a cura delle avvocatesse Valentina Guerrisi e Giada Caprini, pubblicato su “De Vita Law”, https://www.devita.law/la-violenza-e-solubile-in-alcol/ – Il consumo di sostanze alcoliche e stupefacenti ha assunto un ruolo determinante nella dimensione quotidiana delle persone, soprattutto le più giovani, quale elemento di convivialità socialmente accettato.
LADDOVE LA PREVENZIONE NON BASTA
Vi è, però, una relazione sempre più stretta tra l’uso/abuso di droghe e alcol e l’aumento di fenomeni di violenza divenuta oggetto di numerose ricerche nel corso dell’ultimo decennio. Il fenomeno si è ulteriormente acuito nel corso della recente pandemia, anche a causa dell’incremento del cosiddetto «marketing dell’alcol»[1], cui si è unita una sempre maggiore facilità nella reperibilità e nel consumo di sostanze stupefacenti. Ciò ha aumentato l’accettabilità del loro consumo, con l’insorgenza in età precoce di comportamenti di abuso che, nella maggior parte dei casi, sfociano in atti di violenza, soprattutto di tipo sessuale. Laddove sensibilizzazione e crescita culturale (quali primari strumenti di prevenzione) non bastano, è chiamato a intervenire l’ordinamento penale, che non sempre si rivela idoneo a rispondere alle esigenze di tutela delle vittime. Le violenze, infatti, sono sempre più difficili da inquadrare con chiarezza in fattispecie astratte talvolta obsolete o vengono talvolta distorte attraverso talune lenti moraleggianti del nostro sistema giudiziario.
CONNESSIONE TRA USO DI SOSTANZE E COMPORTAMENTI VIOLENTI
La connessione tra l’uso di sostanze e l’incremento di comportamenti violenti. Un recente studio dell’American Addiction Centers[2] ha evidenziato come l’uso di droga e alcol è presente nei casi di abuso domestico in una percentuale che varia dal 40% al 60%; ogni anno sono circa 300.000 le vittime che riferiscono di aggressioni da parte di persone sotto l’influenza dell’alcol e, solo nel 2016, l’alcol ha causato circa 90.000 morti in seguito a episodi di violenza domestica in tutto il mondo. Inoltre, negli Stati Uniti l’alcol assume un ruolo fondamentale nel 32% dei casi di omicidio. Il consumo di alcol, in particolare, è correlato all’incremento di comportamenti violenti, molto più di altre sostanze. Infatti, sebbene l’intossicazione da sostanze alcoliche (sia nell’aggressore che nella vittima, o in entrambi) non sia necessariamente causa unica ed esclusiva della violenza, può incrementare sensibilmente il rischio che ciò accada. Le ricerche hanno rilevato tra le cause comuni un aumento della disinibizione (l’alcol incoraggia comportamenti che, normalmente, verrebbero repressi, agendo sulle aree del cervello che controllano gli impulsi) o la cosiddetta «alcohol miopia», ovvero il restringimento del focus visivo individuale con conseguente percezione errata della realtà.[3] Inoltre, le sostanze alcoliche influiscono sui processi cognitivi, impattando sulle capacità di controllo della rabbia, di reazione adeguata alle situazioni, nonché di previsione delle conseguenze dei propri comportamenti, il cosiddetto «here-and-now focus».[4]
ADOLESCENTI «BEVITORI ATTUALI»
L’ultimo rapporto globale della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)[5] evidenziava, nel 2018, come l’alcol venisse consumato da più di metà della popolazione in tre regioni (Americhe, Europa e Pacifico occidentale); in tutto il mondo, più di un quarto (26,5%) di tutti i quindici-diciannovenni erano bevitori attuali (circa 155 milioni di adolescenti), con tassi di prevalenza del consumo più alti tra i quindici-diciannovenni nella regione europea (43,8%), seguita dalle Americhe (38,2%) e dalla regione del Pacifico occidentale (37,9%). In tutte le regioni dell’OMS, le donne bevitrici attuali erano in numero inferiore rispetto agli uomini. Inoltre, un quarto (25,5%) di tutto l’alcol consumato nel mondo era non registrato, ossia non considerato nelle statistiche ufficiali nazionali sulla tassazione o sulle vendite, in quanto solitamente prodotto, distribuito e venduto al di fuori dei canali ufficiali. In tutto il mondo, il 44,8% del totale dell’alcol registrato veniva consumato sotto forma di superalcolici, il secondo tipo di bevanda più consumata era la birra (34,3%) seguita dal vino (11,7%).
