ARGENTINA, elezioni presidenziali. Nuovo corso a Buenos Aires con l’incognita Javier Milei

Eletto il nuovo presidente adesso si attende la sua politica. L’insediamanto alla Casa Rosada avrà luogo il 10 dicembre, alla scadenza formale del mandato di Alberto Fernández, che fu espressione politica della coalizione formata da partiti peronisti e kirchneristi. Il Paese latinoamericano attraversa una grave crisi e si trova per l’ennesima volta a rischio default con una inflazione alle stelle. Allo stato attuale non è chiaro quanto possano essere risolutive le ricette economiche proposte dal nuovo presidente. Di certo c’è che nel novero dei paesi Brics non avrà molti amici, poiché ha contro il brasiliano Lula da Silva e il russo Putin, tuttavia, a questo punto tutti gli scenari restano aperti

Il controverso anarcocapitalista, ultraliberista seguace di Friedrich von Hayek e demagogo, Javier Milei è dunque il nuovo presidente eletto dell’Argentina, battendo al ballottaggio il candidato peronista progressista Sergio Massa, che ha distaccato grazie al consenso di un elettorato di un paese confuso e in crisi. Il mandato presidenziale di Milei avrà inizio il prossimo 10 dicembre, in occasione del quarantesimo anniversario della riconquista della democrazia nel Paese dopo l’ultima sanguinaria dittatura militare, della quale il neopresidente durante la campagna elettorale aveva in parte sminuito le responsabilità in ordine alla violenta repressione e ai crimini commessi.

LE RICETTE ECONOMICHE DELL’ANARCOCAPITALISTA

«Oggi inizia la fine della decadenza argentina: iniziamo la ricostruzione e a voltare la pagina della nostra storia. Riprendiamo il cammino che non avremmo mai dovuto perdere. Finisce il modello dello stato che impoverisce e benedice solo alcuni mentre la maggioranza soffre. È una notte storica, torniamo ad abbracciare l’idea della libertà», ha dichiarato pubblicamente Milei nel corso del suo primo intervento pubblico da presidente della Repubblica dopo aver ricevuto le congratulazioni dell’ex presidente statunitense Donald Trump. Mediante una propria nota ufficiale, Palazzo Chigi ha riferito che anche il Presidente del Consiglio dei ministri italiano Giorgia Meloni ha avuto in giornata un colloquio telefonico con Milei, al quale ha formulato le proprie congratulazioni e gli auguri di buon lavoro. «L’Argentina è una nazione a cui siamo legati da profondi legami storici e culturali e in cui vive la più grande comunità di italiani all’estero. Roma e Buenos Aires condividono valori comuni che definiscono la nostra azione di politica estera nell’attuale contesto internazionale».

SITUAZIONE ESTREMAMENTE CRITICA

Il Paese latino americano sta attraversando una grave crisi e si trova per l’ennesima volta a rischio default con una inflazione alle stelle (140%). Allo stato attuale non  è chiaro quanto possano essere risolutive le ricette economiche proposte dal nuovo presidente.  Si muoverà davvero nel solco del ministro dell’economia Domingo Cavallo, che tra il 1991 e 2001 ricorse a una politica strettamente monetaristica tagliando il credito e, attraverso il suo piano di convertibilità, fissò il rapporto di parità tra dollaro Usa e peso argentino? Si trattò di una soluzione catastrofica, poiché nella prima fase di applicazione dette ottimi risultati, abbattendo il tasso di inflazione che affliggeva il Paese da oltre il 1300% a meno del 20%, per portarlo a quasi zero in seguito, ma alla fine portò all’insolvenza il debito pubblico argentino.

GRANDI PROCLAMI E AMARE REALTÀ

«La situazione è drammatica, non c’è spazio per la gradualità e per le mezze misure», ha dichiarato Milei, elencando i mali che affliggono l’Argentina, cioè inflazione, povertà e insicurezza, problemi che si pongono come le sfide più urgenti, per poi indicare la sua strada per la loro soluzione: «L’Argentina ha un futuro ed è liberale e fra trentacinque anni sarà una potenza mondiale». Al suo esordio egli ha tuttavia evitato di fare riferimento ai suoi cavalli di battaglia della campagna elettorale, quali la dollarizzazione o la chiusura della banca centrale. Ora, mettendo da parte gli slogan, a Buenos Aires si dovrà riflettere lucidamente sulla possibilità o meno, e a quali condizioni, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale saranno disposte a intervenire in sostegno dell’Argentina in questa fase oltremodo critica? Per il neopresidente e la sua squadra di governo è finito il tempo della demagogia ed è arrivato quello delle scelte, gravi e concrete. Errori in questo senso potrebbero condurre il Paese in una incertezza ancora più profonda, addirittura a quanto contrariamente proclamato da Milei all’elettorato, cioè a cercare aiuto dai Brics.

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