Da dove partire per tentare di approcciare un tema a tal punto complesso e controverso, un problema che ormai non è più un problema, poiché si è di fronte a una fenomeno evoluzionistico che interessa l’intera umanità?
ATAC BUS 492, ORE 20:10
All’inizio della sera del 14 giugno 2023 l’autore di questo articolo ritornava a casa da Palazzo Firenze, sede romana della Società Dante Alighieri, che aveva da poco ospitato l’interessante dibattito, corredato da due toccanti testimonianze rese da un giovane immigrato afghano integratosi in Italia da qualche anno e di una signora ebrea ungherese sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti. A bordo dell’autobus della linea 492 che transitava in via Tiburtina all’altezza del lungo muro perimetrale del cimitero monumentale Campo Verano, in prossimità del suo capolinea alla Stazione Tiburtina, un giovane africano ubriaco, uno dei tanti che ciondolano avanti e indietro privi di una occupazione lavorativa né, probabilmente, di speranze esistenziali, dopo avere barcollato un poco e imprecato bestemmiando in uno stentato italiano, si è avvicinato a una giovane donna bianca che era seduta e ha iniziato a importunarla mettendole le mani addosso.
L’IMMIGRATO UBRIACO E MOLESTO
L’autobus era quasi vuoto, c’erano soltanto cinque persone: l’africano ubriaco, la sfortunata giovane donna, un’altra signora seduta nelle file posteriori, il conducente del mezzo pubblico e l’estensore di questo articolo. Fortunatamente il giovane afro non ha avuto l’occasione di commettere atti maggiormente lesivi della persona e gravi sul piano penale (ammesso che qualcuno lo abbia arrestato, processato, condannato e, magari, a norma di Costituzione anche rieducato). Una buca nell’asfalto della corsia preferenziale, infatti, gli ha fatto perdere l’equilibrio ed è finito in terra. La giovane donna ne ha approfittato per allontanarsi e mettersi al sicuro vicino all’altra gente a bordo dell’autobus (cioè l’estensore dell’articolo e la signora seduta dietro). Il giovane africano ha bestemmiato nuovamente e quindi ha battuto violentemente sul vetro della porta del mezzo pubblico, che, seppure si trovasse lontano da una fermata è stata aperta dal conducente che lo ha fatto così scendere liberando tutti di una fastidiosa presenza.
NECESSARIO RIFLETTERE E AGIRE
Ebbene, la giovane donna e rimasta silente fino al capolinea, bianca in volto, mentre il conducente dell’ATAC ha espresso a parolacce il suo disappunto per le condizioni nelle quali si trova quotidianamente a lavorare. Quali traumi può aver subito quella donna? Magari era una madre di famiglia che si è poi tenuta tutto dentro per non preoccupare i suoi figli e i suoi familiari. È soltanto un episodio che nelle cronache quotidiane potremmo definire come «marginale», certo, tuttavia è un ottimo stimolo a una profonda riflessione, soprattutto dopo che si sono ascoltate analisi dei massimi sistemi su immigrazione, accoglienza e immigrazione. Tutte corrette e fondate, per carità, ma che spesso cozzano con la vita (meglio: con la sensibile riduzione della qualità della vita di un paese occidentale come l’Italia).
MULTICULTURALITÀ E ASSIMILAZIONE: UN SOSTANZIALE FALLIMENTO
Accogliere è anche il titolo dell’ultimo saggio scritto a quattro mani da Andrea Riccardi e Lucio Caracciolo, edito per i tipi di Piemme, nel quale, prendendo le mosse dalla sostanziale inadeguatezza (meglio: fallimento) dei modelli sperimentati rispettivamente nel mondo anglosassone e in Francia, il riferimento è alla multiculturalità e all’assimilazione, si giunge a rendere un chiaro quadro prospettico della situazione demografica, in particolare in Italia. Nel Paese nascono sempre meno bambini, questo nonostante abbozzi di politiche per la famiglia che dovrebbero sostenere economicamente e più in generale sul piano del welfare le giovani coppie ponendole nelle condizioni di concepire e mettere al mondo una maggiore percentuale di prole. Non sta funzionando troppo bene, anche perché, oltre alla diffusa precarietà sui risultati incidono altresì le mutate sensibilità riscontrate nella società. E allora tutto scivola sul piano della propaganda politica, la più comoda e immediata.