VIOLENZA DI STRADA E VIOLENZA IN FAMIGLIA
Mentre gli studi precedenti si concentravano principalmente sul ruolo dell’alcol nella violenza di strada (prevalentemente maschio-su-maschio), negli ultimi anni c’è stata una maggiore attenzione sugli episodi di violenza in famiglia e nelle relazioni intime, compresa la violenza sessuale. Gli studi sul coinvolgimento dell’alcol nella perpetrazione di aggressioni sessuali da parte di giovani maschi hanno riscontrato una forte connessione: una indagine in dieci paesi dell’Europa centrale e meridionale ha rilevato che sia l’aggressione sessuale che la vittimizzazione sessuale sono associate al bere in combinazione con il sesso, con tassi più alti nei maschi rispetto alle donne[6]. La situazione si è sensibilmente modificata a seguito della pandemia da Covid-19, laddove si è registrato un aumento significativo della diffusione e dell’utilizzo di sostanze alcoliche, soprattutto nella popolazione più giovane, a causa delle differenti strategie utilizzate dal digital market. Secondo un rapporto del 2021 dell’OMS[7], le piattaforme digitali sono diventate rapidamente un potente strumento di marketing per le bevande alcoliche, in linea con il generalizzato passaggio dai contesti di marketing tradizionali a quelli digitali. Attraverso una raccolta dati costante e sistematica, infatti, le piattaforme digitali raccolgono informazioni sugli individui che vengono utilizzate per indirizzare singoli utenti ed influenzare le preferenze, gli atteggiamenti e i comportamenti dei consumatori.
ESPOSTI AL CONSUMO DI ALCOL
L’ecosistema digitale espone le persone alla pubblicità di alcolici, identifica le persone che hanno maggiori probabilità di acquistare e consumare alcol (spesso quelle più a rischio di sviluppare disturbi da uso di alcol) e trasforma gli utenti in obiettivi vulnerabili. Le ricerche indicano che coloro che consumano più alcol possono essere più suscettibili a tali strategie; tra questi i soggetti più vulnerabili sono bambini e giovani, la cui esposizione precoce al marketing dell’alcol aumenta le possibilità di riportare danni permanenti.[8] In ogni caso, l’alcol non è l’unica sostanza di abuso connessa all’aumento di comportamenti violenti: come rilevato dall’OMS, esso è spesso associato al consumo di sostanze stupefacenti e psicotrope. In particolare, l’alcol viene spesso consumato prima, insieme o dopo l’uso di altre sostanze psicoattive e, inoltre, la comorbilità della dipendenza da alcol e tabacco è stretta e ben documentata; vi è, poi, una frequente associazione del consumo di alcol con l’uso di oppioidi, benzodiazepine e con l’assunzione di cannabis.[9]
ABUSI DI SOSTANZE E AGGRESSIONI SESSUALI: LO STUPRO INDOTTO
Gli studi hanno evidenziato una serie di collegamenti tra l’uso di sostanze e il rischio di subire una aggressione sessuale. All’aumento di vulnerabilità che ne deriva, infatti, si aggiunge nella maggior parte dei casi una condizione di cosiddetta incapacitazione: l’effetto delle sostanze può abbassare le inibizioni e il livello di attenzione, mettendo a rischio la capacità di riconoscere situazioni pericolose e di prendere decisioni consapevoli; in alcuni casi, gli aggressori possono utilizzare droghe o alcol per rendere le vittime incapaci di resistere o proteggersi da un’aggressione sessuale. Questa pratica è spesso indicata come «drug-assisted rape» o «stupro indotto». L’uso di sostanze, inoltre, può portare le persone a partecipare a situazioni ad alto rischio o a frequentare ambienti pericolosi, aumentando la probabilità di diventare vittime di violenza sessuale. Le ricerche hanno evidenziato come in almeno la metà di tutte le aggressioni sessuali tra conoscenti vi è stato consumo di alcol da parte dell’autore, della vittima o, più comunemente, di entrambi[10].
