a cura di Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano in ausiliaria e membro del direttorio della NATO Defense College Foundation – Gli Stati Uniti d’America, il Regno Unito e la coalizione che si è andata formando attorno a loro continueranno a colpire gli Houthi fino a quando queste non verranno neutralizzate le basi dalle quali essi lanciano le loro operazioni offensive contro le navi mercantili in navigazione nel bacino del Mar Rosso. L’obiettivo degli occidentali è quello di impedire nuovi attacchi che possano impedire il traffico marittimo in uno degli snodi cruciali per il commercio mondiale.
CONSEGUENZE NEGATIVE DELL’INSTABILITÀ NEL MAR ROSSO
La prima di queste operazioni militari alleate in ordine di tempo è stata portata a termine dalle unità della US Navy, che hanno lanciato missili Tomahawk e, grazie al sostegno ricevuto dai velivoli della Royal Air Force britannica, con ogni probabilità proseguiranno anche nel prossimo futuro, malgrado le prese di posizione contrarie di Russia, Cina Popolare, Iran e Turchia, poiché è verosimile che, nonostante le rimostranze, nessuno interverrà in aiuto diretto dei ribelli yemeniti filoiraniani. Il danno arrecato al commercio mondiale è notevole e si riflette negativamente, per altro, sull’economia dell’Egitto, che registra una flessione dei propri introiti derivatigli in conseguenza dei transiti navali all’interno del canale di Suez. A venire danneggiata dalla instabilità nel Mar Rosso è anche l’Italia, i cui porti cominciano a risentire delle difficoltà di trasporto, in primo luogo negli scali di Trieste gli arrivi, dove il volume di lavoro di carico e scarico sono diminuiti, e di Genova, che ha registrato una triplicazione dei costi dei container.
LE OPERAZIONI ALLEATE CONTRO GLI HOUTHI
Tuttavia, pur avendo due unità navali nell’area, inviate in loco al fine di garantire il diritto della navigazione, la Marina militare italiana non ha partecipato alle azioni contro le basi degli Houthi. Roma ha dunque assunto una posizione maggiormente attendista, seppure essa, nell’eventualità che gli attacchi al naviglio mercantile dovessero proseguire, dovrà comunque prendere in considerazione l’ipotesi di una partecipazione attiva alle operazioni militari allo scopo di salvaguardare gli interessi nazionali alla libera navigazione. Attualmente le forze della coalizione stanno neutralizzando le postazioni houthi dalle quali possono venire minacciate le navi in transito. A venire prese di mira sono le zone di lancio di missili e droni, i magazzini di stoccaggio delle armi e del munizionamento, i sistemi radar e le piste di volo dalle quali decollano (vengono lanciati) i droni a lungo raggio. In sostanza, tutto quanto è parte della logistica della milizia sciita yemenita.
CESSERANNO GLI ATTACCHI O SI ALLARGHERÀ IL CONFLITTO?
Gli attacchi alleati cesseranno soltanto quando la neutralizzazione di questi obiettivi sarà completa, ovvero qualora gli Houthi dovessero sospendere unilateralmente le loro attività terroristiche. Fin dal primo attacco portato sul suolo yemenita si sono verificate reazioni a livello internazionale: la Russia ha chiesto la convocazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la Cina Popolare ha espresso preoccupazione mentre Iran e Turchia hanno stigmatizzato l’iniziativa americana. Si tratta di attori in grado di contribuire ad allargare il conflitto oppure siamo di fronte a reazioni che lasceranno il tempo che trovano? Alzano la voce, ma più di quello non possono fare, dunque non interverranno. Sia il presidente americano Biden che il primo ministro inglese Sunak hanno dichiarato di agire in salvaguardia del diritto internazionale e della libera navigazione, questa è la chiave dell’intervento.
LO YEMEN OGGI
Lo Yemen è un paese oggi in parte controllato da ribelli che pongono in essere attività che vanno contro il diritto internazionale e le giustificano definendole operazioni contro lo Stato di Israele e i suoi interessi. Gli Houthi sono una milizia sciita che combatte per la supremazia nell’area e, al contempo, cerca di affermarsi anche quale nemico di Israele, aspirando alla qualifica nella propria area di insistenza come un movimento di rilievo tra quelli che agiscono contro Gerusalemme. Essi sono ben organizzati e armati dall’Iran allo scopo di contrastare i loro nemici nello Yemen, coalizione che è a sua volta armata e sostenuta dall’Arabia Saudita. Vogliono acquisire posizioni nella regione e lo fanno attraverso quest’approccio antisraeliano, ora però si trovano a dover far fronte a un problema che forse non si aspettavano si presentasse in tale misura: l’intervento militare occidentale a garanzia della libera circolazione mercantile da e per il Mediterraneo.
RIDUZIONE DEL TRAFFICO NAVALE NEL MEDITERRANEO
Come accennato, la riduzione del traffico navale nel Mediterraneo sta danneggiando in modo particolare Egitto e Italia. Agli egiziani crea un problema poiché riduce drasticamente le entrate derivanti dagli incassi dei pedaggi nel Canale di Suez, per noi italiani incide sul volume di lavoro dei porti e sui costi della logistica. Non solo: in Germania la Tesla ha sospeso la temporaneamente la produzione industriale perché non le arrivano le componenti indispensabili alla realizzazione delle autovetture. Giocoforza sono mutate le rotte, con le navi che prima transitavano dal Mar Rosso adesso invece fanno il periplo dell’Africa evitando lo stretto di Gibilterra, ma raggiungendo i porti del Nord Europa come Rotterdam e Amburgo. Senza contare l’aggravio derivante dai maggiori costi a carico degli armatori quale conseguenza dell’incremento dei premi pagati alle società internazionali si assicurazioni.
L’ITALIA E LA COALIZIONE INTERNAZIONALE
L’Italia, pur venendo danneggiata dagli attacchi, al momento si mantiene al di fuori dalla coalizione internazionale che ha lanciato l’offensiva contro gli Houthi. La Marina militare italiana, al pari di quella francese, schiera unità navali nel Mar Rosso, ma non partecipa integralmente a questa operazione militare, essa per farlo deve venire autorizzata dal Parlamento. L’Italia è dunque in una posizione di attesa, osserva gli sviluppi degli eventi, ma se la situazione attuale dovesse perdurare ancora a lungo potrebbe intraprendere le mosse opportune, facendo ciò che è nelle sue capacità al fine di assicurare il libero transito delle navi nel Mar Rosso. In gioco c’è l’interesse nazionale, perché le navi che transitano da Suez sono quelle che principalmente si dirigono verso i porti italiani. È ovvio che la loro un blocco dei transiti, anche solo parziale, inciderebbe negativamente anche sul prodotto interno lordo del Paese.