a cura di Cristina May Patucchi – Il 25 ottobre scorso presso il Centro Ricerche Enrico Fermi (Cref) ha avuto luogo un interessante dibattito in occasione della presentazione del libro “Polarizzazioni, come cambiano società e informazioni nell’era delle piattaforme social”. Vi hanno preso parte gli autori, Walter Quattrociocchi (professore associato presso l’università degli studi Sapienza di Roma) e Antonella Vicini (giornalista professionista), che hanno dialogato con due fisici, Marco Delmastro del Cern e Luciano Petronero del Cref.
COME SI GIUNGE ALLA POLARIZZAZIONE
La discussione si è articolata sui temi relativi al concetto di polarizzazione, alla socialità (ovvero all’evoluzione dei gruppi sociali) e al rapporto tra tecnologia, società e politica. Prendendo le mosse dalla teoria sulla società liquida elaborata da Zygmunt Bauman si è cercato di comprendere come i cambiamenti repentini di idee, visto che tutto ciò che prima era considerato solido, (dio, famiglia, identità e concetto di Stato nazione, eccetera) non posseggono più tale valenza, come è possibile che formino delle polarizzazioni? Intanto, per «polarizzazione» all’interno di una comunità, si intende l’assunzione di atteggiamenti e posizioni estreme, rispetto alla media di quelle iniziali dei singoli membri della comunità stessa. Non è il semplice Narciso, che all’interno del gruppo cerca sé stesso, una sorta di omofilia, bensì il concetto di tribalismo quale affermazione e consolidamento dei propri legami temporanei.
CHI INFLUENZA LA TRIBÙ?
Si toccano diversi temi: la teoria di Vittorio Gallese sui neuroni a specchio, i cui dati erano già disponibili dal 1998, dalla quale l’esempio calzante del professor Quattrociocchi su come le convinzioni dell’individuo influenzino i risultati dell’analisi dei dati; «se un uomo, con un dolore alla gamba, va dal medico con la convinzione di avere un problema al dito, uscirà con il dito fasciato continuando ad avere il dolore alla gamba». La tribù è influenzata dalla tecnologia dei social o accade il contrario?
L’ALGORITMO E L’INDIVIDUO
Facebook, o meglio Meta, ha procedimenti in corso da ben trenta Stati americani, in quanto chi li pone sotto accusa ritiene che influenzino negativamente i giovani verso la violenza e l’estraniamento sociale. ma il quesito da porsi è se tutto questo dipenda da un algoritmo, oppure sia qualcosa di intrinseco alla polarizzazione, che è invece dovuta alla ricerca da parte dell’individuo rispetto ai propri convincimenti. La conclusione degli autori al riguardo è che, essendo impossibile ottenere dati completi da questi social, che basano tutto sul consumo e la pubblicità, il processo non è scientificamente quantificabile ed è tutto in divenire.
INFORMAZIONE E DISINFORMAZIONE
Non c’è differenza tra fake news e informazioni certificate, o almeno è impossibile stabilire la possibilità di usare tali dati per fini politici e sociali. Le informazioni delle principali testate giornalistiche, sono praticamente identiche alle altre informazioni, catalogate come «fake», come quelle che basano tutto sul complotto. Le teorie complottiste si autoalimentano proprio perché l’utente del social è alla ricerca di dati che avvalorino le sue teorie. Queste informazioni si sono moltiplicate per l’aumento della disuguaglianza sociale e quindi l’utente del social, che ha accesso ad ogni tipo di informazione, ha la convinzione di poter scegliere e, in qualche modo scoprire la realtà.
LA PUBBLICITÀ FA DAVVERO LA DIFFERENZA
L’algoritmo basa tutto sulle scelte degli utenti per “vendere”, così come avviene sui giornali e nei dibattiti televisivi. Se non si vende è possibile anche chiudere una testata e quindi eliminare le sovvenzioni. Lo sponsor dei programmi televisivi, dei giornali, come per i social, è la vera unica differenza che muove le opinioni. È perciò impossibile, almeno per il momento, cercare di individuare, in modo scientifico i meccanismi che creano polarizzazioni sociali. L’utente può accanirsi in modo notevole su gravi attualità o può concentrarsi su fatti banali, ma nel contempo annoiarsi rapidamente e modificare il centro del proprio interesse, senza che ciò dipenda da fattori che, allo stato attuale, non risultano quantificabili.