a cura di Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano in ausiliaria e membro del direttorio della NATO Defense College Foundation, redatto il 12 gennaio 2024 – Negli ultimi giorni la campagna elettorale nella Repubblica di Cina – Taiwan è stata raffigurata nei termini di una scelta tra «sull’intero territorio nazionale è scattato a seguito del lancio di un satellite da parte della Cina Popolare, evento che ha generato il panico a Taiwan in quanto non sono state perfettamente tradotte dalla lingua inglese le parole cinesi «missile» e «satellite», volutamente confuse.
ALIMENTARE LA TENSIONE PRIMA DEL VOTO
L’opposizione ha quindi accusato il governo a fine mandato di creare allarmismo nei giorni precedenti le elezioni in calendario sabato 13 gennaio. Il paese insulare che conta ventiquattro milioni di abitanti si appresta infatti ad affrontare le elezioni presidenziali più controverse dal 1996, poiché la campagna elettorale è stata un miscuglio di eventi turbolenti, notizie false e scandali politici che, spesso, hanno messo in ombra i seri e complessi dibattiti politici sull’identità in evoluzione della Repubblica di Cina, sulla sua collocazione in un mondo che a causa della politica di Pechino non la riconosce e sulla minaccia alla sua stessa esistenza democratica posta dalla Cina Popolare. La presidente Tsai Ing-wen cesserà dal suo secondo mandato il prossimo mese di maggio e il suo vicepresidente, Lai Ching-te, si presenta come candidato alla continuità.
LAI CHING-TE L’INDIPENDENTISTA
Tsai e Lai sono esponenti del Partito democratico progressista (DPP), formazione politica contrastata da Pechino, che li considera separatisti. La Cina Popolare considera Taiwan come una sua provincia e ha promesso da tempo di «riunificarla», non escludendo il ricorso all’uso della forza per conseguire tale obiettivo, una prospettiva che minaccia di trascinare la regione e forse il mondo in un ennesimo conflitto. Avversario di Lai è l’ex capo della polizia Hou You-yi, candidato del Partito conservatore Kuomintang (KMT), che sostiene invece la necessità di legami economici più stretti con la Cina Popolare. Entrambi i partiti si oppongono all’annessione cinese, tuttavia Hou si autodefinisce quale «candidato che sarà in grado di impegnarsi in un dialogo con Pechino», dialogo di cui, a suo avviso, Lai sarebbe incapace.
PRIMA PREOCCUPAZIONE L’ECONOMIA
Anche se la Cina Popolare incombe sulle elezioni di Taiwan, le questioni interne permangono egualmente importanti. Dai sondaggi emerge che la preoccupazione numero uno dell’opinione pubblica dell’isola è l’economia, riflesso del fatto che i negli ultimi dieci anni i salari reali sono cresciuti in media soltanto dell’1%, mentre gli alloggi a prezzi accessibili rimangono fuori dalla portata di molti giovani. I partiti di minoranza accusano il DPP di cattiva gestione economica, ritenendolo responsabile della carenza di alcuni generi alimentari e dei black out elettrici che hanno colpito l’isola negli ultimi anni. I candidati hanno impegnato le ultime settimane viaggiando in lungo e in largo per l’isola presenziando a eventi elettorali nei templi, nelle scuole e nelle piazze delle città, ai quali hanno preso parte centinaia di migliaia di persone.
IL PARTITO DELLA GENTE NORMALE E IL CANDIDATO PER LA «TERZA VIA»
Il tentativo del KMT di porsi agli occhi dell’elettorato come «partito della gente normale» suona vano ai taiwanesi più anziani, mentre nei giovani serpeggia il timore che Formosa divenga la prossima Hong Kong, cioè una provincia oppressa dalla Cina Popolare e senza diritti democratici. Un terzo candidato alla presidenza è il sessantaquattrenne Ko Wen-je, fondatore del giovane Partito popolare di Taiwan (è stato fondato nel 2019). Egli è un ex chirurgo che si presenta nelle vesti di tecnocrate in grado di offrire una “terza via”, oltreché risolvere questioni quale la crescita dei salari e l’edilizia abitativa. Il suo è un approccio diretto principalmente diretto a fare presa tra i più giovani, che non parrebbero preoccupati dalla sua non chiara posizione su quelli che dovrebbero essere i rapporti tra Taipei e Pechino.
RIBALTATA LA TRADIZIONALE POLARIZZAZIONE
L’insolita corsa del 2024 ha ribaltato le tradizionali aspettative “su due poli” degli elettori taiwanesi, dato che un terzo candidato come Ko potrebbe conquistarne parte del consenso. C’è quindi una concreta possibilità che il DPP possa vincere la presidenza del Paese ma perdere contestualmente la maggioranza in parlamento, avviando una possibile fase di stallo politico. Su tutto questo incombe la Cina Popolare, che utilizza come armi di pressione su Taiwan le esercitazioni militari, la coercizione economica, la guerra cognitiva e l’isolamento diplomatico, affinché Taipei si arrenda senza combattere e accetti l’annessione. Giovedì scorso l’Ufficio cinese per gli affari di Taiwan ha affermato di «sperare che la maggioranza dei taiwanesi riconosca l’estremo pericolo di un potenziale scontro attraverso lo Stretto».
A SECONDA DI QUALE SARÀ IL RISULTATO DELLE ELEZIONI…
La minacciosa propaganda sino popolare è per i taiwanesi motivo di profonda preoccupazione. Negli anni trascorsi dalle ultime elezioni le minacce di Pechino si sono fatte sempre più gravi: migliaia di taiwanesi si sono iscritti a gruppi di protezione civile, mentre i magnati della tecnologia stanno finanziando la formazione delle milizie locali e si registrano segnali dal mondo delle imprese, con gli investitori che sviluppano piani di emergenza. Se sabato 13 gennaio vincerà il KMT, Hou dovrà bilanciare la sua promessa di maggiore amichevolezza con la Cina Popolare con la volontà di un popolo divenuto molto più sospettoso nei confronti del KMT rispetto al passato. Se invece nelle urne dovesse affermarsi il DPP si ritiene probabile una qualche forma di reazione ostile da parte della Cina Popolare e, a quel punto, il questi da porsi sarà quello relativo alle caratteristiche e all’intensità che essa potrà eventualmente assumere.