BALCANI, crisi e tensioni. Serbia e Cossovo: mercoledì potrebbe aprirsi uno spiraglio nella trattativa

Lo scorso maggio sia Belgrado che Pristina sono entrati in una fase di intensa destabilizzazione interna per cause diverse. La situazione che ne è derivata induce a ritenere che stia iniziando un nuovo periodo di destabilizzazione dalle conseguenze non prevedibili

a cura di Giuseppe Morabito, generale in ausiliari dell’Esercito italiano attualmente membro del Direttorio NATO Defence College Foundation – Le cronache indicano che Serbia e Kosovo lo scorso mese di maggio sono entrati entrambi in una fase di intensa destabilizzazione interna per motivi palesemente diversi. La situazione attuale fa ritenere che i due Stati balcanici, la Serbia in particolare, stiano entrando in una nuova fase di crisi con conseguenze negative non prevedibili, mentre il Kosovo rischia di isolarsi anche dai suoi più stretti alleati, inclusi gli Stati Uniti d’America.

EFFERATE VIOLENZE IN SERBIA

La Serbia è stata scossa da due crimini violenti, i più violenti della sua storia recente, all’inizio di maggio. Il 3 maggio, un ragazzo di tredici anni ha aperto il fuoco nella sua scuola elementare nel centro di Belgrado, uccidendo nove studenti e un insegnante. Due giorni dopo un altro giovane ha assassinato nove persone sparando con un fucile automatico in due villaggi vicino alla città di Mladenovac. Conseguentemente, in risposta a questi atti delle proteste sono scoppiate sia nella capitale che in altre città del paese, con decine di migliaia di persone scese in piazza per condannare la violenza armata, delle quali alcuni hanno attribuito le cause alle politiche del governo dell’ultimo decennio. Manifestanti e partiti di minoranza di opposizione hanno affermato che il presidente Aleksandar Vučić e il suo governo avrebbero contribuito a creare un clima di intolleranza e violenza utilizzando i media filogovernativi per mettere a tacere i critici e l’opposizione. Le proteste sono iniziate pacificamente ma sono diventate in breve problematiche, con i manifestanti che hanno bloccato due volte un ponte autostradale e si sono radunati davanti alla sede dell’emittente pubblica.

POLITICIZZAZIONE DELLE PROTESTE A BELGRADO

La minoranza ha incolpato Vučić e il suo partito per le sparatorie e le proteste SI sono rapidamente politicizzate. Sono stato chieste sia  le dimissioni del presidente Vučić, del ministro dell’interno Bratislav Gasić e del direttore della Security Intelligence Agency (BIA) serba, il filorusso Aleksandar Vulin, sia la presunta necessità di dare maggiori libertà ai media. Dopo che in maggio a Belgrado si sono verificate le più grandi manifestazioni antigovernative dalla caduta di Slobodan Milošević, Vučić ha risposto organizzando una contromanifestazione di massa, radunando decine di migliaia di sostenitori nella capitale. Inoltre, si è dimesso dalla carica di presidente del Partito progressista, anticipando la formazione di un nuovo movimento politico. Tuttavia, i manifestanti della minoranza sono apparsi indifferenti a tale iniziativa contrapposta e hanno promesso di continuare la protesta fino a quando non si verificherà un cambio di governo, il che implica che la Serbia potrebbe entrare in uno dei periodi più instabili dell’ultimo decennio. Nonostante la dimostrazione di forza e sostegno di Vučić, è probabile che le manifestazioni continuino, con un grave impatto sulla situazione politica.

TENSIONI IN COSSOVO

Intanto, a causa delle polemiche riguardo alle elezioni amministrative tenutesi nel nord del Kosovo il 23 aprile scorso, alla fine di maggio si è aperto un nuovo fronte anche in Kosovo. Il principale partito serbo locale, la Lista serba, ha boicottato le consultazioni elettorali e l’affluenza alle urne è stata soltanto del 3,47 per cento. La Lista serba ha chiesto il boicottaggio perché le principali richieste di Belgrado, tra cui la formazione di una associazione dei comuni serbi (ASM) e il ritiro delle forze speciali kosovare dal nord del paese, non erano state soddisfatte. I risultati, con tale minima partecipazione, sono stati quelli che il partito albanese Vetevendosje! (Autodeterminazione!), che esprime il primo ministro Albin Kurti, si è affermato nelle municipalità di Mitrovica Nord e Leposavić, mentre il Partito democratico del Kosovo, che è all’opposizione, ha vinto a Zvečan e Zubin Potok. La scarsa affluenza alle urne ha immediatamente sollevato interrogativi sulla legittimità dei risultati elettorali, oltreché sull’impatto sulle future relazioni tra Belgrado e Pristina.