ARRESTARE LA SOSTITUZIONE ETNICA!
Per una classe politica come quella attuale, che, se si escludono rari casi, guarda al massimo al proprio ombelico (le prossime elezioni, che siano amministrative, politiche o anche europee), diviene giocoforza fare leva sugli istinti (legittimi quanto perniciosi) di paura e quindi di difesa della popolazione, soprattutto di quella meno abbiente (attenzione: la classe media conosce un fenomeno di crescente erosione), che questi epocali mutamenti li vive sulla propria pelle, come la giovane donna aggredita sull’autobus della linea 492 a Roma. Non è necessario risolvere il problema, anzi è praticamente impossibile, tuttavia una immagine di reazione muscolare a esso è in grado di catalizzare consensi nelle urne, soprattutto se “pompata” da una stampa che accentua la rilevanza di certi crimini concentrando su di essi (al di fuori di ogni riferimento statistico) il focus delle proprie titolazioni e dei propri servizi. Tuttavia il problema permane.
NELLE MANI DI ERDOĞAN, SAÏED E HAFTAR
«Arrestare la sostituzione etnica» ha recentemente ribadito pubblicamente un ministro di questa Repubblica, riprendendo concetti tratti dalle sue letture dei tempi della militanza nelle formazioni eredi del Movimento sociale italiano. Ma sarà possibile farlo senza ricorrere alla «pulizia etnica»? Blocchi navali, rimpatri, pagamenti di Stati (a volte non in linea con il rispetto dei diritti umani, altre volte veri e propri buchi neri colmati da mafie, jihadisti e bande armate), non è questa la sede per soffermarvisi su a discuterne, si rinvia ad altra sede, ma è certo che i tempi si riducono sempre più, poiché nei prossimi decenni i flussi da Africa e Asia saranno di dimensioni gigantesche e, allora, sarà troppo tardi anche solo per abbozzare una politica di integrazione.
PAROLA CHIAVE: ACCOGLIENZA
Ad avviso degli autori del volume, la società italiana con il suo progressivo inarrestabile invecchiamento perderà sempre più la propria capacità di accogliere e integrare, con tutto ciò che ne consegue. Secondo il professor Andrea Riccardi (storico di formazione cattolica, presidente della Società Dante Alighieri e tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio) «l’Italia procede verso un dolce declino», ignorando che il termine «accoglienza» è invece la parola chiave, declinata sui piani dell’atteggiamento, dell’approccio e del comportamento. «Accogliere – egli aggiunge – è fecondità del futuro, trasformazione» A questo punto, pone però un interrogativo: «È davvero possibile arrestare il fenomeno della sostituzione etnica?», poiché, sottolinea, «un popolo per vivere, o almeno sopravvivere, deve necessariamente cambiarsi. Ma la direzione che oggi ha preso l’Europa è di difesa, di chiusura. La fortezza Europa, appunto».
LA FORTEZZA EUROPA EL PRAGMATISMO DI ROMA ANTICA
Ma, accogliere vuol dire necessariamente perdere la propria identità? Pe Riccardi non necessariamente, dato che «il modello dell’adozione cui si ricorreva frequentemente ai tempi di Roma antica è una ipotesi praticabile anche alla luce delle esperienze non del tutto di successo della multiculturalità e dell’assimilazione. Questo per la ragione che i romani erano pragmatici e non avevano il culto del sangue. Oggi – conclude Riccardi -, l’immigrazione e forse l’ultima chance che resta al Paese a fronte del suo declino demografico».
ascolta di seguito l’intero dibattito di presentazione del volume “Accoglienza”, che ha avuto luogo il 14 giugno scorso a Palazzo Firenze, sede della Società Dante Alighieri (A542)