ALCOL E INCREMENTO DEL RISCHIO
Il consumo di alcol può aumentare il rischio di violenza sessuale attraverso effetti sia fisiologici che appresi, o di aspettativa. Da un lato, infatti, la c.d. “alcohol miopia” può portare la vittima a focalizzare l’attenzione su segnali sociali prevalenti (il divertimento, la maggiore disinibizione nelle relazioni sociali etc.) piuttosto che su quelli di rischio ambigui e meno evidenti: in assenza dell’allarme che normalmente deriverebbe dal riconoscere il rischio, una donna potrebbe non provare l’ansia o la paura che la motiverebbero ad allontanarsi da una situazione pericolosa. Dall’altro lato, le aspettative sugli effetti dell’alcol potrebbero indirettamente aumentare il rischio di violenza sessuale motivando una donna a bere eccessivamente per sperimentare gli effetti benefici comunemente associati al bere (soprattutto in contesti conviviali) o aumentando la sua convinzione che l’alcol la renda “socialmente” più accettabile.
AUTOCOLPEVOLIZZAZIONE DELLA DONNA
L’alcol può svolgere un ruolo fondamentale anche riguardo alle conseguenze dell’aggressione sessuale, indipendentemente dal fatto che questa si sia verificata o meno dopo aver bevuto. Bere per far fronte al trauma subìto può portare a problemi di alcolismo e aumentare il rischio di essere nuovamente vittimizzati. Uno dei problemi più frequenti è l’autocolpevolizzazione: se una donna si sente in qualche modo responsabile di un’aggressione sessuale perché aveva assunto sostanze alcoliche, potrebbe essere meno disposta a denunciare la violenza, rendendo così molto più bassa la probabilità di ricevere l’aiuto necessario per affrontare tutte le sue conseguenze. Ciò potrebbe inoltre causare fenomeni come la dissociazione o un forte sentimento di impotenza, che potrebbero renderla più vulnerabile in caso di nuova aggressione. Infine, poiché l’abuso sessuale infantile può comportare problemi di alcolismo da adulto, le donne che hanno subìto tale trauma hanno un rischio maggiore di essere nuovamente vittimizzate e di soffrire di PTSD[11] e delle conseguenze negative della dipendenza da alcol.[12]
COMPROMISSIONE DELLA MEMORIA DELLA VITTIMA
L’alcol, infine, può aumentare l’effetto di alcune sostanze stupefacenti usate dagli aggressori per facilitare una violenza sessuale. Le più comuni sono il Rohypnol, il GHB[13], il GBL[14] e la ketamina, i quali hanno tutti effetti sedativi e di compromissione della memoria della vittima.[15] Questi farmaci sono in genere inodori, incolori e insapori se inseriti in un drink, ad eccezione del GBL, sostanza dal sapore amaro che può essere facilmente mascherato da bevande dal gusto forte. Entro trenta minuti dall’ingestione, la persona può avere difficoltà a parlare o muoversi e può svenire, divenendo vulnerabile all’assalto. Inoltre, a causa degli effetti della droga, la vittima può avere scarso ricordo o addirittura nessuna memoria degli eventi, e per tale ragione molte vittime non denunciano né riferiscono ad altri quanto gli è accaduto.
