Riguardo a questa alleanza in Medio oriente, benedetta da Washington e maledetta da Teheran, si rinviene un forte interesse comune sia da parte israeliana che saudita, entrambi desiderosi di tutelarsi nei confronti del loro nemico regionale, l’Iran.
INTERESSI RECIPROCI E NECESSITÀ COMUNI
Riyadh rinviene nello Stato ebraico sempre più un alleato strategico, questo in virtù della potenza militare che è in grado di esprimere nella regione mediorientale e anche in ragione degli interessi (allo stato potenziali) in termini economici, tecnologici e diplomatici. Per restare al campo della tecnologia, si rifletta sulle disponibilità finanziarie saudite a fronte, per altro, della necessità che si pone alla petromonarchia del Golfo di diversificare la propria economia rispetto al settore delle materie prime energetiche. Riyadh in Israele rinverrebbe una start up nation all’avanguardia in molti campi e in grado di offrire una base scientifica avanzata e attiva, che dai finanziamenti sauditi trarrebbe ulteriore linfa vitale. Sul processo di consolidamento delle relazioni bilaterali incide poi in maniera determinante la belligeranza dell’Iran sciita nella regione, che rende praticamente indispensabile l’alleanza tra i due paesi.
UNA VECCHIA AMBIZIONE DI RIYADH: IL NUCLEARE
Sempre grazie alle politiche degli ayatollah, i sauditi sono riusciti a riscaldare i loro rapporti con quello che per decenni è stato il loro insostituibile alleato strategico, gli Stati Uniti d’America, tornando a interfacciarsi dapprima con la problematica amministrazione Trump e ora con quella democratica presieduta da Joe Biden. Tuttavia, la ricca monarchia sunnita vuole avviare un proprio programma nucleare civile, un aspetto non indifferente se valutato alla luce della precedente, ferma, determinazione israeliana alla realizzazione di infrastrutture nucleari nei Paesi del Medio Oriente. Dunque, lo Stato ebraico si trova oggi di fronte a una svolta, nella piena consapevolezza che i sauditi non si fermeranno alle centrali per l’elettro generazione, ma con ogni probabilità andranno avanti per dotarsi della bomba, in fondo di questa aspirazione si parla più o meno a bassa voce e per perifrasi dagli anni Novanta.
LA CORSA ALLA BOMBA IN MEDIO ORIENTE
Seppure le attività dei servizi segreti israeliani abbiano rallentato lo sviluppo del programma nucleare iraniano, a Tel Aviv si ritiene che in Medio Oriente vi sia ormai da tempo una corsa ad armamenti di questo genere, con l’Iran molto vicino alla soglia. Ora è la volta dei sauditi, che hanno la consapevolezza che una volta che Teheran avrà realizzato la sua bomba (nonostante la sua adesione al Tnp e l’accordo sul nucleare raggiunto con gli Usa nel 2015) il mondo non sarà più quello di prima. Essi vogliono dunque giocare di anticipo e premunirsi dotandosi di un deterrente nei confronti della Repubblica Islamica, avviando il loro programma nucleare concentrando l’intero complesso delle infrastrutture necessarie nel proprio territorio, in modo da essere nelle condizioni in futuro di svilupparlo attraverso l’ampliamento delle competenze relative, agendo da soli.
MUTAMENTO EPOCALE
A Riyadh si temono gli ayatollah e questi fondati timori fanno sì che si contempli addirittura una pace con Israele in assenza di una definitiva soluzione della questione palestinese, che porti in sostanza a uno Stato. Questo potrebbe verificarsi, al netto della retorica di circostanza, poiché i sauditi vogliono cautelarsi nei confronti del potente e incombente avversario sciita e per farlo hanno altresì bisogno del sostegno dell’Occidente, di non venire abbandonati da quest’ultimo, dato che in alternativa la situazione per loro diverrebbe estremamente critica. Ed ecco quindi l’ipotesi relativa al mutamento epocale, un nuovo Medio Oriente caratterizzato dall’alleanza con Israele e dalla supervisione americana sul nucleare di Mohammed bin Salman, tutti soggetti che rinvengono nella Repubblica Islamica la minaccia principale alla stabilità regionale.
LA NUOVA STRATEGIA DI AMPIO RESPIRO
In questo quadro la deterrenza nucleare saudita nei confronti dell’Iran per lo Stato ebraico farebbe parte di una strategia di più ampio respiro, concepita allo scopo di flemmatizzare la potenza regionale nemica. Essa trova fondamento nelle previsioni relative a una eventuale dinamica bellica degenerata in scontro nucleare. Ebbene, seppure Israele esprima una propria deterrenza nucleare che si estrinseca (anche) in una capacità di secondo colpo, le caratteristiche fisiche del Paese, in particolare le sue ridotte dimensioni, lo renderebbero particolarmente vulnerabile a un attacco nemico portato anche soltanto con poche testate nucleari. Dunque, la soluzione a questa esiziale minaccia viene rinvenuta nell’ampliamento del numero di potenziali avversari dell’Iran nella regione, Stati dotati di armi nucleari che, a quel punto, ridimensionerebbero le velleità belliciste di ayatollah e pasdaran.