Il promotore di Giustizia di oltre Tevere, Alessandro Diddi, ha chiesto una pena di sette anni e tre mesi di reclusione per il cardinale Angelo Becciu, imputato per la presunta cattiva gestione dei fondi della Segreteria di Stato vaticana, per il resto degli imputati a processo le pene da egli richieste al Tribunale ammontano invece a settantatré anni complessivi e un mese di carcere, oltreché di misure interdittive e sanzioni pecuniarie.
LA REQUISITORIA DEL PROMOTORE DI GIUSTIZIA
Nel corso della sua requisitoria, il Promotore di Giustizia vaticana ha letto in Aula il contenuto di alcune chat del porporato sardo con i propri familiari, commentandole nel modo seguente: «Sono amareggiato per il livello a cui il cardinale abbia potuto abbassare questo processo, senza il minimo gesto leale nei nostri confronti». Diddi ha quindi sottolineato come l’imputato principale del processo abbia «usato questa strategia della demolizione contro tutti quelli che hanno osato mettersi contro di lui: sono stati tutti denunciati, come ad esempio L’Espresso e lo stesso monsignor Alberto Perlasca, accusato anche di subornazione di testimone».
LE VICENDE SPES E MAROGNA
In precedenza, il Promotore di Giustizia aveva sottoposto al giudice gli elementi che, a suo avviso, integrerebbero gli estremi del reato di peculato a carico di Becciu in ordine alla vicende relativa a Cecilia Marogna e alla cooperativa Spes, gestita in Sardegna da suo fratello Antonino. Diddi ha definito come «provati» i capi d’imputazione a carico del cardinale, aggiungendo che per quanto concerne invece la Marogna, ella sarebbe stata accreditata in Segreteria di Stato quale analista geopolitica senza tuttavia averne alcun titolo, ma esclusivamente in virtù dell’amicizia con il prelato. «Una vicenda patetica, un’autentica patacca – ha dichiarato il Promotore di Giustizia -, poi, per quanto riguarda i 575.000 euro versati alla donna dai conti IOR (Istituto delle Opere di Religione, la banca vaticana, n.d.r.) della Segreteria di Stato, finiti in spese personali e voluttuarie, persino soggiorni in lussuosi resort (…) erano soldi che dovevano venire destinati alla carità, inviati alla donna per finalità umanitarie».