CONTESTI SPECIFICI: AMBIENTI UNIVERSITARI E MILITARI
Aggressioni sessuali e contesto specifico: gli ambienti universitari e quelli militari. L’analisi della relazione che esiste tra le aggressioni sessuali e l’uso di sostanza alcoliche o stupefacenti si è concentrata su contesti specifici, dove determinati fattori ambientali o sociali potrebbero assumere un ruolo determinante. Uno di questi è rappresentato dal mondo universitario, laddove almeno il 50% delle aggressioni sessuali è collegata all’uso di alcol.[16] Una ricerca condotta nel 2021[17]dall’UK Healthy Universities Network, in collaborazione con le università del Regno Unito e l’Office for Students ha rilevato come l’uso di alcol e droghe è relativamente comune tra gli studenti dell’istruzione superiore. Bere alcolici e assumere droghe fa parte dell’esperienza delle matricole, molte delle quali vivono lontano da casa per la prima volta. Un quarto degli studenti intervistati dall’Higher Education Policy Institute (HEPI) ha dichiarato di aver assunto droghe illegali nell’anno precedente. Il 76% degli intervistati in un sondaggio del 2018 della National Union of Students (NUS) sul consumo di alcol ha dichiarato che ci si aspetta che gli studenti bevano per ubriacarsi.[18] Inoltre, “Everyone’s Invited”, un sito web in cui le vittime di violenza sessuale possono condividere le loro storie in modo anonimo, contiene frequenti menzioni e storie specifiche di alcol e droga nelle testimonianze condivise dagli utenti.[19]
UBRIACHI E CONSENSO
Lo studio riporta anche come gli studenti a tempo pieno hanno più probabilità di subire aggressioni sessuali rispetto a tutti gli altri gruppi occupazionali[20] e, dai sondaggi condotti dall’associazione Brook[21], è emerso come almeno il 50% delle donne ha riportato di avere subito comportamenti indesiderati (cat calling, inseguimenti, conversazioni di tipo sessuale e messaggi di tipo esplicito, contatti fisici inappropriati o rapporti sessuali non consenzienti)[22] e il 62% degli studenti o dei neolaureati ha subìto una violenza di tipo sessuale.[23] Tuttavia, solo il 5% delle donne che ha subìto contatti fisici inappropriati e il 3% di quelle che ha ricevuto messaggi sessuali espliciti indesiderati ne ha fatto denuncia. Inoltre, il 53% degli intervistati ha confermato di aver subìto comportamenti sessuali indesiderati da parte di altri studenti e il 30% degli episodi è accaduto in un campus. Le donne, infine, sono molto più soggette a diventare vittime di tali comportamenti rispetto agli uomini (49% contro il 3%).[24] Quanto al rapporto tra alcol e consenso, solo il 52% degli studenti intervistati è consapevole del fatto che non è possibile prestare il proprio consenso quando si è ubriachi.[25] Il 90% degli studenti si sente sicuro nel dire no alle avances sessuali indesiderate, tuttavia, il 52% di quelli che non lo sono ha riferito di temere che il proprio rifiuto possa condurre alla violenza.[26]
SEXUAL HARASSMENT E COMPORTAMENTI DISCRIMINATORI
Di recente, analoghe riflessioni si sono poste anche nel contesto militare, soprattutto negli Stati Uniti d’America. Ed infatti, sebbene non siano state condotte ricerche specifiche in letteratura scientifica che abbiano esaminato la correlazione tra l’uso di alcol (sia da parte dell’aggressore che della vittima) e le aggressioni sessuali che hanno coinvolto gli appartenenti alle forze armate americane o i veterani, il trend costante sull’uso/abuso dell’alcol da parte dei militari ha indotto le istituzioni[27] a interrogarsi sulla questione, partendo da alcuni dati già presenti. Uno studio del 2019[28] effettuato sul personale del Dipartimento della Difesa americano (Department of Defense, DoD)[29] ha evidenziato come l’alcol fosse presente nel 62% dei casi di aggressione sessuale che hanno coinvolto donne appartenenti al DoD e nel 49% dei casi riguardanti gli uomini. I soggetti target dello studio comprendevano membri del servizio attivo dell’esercito, della marina, del corpo dei marines, dell’aeronautica e della guardia costiera che erano al di sotto di un certo grado ed erano stati in servizio attivo per almeno cinque mesi. Le risposte fornite hanno evidenziato un aumento, rispetto ad un precedente sondaggio del 2016, di tutti i comportamenti considerati sexual harassment (discorsi, battute e messaggi sessualmente espliciti, gesti e contatti fisici sessualmente significativi e non desiderati, relazioni indesiderate), spesso uniti a comportamenti discriminatori (su base sessuale o di genere).[30]
VALUTAZIONE DELLE RESPONSABILITÀ ECOLPEVOLIZZAZIONE DELLA VITTIMA