DISORDINI E INTERVENTO DELLA KFOR

Nonostante l’affluenza irrisoria, il primo ministro kosovaro Albin Kurti ha deciso di procedere egualmente all’insediamento dei sindaci di etnia albanese nelle municipalità a maggioranza serba del nord, che hanno quindi prestato giuramento grazie alla protezione fornita loro dalla polizia (Kosovo Police) e dalle forze speciali di polizia (ROSU). Ciò ha scatenato nuove proteste su larga scala da parte dei serbi nel nord. La nomina di sindaci di etnia albanese ha suscitato, come era logico prevedere, indignazione negli Stati Uniti e nell’Unione europea, con Washington che ha addirittura invocato sanzioni politiche contro Pristina, e il cosiddetto «Quint» (un gruppo decisionale informale composto dagli Stati Uniti d’America e dal G4, cioè Francia, Germania, Italia e Regno Unito) che ha condannato l’azione di Kurti. Infine, all’apice della crisi, il 29 maggio i soldati della KFOR in dispiegamento antisommossa si sono scontrati con i manifestanti serbi. Più di settanta persone sono rimaste ferite, tra le quali almeno trenta militari della NATO, inclusi italiani e ungheresi. Le proteste sono poi proseguite per fortuna  pacificamente.

WASHINGTON AMMONISCE PRISTINA

Washington ha minacciato sanzioni a meno che Pristina non prenda provvedimenti per pacificare la situazione. La prima sanzione, ad avviso dell’’ambasciatore Usa a Pristina Jeffrey Hovenier, sarebbe la cancellazione della partecipazione della Forza di sicurezza del Kosovo all’esercitazione militare Defender Europe 2023 guidata dagli Stati Uniti. Inoltre, gli americani cesserebbero di assistere il Kosovo nell’azione tesa all’ottenimento del riconoscimento ufficiale da Stati che finora non lo hanno fatto, così come nel processo di integrazione nelle organizzazioni internazionali. Questa è palesemente una battuta d’arresto significativa nelle relazioni del Kosovo con il suo alleato chiave, gli Stati Uniti. La combinazione delle proteste antigovernative in Serbia e dell’escalation delle tensioni nel nord del Kosovo alimenta in maniera significativa i rischi di destabilizzazione regionale, minacciando altresì di far deragliare il dialogo tra Belgrado e Pristina, che negli ultimi mesi aveva compiuto importanti progressi.

RISCHI DI DESTABILIZZAZIONE

Inoltre, le azioni sempre più radicali del primo ministro Kurti potrebbero comportare un completo fallimento nell’attuazione degli accordi raggiunti all’inizio di quest’anno, sia a Bruxelles che a Ohrid (Ocrida, Macedonia del Nord), dove ha avuto luogo l’incontro tra i due capi di governo). Intanto, a Belgrado, la tenuta del potere da parte del presidente Vučić, sostenuto dall’Occidente quale promotore di un accordo di normalizzazione con gli albanesi, parrebbe affrontare sfide significative ma non definitive. L’Unione europea, da parte sua, ha condannato con la massima fermezza gli atti di violenza contro cittadini e militari della KFOR. Per Bruxelles la violenza avrebbe potuto essere evitata e dovrà essere evitata in futuro. L’Unione europea sostiene fermamente la missione KFOR della NATO e la missione EULEX nell’adempimento dei rispettivi mandati, quindi è pronta a ricorrere a misure risolute. Il mancato allentamento delle tensioni avrà conseguenze negative, ci si aspetta che Pristina agisca in modo da non inasprire le tensioni e sospenda immediatamente le operazioni di polizia nelle vicinanze degli edifici comunali nel Kosovo settentrionale.

LA SETTIMANA DECISIVA VERSO LA PACE?

L’Unione europea desidera che sia il Kosovo che la Serbia agiscano in modo responsabile e si impegnino immediatamente nel dialogo, facilitato da Bruxelles al fine di rinvenire una soluzione sostenibile alla situazione nelle municipalità settentrionali dove l’etnia serba è maggioranza, qualcosa che garantisca la sicurezza e la democrazia partecipativa a tutti i cittadini e spiani la strada all’attuazione dell’accordo sul percorso verso la normalizzazione. Ciò deve comprendere l’avvio senza ulteriori indugi o condizioni preliminari dei lavori per la costituzione dell’associazione/comunità dei comuni a maggioranza serba. Mercoledì prossimo, 13 giugno 2023,  alle ore 11:30 la Presidente della Repubblica del Kosovo Vjosa Osmani si rivolgerà ai parlamentari europei nel corso di una seduta solenne a Strasburgo. Potrebbe essere la settimana decisiva verso la pace.

Condividi: