ECONOMIA, riforma Patto di stabilità e crescita. L’Ecofin raggiunge un accordo politico: vantaggi e incognite per l’Italia

Le nuove regole rispetto al precedente dettato dovrebbero consentire di ridurre con maggiore gradualità il gigantesco debito pubblico italiano, preservando al contempo margini finanziari a copertura delle spese per investimenti in quei settori ritenuti strategici, cioè transizioni digitale, transizione «green» e Difesa. Ad avviso del Commissario all’Economia Gentiloni «l’Europa ha bisogno di regole comuni, non di nostalgie dell’austerity, e penso che questo compromesso nel quale il contributo dei diversi Paesi è stato molto costruttivo ci aiuterà in questa direzione»

È stato dunque raggiunto un accordo politico sulle nuove regole del Patto di stabilità e crescita, che, rispetto al precedente dettato, dovrebbero consentire di ridurre con maggiore gradualità il gigantesco debito pubblico italiano preservando al contempo dei margini finanziari a copertura delle spese per investimenti in quei settori ritenuti strategici, cioè quelli relativi alle due transizioni epocali, la digitale e green, e quello della Difesa.

I NEGOZIATI E LE CONTRAPPOSIZIONI

Nel corso dei negoziati è stata registrata la consueta aspra contrapposizione tra i Paesi del Sud dell’Europa (in particolare Francia, Italia e Spagna) e quelli virtuosi (definiti anche «frugali»), con questi ultimi che hanno visto rafforzarsi i propri argomenti dialettici a seguito dell’impennata dei debiti pubblici provocata dalla crisi economica conseguente alla pandemia da coronavirus, aggravata poi dal conflitti in Ucraina. I primi chiedevano maggiore flessibilità in termini di risanamento  dei conti pubblici, alla fine hanno raggiunto comunque un compromesso con quelli del Nord Europa, «quello che sottoscriviamo è un accordo sostenibile per l’Italia», ha dichiarato al riguardo il ministro italiano dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti.

ITALIA: VINCOLI NON A DECORRENZA IMMEDIATA

Il ministro leghista non ha tutti i torti nell’esprimere soddisfazione, poiché dal punto di vista del suo governo le diverse regole di salvaguardia imposte dal vecchio Patto che permangono nel nuovo, vincoli che costringeranno i Paesi maggiormente esposti debitoriamente a manovre di bilancio particolarmente stringenti, non avranno una decorrenza immediata, ma a partire dal 2027, dunque alla fine della legislatura in corso, che, se non si verificheranno imprevisti eccezionali, dovrebbe cessare secondo i suoi limiti temporali naturali. È il periodo di transizione ottenuto grazie al gioco di squadra fatto da Parigi e Roma, una trattativa con i frugali che ha portato questi ultimi alla concessione di tre anni preziosi sul piano politico a quegli Stati membri (Italia e Francia in primis, ma non solo) per i quali scatterà la procedura di infrazione per deficit eccessivo.

RELATIVI MARGINI DI PRATICABILITÀ FISCALE

A partire dall’anno prossimo gli Stati che hanno superato il limite del deficit del 3% del prodotto interno lordo (Pil) non si troveranno quindi costretti a varare manovre di aggiustamento strutturale dello 0,5% del Pil, poiché beneficeranno di un’agevolazione pari allo 0,2% sull’aumento del carico dell’incremento della spesa per interessi sul debito pubblico. Saranno all’incirca quattro miliardi di euro all’anno, a fronte dei dieci che invece avrebbero gravato sulle manovre di bilancio se la percentuale fosse stata fissata a mezzo punto, un sollievo non indifferente per le casse degli Stati che consentirà una pur minima praticabilità di azione fiscale. Una delle deroghe stabilite in sede europea sarà quella relativa alle spese per la Difesa, voce di bilancio considerata «fattore attenuante» quando la Commissione europea dovrà esprimersi riguardo ai deficit eccessivi rapportati anche ai livelli di debito.

DEFICIT ECCESSIVO E DEROGHE

Queste deroghe si renderanno però possibili soltanto quando gli Stati membri saranno usciti dalle procedure per deficit eccessivo a loro carico. I percorsi di rientro dal debito verranno definiti sulla base delle condizioni nelle quali verseranno gli Stati membri interessati, prevedendo tempi più estesi per quelli che si impegneranno in percorsi di riforme strutturali e di investimenti. Ad avviso del Commissario europeo per gli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni Silveri l’accordo raggiunto all’Ecofin «è certamente una buona notizia, anche perché in questo momento difficile dal punto di vista non solo economico, è un’Unione europea che dà un segnale di unità».

