INDUSTRIA, siderurgia. Ex Ilva, Rizzo e Colautti (Usb): «La conferma del memorandum chiude la fabbrica e lascia per strada i lavoratori»

Dopo la manifestazione unitaria dei lavoratori in sciopero di Acciaierie D’Italia, indetta dai sindacati confederali Fim, Fiom, Uilm il 20 ottobre scorso a Roma, e a seguito dell’incontro avuto a Palazzo Chigi dai segretari delle tre organizzazioni con i capi di gabinetto della Presidenza del Consiglio, del MiMIT e con il ministro Fitto, Benaglia della Fim Cisl aveva invece espresso soddisfazione per «un primo importante risultato ottenuto, l’avere rimesso al centro dell’agenda di governo la principale vertenza del Paese»

«Come avevamo anticipato, manifestando tutti i nostri timori, venerdì dopo la manifestazione tenuta sull’autostrada all’ingresso di Roma, trovano riscontro le voci su un memorandum siglato nella prima metà di settembre tra il ministro Fitto e Arcelor Mittal. Fatto di cui ribadiamo l’estrema gravità, perché mette la parola fine nel peggiore dei modi alla storia di questa fabbrica, quindi non prevedendo alcuna  garanzia occupazionale per i lavoratori. Lo Stato si appresta  dunque a regalare ad Arcelor Mittal lo stabilimento e dà in dote almeno tra i due e i tre miliardi, oltre a quelli già dilapidati da Acciaierie d’Italia. Il privato quindi ne uscirà più forte, in quanto senza alcun investimento proprio, avrà fabbrica e liquidità», così in un comunicato stampa si sono espressi al riguardo Franco Rizzo (membro dell’esecutivo confederale di Usb) e Sasha Colautti (di Usb nazionale).

INVITALIA E ARCELOR MITTAL AI «FERRI CORTI»

A rendere ancora più pesante il quadro, l’acuirsi dei rapporti tra il socio pubblico e quello privato. «È sui giornali di oggi la notizia delle tensioni tra Invitalia e Arcelormittal e delle dimissioni ormai prossime di Franco Bernabè – proseguono i sindacalisti di Usb -, chi nel Governo afferma che non ci sono motivi di preoccupazione, mente spudoratamente alla faccia dei tantissimi lavoratori che sono da anni in attesa di risposte e di tutta la comunità che abita questo territorio. A tal proposito l’Unione sindacale di base mai accetterà decisioni sciagurate di questo tipo, e prende una posizione nettamente contraria, annunciando iniziative di lotta forti ed energiche in difesa dei lavoratori. Ma questo non era il  Governo sovranista e nazionalista?».

IL BICCHIERE MEZZO PIENO

Di diverso avviso sulla questione è Roberto Benaglia, segretario generale della Fim Cisl, che a margine della manifestazione unitaria dei lavoratori in sciopero di Acciaierie D’Italia (ex-Ilva), indetta dai sindacati confederali (Fim, Fiom, Uilm) il 20 ottobre scorso a Roma, che in quell’occasione, a seguito dell’incontro avuto a  Palazzo Chigi dai segretari delle tre organizzazioni con i capi di gabinetto della Presidenza del Consiglio, del MiMIT e con il ministro Fitto, aveva invece espresso soddisfazione per «un primo importante risultato ottenuto, l’avere rimesso al centro dell’agenda di governo la principale vertenza del Paese».

OCCORRE UNA SVOLTA

Egli si riferiva alla trattativa sul futuro dell’ex-Ilva, che, affermava Benaglia, «avrebbe escluso sia l’amministrazione straordinaria che la chiusura», prevedendo l’apertura di un tavolo entro il 7 novembre a Palazzo Chigi e il coinvolgimento dei sindacati nel negoziato con i Mittal. «L’attuale gestione che abbiamo denunciato da mesi rischia di non andare da nessuna parte con i Mittal serve una svolta. Certo – aveva quindi concluso il segretario della Fim Cisl -, c’è ancora tutto da fare, ma siamo sulla strada giusta chiediamo al governo di ascoltare e assumere le nostre ragioni e proposte in tema di investimenti, impianti, salvaguardia dell’occupazione e decarbonizzazione».

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