniversario della Costituzione e la ricerca, molto approfondita, è stata condotta da CBM Italia e dalla Fondazione Emanuela Zancan Centro Studi e Ricerca sociale. La prima è un’organizzazione umanitaria impegnata nella prevenzione e cura della cecità e della disabilità e nell’inclusione delle persone con disabilità nel Sud del mondo e in Italia. La Fondazione Zancan, invece, indaga per la prima volta nel nostro Paese il legame tra condizione di disabilità e impoverimento economico e culturale. Ha partecipato all’evento anche Maria Teresa Bellucci, viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali. Dalla ricerca sono emerse cifre e dati molto «tristi», infatti, quasi una persona con disabilità su quattro vive in una famiglia che non riconosce alcun attore della rete informale su cui può contare. Le 272 persone con disabilità coinvolte nell’indagine hanno un’età media di trentatré anni, la madre è la figura maggiormente citata tra coloro che se ne prendono cura, poi il padre e i fratelli-sorelle. Nel 37% dei casi c’è solo un caregiver, ed è la madre. Poco più di una persona su cinque ha beneficiato di prestazioni non sanitarie di aiuto e assistenza a domicilio erogate dall’ente locale, mentre almeno una su sei di quelle con disabilità non riceve alcun aiuto dagli enti pubblici.

UNA SITUAZIONE DIFFICILE

«Negli ultimi quattro anni – rende noto Massimo Maggio, direttore generale di CBM Italia, abbiamo rivolto il nostro lavoro anche in Italia con interventi che mirano all’inclusione e al rispetto dei diritti delle persone con disabilità, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite, nostra fonte di ispirazione. Ci siamo chiesti quale sia la portata del legame tra disabilità e povertà anche nel nostro paese. Da qui l’idea di questa ricerca sociale che desideriamo mettere a disposizione di tutti coloro che si occupano di disabilità, come strumento utile per favorire la cultura dell’inclusione». Emerge dallo studio un generalizzato senso di abbandono da parte delle istituzioni. In quasi nove casi su dieci si registra un disagio economico soggettivo. Il 62% delle famiglie non sarebbero in grado di far fronte con risorse proprie a una spesa imprevista di cinquecento euro; non si riesce sempre a mangiare carne o pesce e il 22% non riesce a riscaldare adeguatamente la sua casa; infine, il 43% delle persone con disabilità vive in famiglie in condizione di deprivazione materiale.

DEPRIVAZIONE MATERIALE

Suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale delle persone con disabilità della Conferenza episcopale italiana, ha sottolineato l’importanza di questo primo rapporto sulla disabilità in Italia: «Questa ricerca è preziosissima – ha ella affermato al riguardo -, stiamo lavorando insieme per fare rete perché alcuni numeri fanno veramente paura. Questo serve a capire dove poter continuare a lavorare. Bisogna dare informazioni chiare, quando nasce un figlio con disabilità c’è bisogno di chiarezza. Perché c’è carenza di informazione. Fino alla scuola, ok!, ma poi dopo che fine fanno? Si cerca di accompagnare le varie risposte. Stiamo cercando con le scuole e le università di formare dei quadri affinché alcune persone di disabilità possano lavorare. Deve mettersi in moto una sana competitività che mette al centro la persona e parte da una sfida reale. Spesso sappiamo quello che gli altri hanno ma non chi sono. Comprendo la fatica delle famiglie anche nel raccontarsi. Più le disabilità diventano complesse più si fa fatica, anche per il tempo libero. Stiamo lavorando affinché anche il Giubileo diventi una possibilità per tutti. È un grido muto, la famiglia con disabilità ha una resilienza molto grande. E questa può essere anche una grande testimonianza. Grazie perché lavoreremo su dei dati reali. Voglia il cielo che non ci siano più gli altri, ma solo un noi».

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