Mentre a Washington il Dipartimento di Stato ha disposto la partenza del personale in servizio presso l’ambasciata americana a Niamey che non risulti essenziale al funzionamento di quest’ultima, nella capitale del Paese africano alcune migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per sostenere i militari golpisti che otto giorni fa hanno deposto il presidente Mohamed Bazoum, attualmente ancora prigioniero. Essi, scandendo gli slogan «abbasso la Francia!», «evviva la Russia ed evviva Vladimir Putin», in occasione dell’anniversario dell’indipendenza nazionale da Parigi hanno aderito all’appello lanciato dal M62, una coalizione sovranista. Ma, quanto davvero sta incidendo l’azione di Mosca sulle dinamiche in atto in quella parte dell’Africa subshariana?
QUANTO IL CREMLINO DAVVERO PUÒ CONDIZIONARE LO SCENARIO?
Sull’argomento ha avuto modo di intervenire il professor Mario Giro, docente di relazioni internazionali e già viceministro degli Affari esteri con delega alla Cooperazione internazionale. Egli, che ha recentemente fatto ritorno da un viaggio nel Burkina Faso, nel corso di una lunga intervista concessa a insidertrend.it (la cui registrazione audio integrale è possibile ascoltare di seguito – A560), partendo dal conflitto in atto in Ucraina e dalla conseguente guerra del grano, ha svolto una serie di riflessioni riguardo alle reali capacità del Cremlino di condizionare gli eventi nel Sahel, giungendo alla conclusione che, nei fatti, queste sarebbero tutto sommato ridotte.
PRESENZA DELLA WAGNER IN AFRICA
«Oggi tutti parlano del coinvolgimento dei russi perché i media occidentali, dato il clima generato dal conflitto in Ucraina, li vedono dietro a qualunque avvenimento – afferma Giro -, perché la Russia sarebbe diventata il nemico di tutti, il grande distruttore della stabilità mondiale. Ovviamente la guerra in Ucraina è un fatto primordiale molto grave, la decisione del regime di Mosca di aggredire militarmente un paese sovrano… però, poi da questo si generalizza, poiché in realtà la presenza della Wagner in Africa è stabilita soltanto in tre paesi: Libia, Repubblica Centrafricana e Mali, dunque non in Burkina Faso, neppure in Guinea, che hanno subito anch’essi colpi di stato, e tantomeno in Niger. Tuttavia, viene utilizzata come spauracchio dalle giunte militari per mantenere gli occidentali lontano da loro. Insomma, come dire “state buoni altrimenti andiamo dai russi”. È una sorta di alibi».
UNO SPAURACCHIO UTILIZZATO PER BLOCCARE L’OCCIDENTE
Ad avviso del professor Giro, che va ricordato essere anche un autorevole esponente della Comunità di Sant’Egidio, i media occidentali «un po’ cadono anche nella trappola» e titolano sulla Wagner. «Ma dopo il tentativo di mettersi in marcia da Rostov verso Mosca la Wagner probabilmente non esiste più – egli aggiunge -, mentre il Cremlino ha ufficialmente fatto sapere che il deposto presidente nigerino Bazoum dovrà ritornare al potere. Gli americani stessi hanno dichiarato che i russi non c’entrano niente, quindi, tutto mi pare abbastanza evidente». Diverso è il discorso relativo al clima che si è andato creando in quei paesi, con la Francia che sta pagando trent’anni di neocolonialismo posto in essere in varie forme, anche attraverso la sua presenza militare.
GUERRA DEL GRANO: IL FALLIMENTO DEL VERTICE DI SAN PIETROBURGO
«Vero è in ogni caso – sottolinea Giro -, che la Russia, al pari dei jihadisti in precedenza, due cose ovviamente molto diverse tra loro, occupano spazi lasciati vuoti. Quindi, per ora i russi non ci sono, ma domani potrebbero esserci, qualora l’Europa e l’Occidente più in generale non troveranno un modus vivendi con questi regimi. È evidente che la Russia ha molto poco denaro da spendere in Africa, poiché non è certamente in grado di investire come fanno i cinesi e gli occidentali, però ha le armi, che può regalare a questi regimi. Inoltre c’è la questione del grano, che preoccupa molto l’Africa. Al recentissimo vertice di San Pietroburgo hanno partecipato soltanto diciassette capi di Stato africani, mentre l’ultima volta ce ne erano stati quarantatré. Ma l’aspetto più interessante è stato che gli africani presenti al vertice hanno esplicitamente chiesto ai russi di cessare questa guerra».
GLI AFRICANI DICONO: «BASTA CON LA GUERRA!»
«Gli africani non vogliono la guerra all’Ucraina – prosegue l’ex viceministro degli Esteri -, sono contro l’aggressione. Non si schierano neppure con gli occidentali, perché si rendono conto che questi non fanno nulla per fermarla, quindi chiedono a entrambe le parti di farla finire. A questo punto speriamo che gli americani si decidano a trovare una exit strategy che porti a una tregua , soprattutto, speriamo che la missione dell’inviato del Pontefice, il cardinale Matteo Maria Zuppi possa creare un’atmosfera diversa». Tornando al Niger, il professor Giro ha dichiarato a insisdertrend.it di avere mantenuto un contatto telefonico, anche nel corso della sua prigionia finché è stato possibile, con il deposto presidente Mohamed Bazoum.
PERMANE APERTO UN CANALE DI DIALOGO
Evidentemente i militari golpisti intendevano lasciare aperto un canale di dialogo, ma al momento pare che gli abbiano tagliato anche la corrente elettrica. Afferma Giro che «con ogni probabilità c’è dunque un negoziato in corso che ha luogo ancora in parte attraverso la mediazione del precedente presidente Mahamadou Issoufou, che di Bazoum è amico e mentore, nonché differenti visioni da parte delle varie forze armate. infatti, come si è potuto appurare dagli eventi, la mattina del giorno del colpo di stato c’è stata la ribellione della Guardia presidenziale, la sera sembrava che fosse l’esercito a comandare, ma la mattina seguente il comandante della Guardia presidenziale, generale Tchiani, ha assunto il potere».
COLPI DI STATO E TRATTATIVE
«Nei decenni passati – conclude Giro -, quando si verificavano questi colpi di stato i presidenti venivano uccisi, adesso questo non accade quasi più: non è successo in Guinea e neppure in Burkina Faso, tanto meno in Mali e adesso non sta accadendo in Niger. Alla fine Bazoum verrà liberato». Nel corso della lunga intervista sono stati inoltre trattati i temi relativi alla migrazione, al disimpegno francese dall’Africa, all’attacco occidentale alla Libia, alla conseguente deposizione di Gheddafi e alla critica situazione che si è venuta a creare in conseguenza.