Entrare nella Striscia di Gaza, significa contare un numero rilevante di vittime altrui e proprie. Significa rischiare di sommare a quest’ultime gli ostaggi in mano ad Hamas. Significa fare i conti con l’opinione pubblica interna e quella internazionale.
Le finalità dell’impiego di una forza militare debbono essere sempre chiare e definite nell’ambito di una strategia, mentre un’operazione che si propone di bonificare un territorio appare senza alcun limite se non quello dell’estensione dello spazio da mettere in sicurezza.
DISTRUGGERE HAMAS E’ MISSIONE COMPLESSA
La missione di distruggere Hamas che si è assunto Netanyahu è un vasto programma. Difficile da realizzare proprio per la fiducia a tempo che gli è stata concessa dall’opinione pubblica e il tempo e la storia sono due aspetti di cui tenere conto.
Israele ha cacciato i propri coloni fuori da Gaza nel 2005, ha tollerato che diventasse un’enclave di Hamas assistendo impassibile alla guerra civile palestinese con Fatah e agendo per screditare l’Autorità nazionale palestinese peraltro già compromessa.
CREARE UN’AREA DI SICUREZZA E’ PIU’ SEMPLICE
Netanyahu non sembra avere intenzione di ripiantare la bandiera con la Stella di Davide nella Striscia di Gaza. Sembra piuttosto perseguire l’obiettivo di una zona di sicurezza di qualche chilometro, liberata dalle strutture e dagli uomini di Hamas.
La Striscia che a nord arriva a pochi chilometri dalle città israeliane potrebbe allora prolungarsi a sud dove ora confina con il deserto del Sinai egiziano. Ovvero il luogo che vengono invitati a raggiungere i profughi costretti a lasciare le proprie abitazioni.
IL VALORE STRATEGICO DEL VALICO DI RAFAH
Il valico di Rafah su questo confine assume un valore strategico poiché potrebbe essere usato sia per fare entrare gli aiuti umanitari alla popolazione allo stremo, sia per porre in salvo le centinaia di migliaia di palestinesi che premono per uscire dalla Striscia.
Un’eventuale apertura del valico di Rafah obbligherebbe a creare una o più tendopoli nell’area limitrofa al fine di ospitare temporaneamente i profughi palestinesi e l’Egitto frena temendo una crisi umanitaria all’interno dei propri confini.
I PROFUGHI PROBLEMA ANCHE PER IL MONDO ARABO
Israele lascia balenare l’idea di un ruolo primario dell’Egitto nella successiva ricostruzione dei palazzi e delle infrastrutture distrutti nel corso dei bombardamenti successivi alle incursioni terroristiche di Hamas del 7 ottobre scorso.
Intanto però, con l’apertura del valico, l’Egitto intravede il rischio di creare le condizioni per una Striscia di Gaza “allungata”. Solidale con i palestinesi, ma non al punto di assecondare la nascita di un’enclave che debordi nel proprio territorio.