a cura di Andrea Gagliarducci, vaticanista dell’agenzia giornalistica ACI Stampa, pubblicato il 10 giugno 2023 https://www.acistampa.com/story/diplomazia-pontificia-la-missione-di-pace-in-ucraina?utm_campaign=ACI%20Stampa&utm_medium=email&_hsmi=261976683&_hsenc=p2ANqtz–X7xzg07H3wZj8HrQ93iG_61Ceq5RJPeERp6HA9PDqtSoL4PdtFRacrqV-aoKkrRPZBiCtbkjNCbN-AbknTp6bYv_VmTgVpiS0fv0bzPmykiaY0Is&utm_content=261976683&utm_source=hs_email – I riflettori diplomatici della settimana sono stati puntati sulla missione di pace del cardinale Matteo Zuppi in Ucraina. Non è escluso che il presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) possa andare anche a Mosca. In ogni caso, prosegue l’impegno della Santa Sede per la pace in Ucraina. Lo scorso 6 giugno l’arcivescovo Gallagher è tornato dal suo viaggio in Mongolia, con la quale lo scorso anno la Santa Sede ha festeggiato il trentesimo anno di relazioni diplomatiche. Tuttavia, quella di Gallagher è stata la prima visita di un officiale vaticano di alto livello nel Paese asiatico. È previsto che ci si rechi anche il Pontefice dal 31 agosto al 4 settembre.
IL CARDINALE MATTEO MARIA ZUPPI IN UCRAINA
È tornato da Kyiv (Kiev, n.d.r.) il 7 giugno scorso, in tempo per partecipare alla presentazione del libro “Il senso religioso” e, anche, per riferire al cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, della sua missione in Ucraina. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, ha sottolineato a margine della presentazione del volume che il suo lavoro non è stato «una mediazione», piuttosto «manifestare interesse, vicinanza, ascolto affinché il conflitto possa trovare percorsi di pace», tutto il resto, ha aggiunto, sono «attese o speculazioni di alcuni». Zuppi ha portato a Zelensky una lettera del Papa. Dal canto suo, il presidente ucraino ha sottolineato che «un cessate il fuoco e un congelamento del conflitto non porteranno la pace, anzi, il nemico approfitterà della pausa per riorganizzarsi e lanciare ulteriori attacchi, per provocare una nuova ondata di crimini e terrore. La Russia deve ritirare tutte le sue truppe dal territorio entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale».
LA POSIZIONE DI ZELENSKY RIBADITA AL VATICANO
Zelensky ha rimesso al centro la Formula di Pace Ucraina, chiedendo di coinvolgere il maggior numero di Paesi, «compreso il Sud del mondo» nel Summit globale per la Pace. Su Telegram, egli ha scritto che «solo sforzi congiunti, isolamento diplomatico e pressioni sulla Russia possono portare una giusta pace» e ha chiesto alla Santa Sede «di contribuire ad attuare» i dieci punti del «piano di pace ucraino», con cui si chiede «il ritiro delle forze russe, risarcimenti e persecuzione della leadership russa di guerra». Il presidente ucraino ha anche sottolineato che il suo paese «accoglie con favore la disponibilità di altri Stati e partner a trovare strade per la pace, ma poiché la guerra è sul nostro territorio l’algoritmo per raggiungerla può essere soltanto ucraino».
LA DISTRUZIONE DELLA DIGA DI KAKHOVA
Il cardinale ha altresì espresso la sua preoccupazione riguardo alla distruzione della centrale idroelettrica di Kakhova. Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa greco cattolica ucraina, in un comunicato ha sottolineato come la distruzione della centrale sia «un ennesimo crimine di guerra, un terribile disastro ecologico e un peccato contro Dio creatore che ha chiamato a sviluppare, non a distruggere, il mondo che Egli ha creato. Non solo la distruzione della centrale ha provocato migliaia di sfollati, ma rappresenta anche una minaccia per la centrale nucleare di Zaprizhzhya temporaneamente occupata». Nei suoi giorni a Kyiv, il cardinale Zuppi ha avuto modo di incontrare i rappresentanti del Consiglio pan-ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni religiose, che rappresenta il 95% delle confessioni ucraine. L’incontro ha avuto luogo il 5 giugno, presso la nunziatura apostolica della capitale.
