AFGHANISTAN, state building (1). C’era una volta la ricostruzione, ora rimane la corruzione

Washington sarebbe complice della corruzione sistemica che ha paralizzato lo Stato afghano, questo è quanto sostiene Sarah Chayes nel suo articolo intitolato “Afghanistan’s Corruption Was Made in America: how Self-Dealing Elites Failed in Both Countries”, recentemente pubblicato nella sezione “Summer Reads” della rivista Foreign Affairs

Washington sarebbe complice della corruzione sistemica che ha paralizzato lo Stato afghano, questo è quanto sostiene Sarah Chayes nel suo articolo pubblicato il 13 agosto 2023 nella sezione Summer Reads della rivista “Foreign Affairs” – https://www.foreignaffairs.com/united-states/afghanistans-corruption-was-made-in-america?utm_medium=newsletters&utm_source=summer_reads&utm_campaign=summer_reads_2023&utm_content=20230813&utm_term=fa_summer.

AFGHANISTAN PARADIGMA DI CORRUZIONE

La Chayes, autrice di On Corruption in America e di What Is at Stake, dal 2002 al 2009 ha diretto organizzazioni per lo sviluppo a Kandahar dopo il ritiro talebano nel 2002, prestando in seguito servizio in qualità di assistente speciale dei comandanti della forza militare internazionale inviata in missione nel Paese centroasiatico, nonché del presidente dei capi di stato maggiore congiunti degli Stati Uniti d’America. «Il disastro in Afghanistan e la complicità degli Stati Uniti nel permettere alla corruzione di paralizzare lo stato afghano e renderlo disgustoso per il suo stesso popolo – ella scrisse al riguardo nel settembre 2021 -, non è soltanto un fallimento della politica estera di Washington, ma è anche uno specchio che riflette una versione più florida del tipo di corruzione che da tempo mina anche la democrazia americana».

«TORNA DOMANI CON I SOLDI»

Inviata in Afghanistan nel 2001 da National Public Radio per seguire le operazioni militari che condussero al rovesciamento dell’Emirato islamico del mullah Omar, negli anni seguenti rimase nel Paese centroasiatico che, in quel periodo venne interessato da enormi cambiamenti. La Chayes si impegnò nell’azione di aiuto prestata alle comunità del luogo nella fase di ricostruzione. Dal 2005 operò a Kandahar, dove fondò una cooperativa attiva nel sostegno degli agricoltori nello sforzo di diversificazione delle colture dall’oppio. Riferisce l’autrice che «affinché le imprese operassero in una cornice di legalità era necessario che venisse effettuato un deposito presso la banca nazionale, tuttavia, quando tentammo di farlo l’impiegato della banca esclamò di “tornare domani”; il significato allusivo di questa risposta era chiaro: voleva dire “torna domani… con i soldi”. E questa era una pratica tutt’altro che insolita». Infatti, testimonia la Chayes, che praticamente ogni interazione con un funzionario governativo, inclusi gli insegnanti e i medici, comportava estorsioni, «e il popolo afghano ha pagato non solo in contanti, ma anche in un bene molto più prezioso, la propria dignità».

MALCOSTUME COME PARTE DELLA «CULTURA LOCALE»

Nel corso del tempo la Chayes si è resa conto della profondità del problema: «La corruzione nell’Afghanistan occupato dagli Stati Uniti non era esclusivamente una questione di eventi criminali minori, bensì qualcosa di sistemico». Nel 2009, in qualità di consigliere speciale del comandante in capo americano in Afghanistan, generale Stanley McChrystal, tentò di porvi rimedio, ma, nonostante fossero stati profusi sforzi nella creazione di una task force anticorruzione, i piani che aveva allo scopo elaborato non vennero mai attuati. Ella afferma che «molti funzionari del Pentagono e del Dipartimento di Stato si convinsero che la corruzione costituisse soltanto un aspetto della cultura afgana, come se qualcuno accettasse volentieri di essere umiliato e derubato dai funzionari del governo».

IL RITORNO DEI TALEBANI

Nell’estate del 2021, contestualmente al ritiro del dispositivo militare americano dall’Afghanistan i talebani ripresero rapidamente il controllo del Paese. A quel punto non era certo una sorpresa per nessuno il fatto che il popolo afghano non avrebbe imbracciato le armi per combattere agli ordini del governo corrotto di Kabul. Tuttavia, ad avviso della Chayes alla base di tutto andrebbe rinvenuta un’altra verità, più profonda: l’Afghanistan e gli Stati Uniti d’America erano afflitti da problemi simili nonostante fossero paesi molto diversi. «Quando si tratta di consentire ai profittatori di influenzare la politica e permettere a leader corrotti ed egoisti di paralizzare lo Stato e angariare i suoi cittadini, Afghanistan e Usa hanno molto in comune», afferma la Chayes, che aggiunge inoltre come «negli ultimi decenni i leader americani abbiano perso due guerre, si siano collusi in una fiorente crisi degli oppioidi, abbiano pasticciato nel fornire una risposta alla pandemia di Covid-19 e abbiano accelerato il moto delle catastrofi ambientali». Ella conclude con un interrogativo retorico: «E, come se la sono cavata gli artefici di questi disastri e i loro complici? Mai in maniera migliore di così».

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