La diffusa colpevolizzazione della vittima che è stata aggredita sessualmente mentre era ubriaca o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti (a prescindere dalla volontarietà o meno di tale condizione) rappresenta ancora oggi un bias difficilmente superabile nell’opinione pubblica e, soprattutto, negli operatori specializzati chiamati a intervenire. Questa tendenza può influenzare anzitutto il modo in cui le forze dell’ordine o i sanitari trattano la vittima, ostacolando la sua volontà di denunciare il crimine subìto, nonché di cercare aiuto medico o consulenza psicologica specifica. Allo stesso modo, il percorso giudiziario successivo ad una denuncia potrebbe rappresentare una nuova forma di violenza per la vittima, la quale il più delle volte rischia di divenire oggetto del giudizio (e, spesso, del biasimo) al posto del vero responsabile della condotta violenta e riprovevole. La lettura di alcune pronunce degli ultimi anni conferma l’esistenza di questa tendenza che, come un filo rosso, percorre in modo sottile il pensiero di parte della giurisprudenza. E infatti, sebbene i giudici di legittimità siano intervenuti più volte per affermare principi ormai consolidati in tema di violenza contro le donne (in particolare quella di tipo sessuale), è possibile ancora riscontrare dei veri e propri stereotipi, sulla cui base alcuni giudici di merito (ma non solo) effettuano le proprie valutazioni. Ciò accade nonostante la dura reprimenda della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, con la sentenza 5671/16, ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 8 della CEDU per l’uso (in una pronuncia di assoluzione nei confronti di sette uomini accusati di violenza sessuale di gruppo) di «un linguaggio colpevolizzante e moraleggiante che scoraggia la fiducia delle vittime nel sistema giudiziario” e per la “vittimizzazione secondaria cui le espone».[31]
CONFIGURABILITÀ DEI REATI
Il tema si pone non solo in merito alla configurabilità o meno dei reati di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.) e violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.) ma, soprattutto, in relazione al ruolo che l’uso di sostanze alcoliche o stupefacenti (in particolare nella vittima) assume sulla valida prestazione del consenso, nonché sulla applicabilità di eventuali circostanze aggravanti. Quanto al consenso, nonostante siano ancora numerose le pronunce di merito contrastanti[32], è pacifico in giurisprudenza[33] che il consenso all’atto sessuale debba essere verificato nel momento del rapporto, a prescindere dal comportamento eventualmente provocatorio anteriore[34] e debba permanere per tutta la durata dello stesso[35], per cui l’eventuale sopravvenuto dissenso non solo integra il reato di violenza sessuale (singola o di gruppo) ma preclude il riconoscimento dell’attenuante della minore gravità.[36] Tuttavia, vi sono ancora casi in cui tale pacifico assunto presenta dei margini di incertezza. In una recentissima pronuncia[37], infatti, la Cassazione ha annullato una sentenza della Corte di appello di Torino (con la quale l’imputato era stato assolto per mancanza dell’elemento psicologico in merito a plurimi episodi di violenza sessuale aggravata e condannato solo per l’ultimo fatto commesso in ordine di tempo), poiché quest’ultima avrebbe desunto la colpevolezza dell’uomo in base al suo stato colpevole di ubriachezza. Secondo gli ermellini, infatti, «la presunta ubriachezza non sarebbe rilevante come decisivo elemento di colpa nella verifica del consenso e della sua permanenza nel corso del rapporto».
STATO DI ALTERAZIONE DELLA VITTIMA
Diversa è la valutazione dello stato di alterazione della vittima nel momento in cui si discute dell’eventuale applicabilità della circostanza aggravante prevista dall’art. 609 ter, n. 2, c.p., ovvero nel caso in cui la violenza venga commessa «con l’uso di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa». Sul punto, diverse pronunce hanno valutato in senso negativo la «volontaria» assunzione di alcol da parte della vittima ai fini dell’applicabilità della aggravante. Sebbene, infatti, i giudici di legittimità concordino sul fatto che integri il reato di violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica la condotta di chi induca la persona offesa a subire atti sessuali in uno stato di infermità psichica determinato dall’assunzione di bevande alcooliche «essendo l’aggressione all’altrui sfera sessuale connotata da modalità insidiose e subdole, anche se la parte offesa ha volontariamente assunto alcool e droghe, rilevando solo la sua condizione di inferiorità psichica o fisica seguente all’assunzione delle dette sostanze»[38], tale stato assume diverso rilievo ai fini dell’aumento di pena: secondo la Corte, infatti, l’assunzione volontaria di alcol da parte della vittima esclude la sussistenza dell’aggravante, poiché la norma prevede un uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti necessariamente strumentale alla violenza sessuale; pertanto, «deve essere il soggetto attivo del reato che usa l’alcol per la violenza, somministrandolo alla vittima; invece l’uso volontario, incide sì, come visto, sulla valutazione del valido consenso, ma non anche sulla sussistenza dell’aggravante».[39]