IL RUOLO DELLE CHIESE NEL FUTURO PEACEBUILDING
Guidati dal vescovo Vyacheslav Horpynchuk, i rappresentanti hanno riferito al cardinale delle devastanti conseguenze dell’aggressione russa contro l’Europa, espresso la visione delle Chiese per lo stabilimento di una giusta pace in Ucraina e posto in luce diverse questioni umanitarie. Da parte sua, Zuppi ha replicato che «il ruolo della Chiese sarà considerato nelle future attività di peacebuilding». Nel frattempo il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha sottolineato come «sarà il cardinale Zuppi a vedere cosa fare, cioè quali ulteriori passi compiere, tuttavia permane comunque aperta la prospettiva di Mosca, anche se poi concretamente si vedrà». Il Segretario di Stato vaticano ha altresì chiarito che la missione del cardinale Zuppi «era intesa come una collaborazione, un’ulteriore contributo che la Santa Sede può dare alla pace. Credo che, per quello che è avvenuto lì, non sia avvenuto niente di nuovo rispetto a quanto il presidente Zelensky aveva detto al Papa, a quanto aveva spiegato al Papa». Insomma, ad avviso del Segretario di Stato vaticano «la posizione dell’Ucraina è sempre quella, ma il fatto di parlarsi e di sentire anche posizioni o prospettive un po’ diverse certamente può essere utile e favorevole alla pace. Quali sviluppi ci saranno non lo so».
ZUPPI INCONTRA MORATINOS A RONDINE
Tornato dalla missione di pace in Ucraina, il cardinale Zuppi si è recato a Rondine Città della Pace per partecipare a una manifestazione di giovani contro la guerra. Lì ha incontrato Miguel Àngel Moratinos, Sottosegretario generale delle Nazioni Unite, nella prima delle quattro «giornate disarmanti», come le ha definite Franco Vaccari, fondatore di Rondine. Moratinos ha affermato che «le Nazioni Unite sostengono la missione del cardinale Zuppi. Se è un dovere morale e politico aiutare il popolo ucraino e condannare l’aggressione russa, occorre anche guardare al futuro e quindi fare tutto il possibile per fermare al più presto la guerra. Perciò abbiamo bisogno di persone che possano favorire il dialogo». Egli ha portato al cardinale Zuppi i saluti del Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. I due hanno avuto un incontro informale, nel corso del quale Moratinos ha avuto modo di sottolineare che alle Nazioni Unite sono «ben consapevoli di quanto il Papa e la Santa Sede si siano spesi per la pace fin dal primo giorno della guerra in Ucraina». «Nell’ultimo anno ho già incontrato Francesco tre volte – ha egli aggiunto -, dovevo vederlo anche sabato prossimo ma è ricoverato in ospedale. La scelta di nominare il cardinale Zuppi è una buona notizia e considero la sua missione molto importante». Il cardinale Zuppi ha replicato che «non c’è nessuno che non possa fare qualcosa per la pace. Se è vero, come sappiamo, che chi uccide un uomo uccide il mondo, siamo anche persuasi che chi salva un uomo salva il mondo e “salvare” non vuol dire soltanto strappare dalla morte ma anche soccorrere chi è oppresso o cercare un futuro nuovo».
I DUBBI DEI DOMENICANI DI UCRAINA
Per il cardinale, questo futuro «non può prescindere dall’imparare a stare insieme», come indica il Pontefice nella Fratelli Tutti, che significa «ripartire dal mi interessa, dal non posso fare a meno di te». Secondo i domenicani a Kyiv, la Santa Sede non può giocare un ruolo decisivo in Ucraina. Infatti, ad avviso di padre Jaroslaw Krawiec, priore generale dei domenicani di Ucraina, la Santa Sede non può svolgere un ruolo decisivo nella guerra in Ucraina. Padre Krawiec ha espresso questo commento parlando in Svizzera, dove si è recato in visita. A suo avviso non ci può essere un ruolo decisivo della Santa Sede nella guerra, ma «altri sforzi compiuti dal Vaticano sono convincenti, anche se non se ne parla molto nello spazio pubblico, come il contributo allo scambio di prigionieri di guerra. Molto apprezzabile e apprezzato anche in Ucraina è inoltre l’aiuto umanitario fornito alla popolazione, in particolare per il tramite del cardinale Krajewski, e anche il fatto che Papa Francesco continui a parlare del Paese e a ricordare la sofferenza dei suoi abitanti».
