Lo ha reso noto il Ministero dell’Industria e del Made in Italy mediante una propria nota diffusa alla stampa al termine del tavolo con i sindacati. In essa si afferma che la pre-deducibilità dei crediti delle imprese dell’indotto verrà confermata eliminando quelle differenziazioni che in passato hanno generato difficoltà interpretative e applicative e provocato discriminazioni all’interno della platea.
LE MISURE ANNUNCIATE DAL MIMIT
Riguardo invece la pre-deduzione, prosegue il comunicato del dicastero di via Vittorio Veneto, priorità assoluta verrà assegnata alle imprese che hanno erogato le proprie prestazioni, senza soluzione di continuità, fino al giorno della decretazione dell’amministrazione straordinaria, contribuendo così a garantire la continuità produttiva. Sarà inoltre previsto l’esonero dal pagamento delle commissioni una tantum per l’accesso al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e per il mancato perfezionamento delle operazioni garantite. Per la misura della garanzia diretta sarà previsto un innalzamento all’80% per tutte le operazioni.
CONTRIBUTI ALLE IMPRESE DELL’INDOTTO
Per quanto concerne le operazioni di riassicurazione, la copertura del fondo da parte del Medio Credito Centrale verrà incrementata fino al 90% sulle garanzie rilasciate in prima istanza dai confidi non superiori all’80 per cento. Si lavora inoltre all’istituzione di un fondo di sostegno alle imprese dell’indotto, che secondo quanto annunciato dal MIMiT dal quale verranno attinte risorse per un contributo, nell’ambito del de minimis, finalizzato all’abbattimento degli interessi che le imprese dovranno corrispondere sui mutui per nuova liquidità.
LE REAZIONI DEI SINDACATI
A seguito della conclusione dell’incontro tra le organizzazioni sindacali e i ministri Adolfo Urso e Marina Elvira Calderone, il segretario nazionale della Fim Cisl, Valerio D’Alò, ha apprezzato la volontà del Governo di ricercare una soluzione al problema degli ammortizzatori che tuteli tutti i lavoratori. «Registriamo positivamente che si voglia trovare una soluzione al problema degli ammortizzatori per i dipendenti delle ditte dell’appalto – ha egli dichiarato -, l’idea che si stia lavorando a un ammortizzatore unico che possa inglobare tutte le realtà che rientrano nella crisi dell’Ilva è sicuramente un punto positivo. Bisognerà però lavorare per rafforzare le tutele per le imprese e per i crediti, affinché si riesca a trovare una soluzione anche per loro in caso di un’amministrazione straordinaria, come pare si vada palesando, intervenendo sugli istituti che possano cedere liquidità per far fronte alle necessità delle aziende».
AMMORTIZZATORI SOCIALI E IMPIANTI SPENTI
Ad avviso di Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, «l’appalto risulta fondamentale per superare l’emergenza e guardare al futuro. Egli ha sottolineato come «le aziende dell’appalto e i lavoratori stiano vivendo un dramma inimmaginabile e insopportabile, poiché la situazione negli stabilimenti è grave, in particolare a Taranto, dove il disegno di chiudere gli impianti si sta portando a compimento e l’unico altoforno in marcia ridotta è il numero 4, mentre l’altoforno 1 è fermo da agosto, nonostante dovesse fermarsi soltanto per un mese, con il 2 che è stato fermato ieri; proprio in queste ore stanno montando ponteggi per mettere i dischi ciechi alle batterie settima e ottava. Il cronoprogramma di spegnimento annunciato nel 2019 questa volta si sta compiendo senza alcuna comunicazione ufficiale, sotto gli occhi dei lavoratori e nel silenzio assordante. La spiegazione questa volta non è legata a nessuno scudo penale, quell’alibi non c’è più, ma alle aziende dell’appalto che manifestano. Una minaccia inaccettabile. Non possiamo permettere tutto questo, se spengono anche l’ultimo forno in marcia dobbiamo dire addio alla siderurgia in Italia e all’ex Ilva una volta per tutte».
APPALTI SENZA CORRISPETTIVI
«Malgrado la gravità del momento – prosegue il segreatario generale della Uilm – le aziende di appalto stanno garantendo la sicurezza degli impianti senza essere pagate. Nel 2015 hanno già perso complessivamente 150 milioni di euro e non possono perderne altri 180 per colpa di una gestione fallimentare e scellerata. Il sistema, che è fatto di manutenzioni, servizi, forniture e trasporti è il cuore che supporta l’attività produttiva e interessa 5.500 lavoratori che vanno tutti difesi e salvaguardati. Vanno utilizzati immediatamente i 320 milioni di euro per garantire la sopravvivenza di tutte le aziende dell’appalto, sia quelle piccole che quelle più grandi, che più degli altri stanno sopportando il peso di questa situazione». Franco Rizzo e Sasha Colautti, dell’esecutivo confederale Usb, lamentano che «non si salva la situazione economico-occupazionale della città, nonché quella ambientale, se non si salva l’azienda, e non si salva l’azienda se non si salva l’indotto».
ASSENZA DI DISPOSIZIONI CHIARE
«È per questo – proseguono i rappresentanti dell’Unione sindacale di base -, che pur riconoscendo all’attuale esecutivo il merito di aver fatto chiarezza sulla vertenza e di aver stanato Mittal, corre l’obbligo di sottolineare che nello stesso provvedimento, mancano disposizioni chiare mirate a garantire il pagamento delle fatture alle aziende cui sono state affidate molte commesse sinora. Al momento sono ferme 76 aziende e 3.500 lavoratori, le fatture non pagate al 31 dicembre 2024 ammontavano a oltre 170 milioni di euro. È per questo che Usb ha inviato al Governo una proposta mirata per modificare il testo del decreto in corso di conversione, partendo proprio dalla certezza della strategicità dell’indotto. Indispensabile inserire un chiaro riferimento alla necessità di destinare obbligatoriamente almeno 150 milioni di euro dei 320, a queste realtà imprenditoriali affinché possano recuperare parte dei tanti crediti, in misura proporzionale rispetto al quel che è stato maturato da ciascuna azienda fornitrice di beni e servizi. Questo consentirebbe di rasserenare la situazione e di non proseguire nella pratica dello spropositato e quindi insano, ricorso agli ammortizzatori sociali».