ESCLUSIONE DELL’AGGRAVANTE
Analoghi principi vengono ribaditi in una pronuncia del 2020 laddove, con articolata esegesi «letterale e sistematica»[40], si esclude la configurabilità dell’aggravante in base a una presunta volontà del legislatore: «Il riferimento ai «fatti (…) commessi (…) con l’uso» e l’accostamento, in via alternativa, delle sostanze alcoliche o stupefacenti alle armi costituiscono elementi dai quali è ragionevolmente inferibile come, per il legislatore, ai fini dell’aggravante in discorso, il ricorso a tali sostanze rilevi quale strumento per costringere o indurre la vittima a compiere o subire atti sessuali, e, quindi, dia luogo a una situazione diversa, e più grave, rispetto a quella in cui l’agente «si limita» ad approfittare di «una situazione di inferiorità della persona offesa».[41] Tali valutazioni, però, non considerano il contesto specifico in cui è avvenuta tale «assunzione volontaria». Nel caso del 2018, infatti, i due imputati avevano portato la vittima a cena e, dopo averla indotta a bere una quantità eccessiva di vino, l’avevano condotta in camera da letto per sottoporla a ripetute violenze sessuali. Analogamente, la sentenza del 2020 riguarda una vittima già affetta da un «significativo deficit psichico e cognitivo»[42] che, prima di essere ripetutamente abusata, aveva volontariamente «fumato uno spinello».
SI È LIMITATO SOLTANTO AD APPROFITTARE?
Ebbene, fino a che punto si può affermare con assoluta certezza che la volontarietà nell’assumere sostanze alcoliche o stupefacenti (uno spinello) sia tale da configurare una situazione di cui l’aggressore si è solo «limitato ad approfittare» e non costituisca invece parte della condotta volontaria (nella forma dell’induzione) da parte dell’agente? Del resto, proprio i numerosi studi citati in precedenza dimostrano come l’assunzione di alcol, soprattutto nei più giovani, trovi spesso giustificazione nel senso di inadeguatezza, nel desiderio di superare le barriere personali o sociali che limitano i rapporti interpersonali e nella volontà di renderli più semplici attraverso una maggiore disinvoltura. Senza contare i casi di precedenti esperienze traumatiche o negative che potrebbero avere ingenerato nella vittima problemi di dipendenza con le sostanze alcoliche o stupefacenti. La consapevolezza in capo all’aggressore (anche se maturata al momento dell’evento, ad esempio perché ci si rende conto che la persona che si ha di fronte è fortemente propensa a bere e lasciarsi andare) riveste spesso un ruolo fondamentale rispetto alla decisione dello stesso a commettere la violenza (con aspettativa di maggiore libertà di azione), quando non diventa persino strumento preordinato alla consumazione dell’azione criminosa.
SE L’È CERCATA (…)
La consapevole assunzione di sostanze stupefacenti dovrebbe quindi assumere un rilievo differente nella valutazione del fatto, più simile ad una «minorata difesa» che non ad un volontario contributo alla realizzazione dell’evento, l’adagio è «se l’è cercata». Il focus dell’analisi, infatti, dovrebbe essere la condotta dell’eventuale violentatore ed in particolare l’effettiva coscienza e rappresentazione delle condizioni di ridotto (o assente) consenso della vittima. L’ordinamento penale, infatti, si è scoperto attardato nel far fronte in maniera efficace alla complessità del fenomeno, che si è evoluto rapidamente negli ultimi anni, raccogliendo una mutata esigenza sociale di regolazione. Al tempo stesso, l’invecchiamento poco felice di talune norme non è stato mitigato dagli arresti giurisprudenziali, anzi censurati per il tono «colpevolizzante e moraleggiante che scoraggia la fiducia delle vittime nel sistema giudiziario»[43]. Alla luce del cambiamento in atto, sarebbe auspicabile un adattamento sistematico, che non sia una trasformazione radicale, ma che accompagni le nuove vulnerabilità e le relative istanze di tutela con precisione sartoriale. In tal senso, sarebbe ipotizzabile un intervento in scia con le riforme anti-violenza che hanno animato l’attività legislativa degli ultimi anni. Tuttavia, dovrà seguire un’interpretazione dei nuovi istituti che si riveli coerente con tali mutamenti e che non renda lettera morta i tentativi di regolazione, né lasci nuovamente spazio all’inerzia da arretratezza culturale già stigmatizzata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
RIFERIMENTI
[1] Cfr. Global status report on alcohol and health, WHO, 2018.