GENTILONI: «È UNA BUONA NOTIZIA»

«Questo accordo unanime – ha proseguito Gentiloni Silveri -, che adesso naturalmente avrà un periodo lavoro intenso con il Parlamento per raggiungere i testi legislativi finali, rappresenta comunque un risultato molto importante. È un accordo certamente diverso dalla proposta della Commissione, appesantita da diversi parametri numerici di salvaguardia, ma ne restano alcuni pilasti fondamentali: primo, l’equilibrio tra stabilità, finanza pubblica, riforme e investimenti; secondo: l’importanza di una maggiore autonomia dei diversi Paesi in dialogo con la Commissione, un po’ come nel modello applicato al Piano nazionale di ripresa e resilienza; infine, anche un’ottica di medio termine che consente di programmare riforme, investimenti e stabilizzazione finanziaria nel corso di diversi anni. L’Europa ha bisogno di regole comuni, non di nostalgie dell’austerity, e penso che questo compromesso nel quale il contributo dei diversi Paesi è stato molto costruttivo ci aiuterà in questa direzione».

LA RIFORMA DEL PATTO IN CIFRE: RIDUZIONE DEL DEFICIT ECCESSIVO

I principi cardine permangono quelli fissati a suo tempo a Maastricht, con il deficit al di sotto del 3% del Pil e il debito al di sotto del 60%, ma nel nuovo patto vengono introdotti margini di flessibilità al fine di evitare che il risanamento dei conti sia eccessivamente rigido e insostenibile e, conseguentemente, blocchi gli investimenti e rallenti la crescita. I punti principali del nuovo Patto di stabilità e crescita contemplano una riduzione del deficit eccessivo: qualora esso dovesse superare il limite del 3% l’aggiustamento annuo richiesto sarà dello 0,5% del Pil in termini strutturali; tuttavia, come osservato in precedenza, l’accordo raggiunto in sede Ecofin prevede che i tempi della correzione tengano conto dell’aumento della spesa per interessi al fine di non inibire gli investimenti più urgenti.

BRACCIO PREVENTIVO, RIDUZIONE DEL DEBITO E PERIODO TRANSITORIO

Gli Stati membri con un rapporto debito/Pil superiore al 90% dovranno ridurre il livello del loro disavanzo all’1,5% e per ottenere questo risultato si renderà necessario un aggiustamento strutturale annuo pari allo 0,4% per quattro anni o dello 0,25% su sette, calcolato al netto degli interessi sul debito e con l’impegno assunto da quel paese di procedere a investimenti e riforme. La riduzione del debito dovrà ammontare all’1% annuo per quegli Stati che superano la soglia di un rapporto debito/Pil pari al 90%, dello 0,5% annuo invece per quelli che lo hanno tra il 60 e il 90 per cento. Tra il 2025 e il 2027 (periodo transitorio) la Commissione europea nello stabilire il percorso di risanamento dei conti terrà conto degli oneri degli interessi sul debito sempre con l’obiettivo di lasciare agli Stati membri margini di azione per gli investimenti.

PIANI DI SPESA, SCOSTAMENTO DAI PIANI SI SPESA, TEMPI DI APPROVAZIONE

Gli Stati oggetto di procedura per deficit eccessivo dovranno concordare con la Commissione europea l’uso dei fondi pubblici nel rispetto delle traiettorie di aggiustamento del debito. I piani ad hoc sono quadriennali e all’insegna della flessibilità potranno essere estesi a sette anni tenendo conto degli sforzi di investimento e riforma compiuti dai governi per attuare i Piani di ripresa e resilienza (Pnrr). È prevista infine la possibilità di uno sforamento pari allo 0,3% rispetto al piano concordato (scostamento dai piani di spesa). L’intesa politica tra i ministri delle Finanze dei Paesi membri dell’Unione europea apre la strada ai negoziati con l’Eurocamera per arrivare a un accordo finale e, di risulta, al varo delle nuove regole entro il mese di aprile 2024, dunque prima della campagna elettorale per le elezioni europee.

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