[2] https://americanaddictioncenters.org/rehab-guide/addiction-and-violence
[3] https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0092965
[4] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3357898/
[5] Cfr. nota 1.
[6] Cfr. nota 1.
[7] “Digital marketing of alcoholic beverages, what has changed?”, WHO, December 2021.
[8] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7063998/
[9] Cfr. nota 1.
[10] https://vawnet.org/material/relationship-between-alcohol-consumption-and-sexual-victimization
[11] Post Traumatic Stress Disorder, o Stress Post Traumatico, cfr. https://www.epicentro.iss.it/stress/
[12] “Under the influence? Considering the role of alcohol and sexual assault in social contexts”, ACSSA – Australian Center for the Studies on Sexual Assault, n. 18/2014
[13] Gamma-idrossibutirrato.
[14] Gamma-butirrolattone, precursore illegale del GHB.
[15] https://www.campusdrugprevention.gov/sites/default/files/2021-11/DFSA.pdf
[16] https://nida.nih.gov/sites/default/files/sexualassault.pdf
[17] https://www.officeforstudents.org.uk/media/52171396-39cd-420c-b094-9aa7246d7278/the-intersection-of-sexual-violence-alcohol-and-drugs-at-universities-and-colleges.pdf
[18] https://www.nusconnect.org.uk/resources/students-alcohol-national-survey
[19] https://www.everyonesinvited.uk/read-testimonies-page-57
[20]https://www.ons.gov.uk/peoplepopulationandcommunity/crimeandjustice/articles/sexualoffencesvictimcharacteristicsenglandandwales/march2020
[21] https://www.brook.org.uk/about-brook/#story
[22] https://legacy.brook.org.uk/press-releases/sexual-violence-and-harassment-remains-rife-in- universities-according-to-ne
[23] https://revoltsexualassault.com/research/
[24] http://legacy.brook.org.uk/data/Brook_DigIN_summary_report2.pdf
[25] http://legacy.brook.org.uk/data/Brook_DigIN_summary_report2.pdf
[26] http://legacy.brook.org.uk/data/Brook_DigIN_summary_report2.pdf
[27] Rapid Review of Alcohol-Related Sexual Assault/ Harassment in the Military – Phsycological Health Center of Excellence, February 2020.
[28] 2018 Workplace and Gender Relations Survey of the Active Duty Military – OPA Report, 2019-024, May 2019, https://apps.dtic.mil/sti/pdfs/AD1072334.pdf
[29] Nello studio sono stati considerati su base statistica tutti gli appartenenti al DoD, quantificati in 1.285.290 uomini (divisi tra Army, Navy, Marine Corps e Air Force), più 41.204 della Coast Guard, sia civili che militari, suddivisi sulla base del genere, dello stipendio percepito, del ruolo ricoperto e della forza di appartenenza.
[30] 2018 Workplace and Gender Relations Survey of the Active Duty Military – OPA Report, 2019-024, May 2019, https://apps.dtic.mil/sti/pdfs/AD1072334.pdf
[31] Corte EDU, sez. I, 27/05/2021, ricorso n. 5671/16, J.L. c. Italia https://hudoc.echr.coe.int/eng#%7B%22itemid%22:%5B%22001-210299%22%5D%7D
[32] Cfr. Corte di appello di Torino, sentenza n. 2277 del 31.03.2022 (dept. il 20.04.2022), Sez. IV penale.
[33] Cfr. da ultimo, Cass. Sez. III, n. 32447 del 26.07.2023.
[34] Sez. 3, n. 7873 del 19/01/2022, D., Rv. 282834-01.
[35] Sez. 3, n. 15010 del 11/12/2018, F., Rv. 275393-01.
[36] Sez. 3, n. 16440 del 22/01/2020, S., Rv. 279386-01.
[37] Cass. Sez. III, 26.07.2023 n. 32447.
[38] Cass. Sez. III, 16.07.2018 n. 32462.
[39] Cass. n. 32462/2018 cit.
[40] Cass. Sez. III, 24.03.2020 n. 10596.
[41] Cass. n. 10596/2020 cit.
[42] Cfr. Cass. 10956/2020 cit.
[43] Cfr. Sentenza CEDU 5671/16 cit.