IL PONTEFICE CRITICATO IN UCRAINA
Padre Krawiec ha notato che l’atteggiamento assunto dal Pontefice riguardo alla guerra viene comunque «piuttosto criticato in Ucraina», in particolare il modo di porre sul medesimo piano «tutte le vittime della conflitto senza designare realmente gli aggressori». Ma è anche vero che «i notiziari del Paese trasmettono poche notizie del Papa o sul Vaticano», ed è stata data molta poca copertura alla visita del presidente Zelensky in Vaticano, un disinteresse che nasce prima di tutto dal fatto che l’Ucraina non è un paese cattolico». Ha suscitato molta perplessità anche la volontà del Papa di inviare segnali di riconciliazione. Dapprima con la presenza di una donna ucraina e una russa alla Via Crucis del venerdì santo 2022, poi con le testimonianze di un russo e un ucraino sempre in quella stessa occasione, quindi con la volontà di avere un evento di riconciliazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, infine quando un russo e un ucraino si stringeranno la mano il 10 giugno, alla manifestazione “Not alone” della Fondazione pontificia Fratelli Tutti, iniziativa, quest’ultima, della quale non si aveva conoscenza al momento in cui padre Krawiec ne ha parlato ai media svizzeri.
UNA PACE «NON DURATURA»
In generale, il priore dei domenicani ha sottolineato che «è difficile incoraggiare il perdono di una persona che ha appena perso una persona cara in guerra o che ha visto la propria casa distrutta. Tanto più che la guerra continua. C’è un tempo per ogni attività. L’esperienza storica tra Russia e Ucraina fa inoltre dire alle persone che la pace, anche se stabilita, non sarà una pace duratura». Padre Krawiec ha ricordato che Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco cattolica ucraina, ha sottolineato che un processo di riconciliazione significa fermare i conflitti, ma anche dire chiaramente chi sono le vittime e gli aggressori, e «questo processo di riconciliazione con i russi sarà lungo e difficile», e lo stesso con la Bielorussia, che «non è un aggressore diretto, ma ne consente l’estensione fungendo da base posteriore». Il priore dei domenicani ha inoltre sottolineato come i cattolici in Ucraina abbiano diverse dimensioni, che molti della parte orientale si identificano più come polacchi, e quelli della Transcarpazia più come ungheresi, tanto che «parlano e pregano in ungherese e non conoscono la liturgia ucraina. Questo è in parte un retaggio del tempo del comunismo, quando l’esistenza di poche parrocchie cattoliche nell’ovest del territorio era tollerata come parrocchie straniere». Per gli ucraini, tuttavia, «essere ucraini significa essere ortodossi o greco cattolici, seppure si verifichino collaborazioni a più livelli».
LA «STRANA POSIZIONE» DELLA SANTA SEDE
Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale ucraino, la scorsa settimana ha rilasciato una intervista al quotidiano italiano “Il Corriere della Sera”, nella quale ha definito «strana la posizione della Chiesa», poiché, si è interrogato, «che Chiesa è quella che preferisce gli assassini di bambini? Se la Chiesa ritiene giusto accettare le condizioni di Satana allora capisco, ma non credo». Egli ha inoltre rimarcato anche il fatto che «negoziare con la Russia è impossibile», e ha chiesto di fare e di più per l’Ucraina. Potrebbe poi avere un rimbalzo sulla diplomazia per l’Ucraina anche la visita che l’arcivescovo Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, farà in Belarus per le celebrazioni del XXV anniversario dell’incoronazione della Madonna di Budslau, icona del XVI secolo molto venerata in Belarus, icona che si venera il 2 luglio. Egli, che è stato nunzio a Minsk dal 2011 al 2015, avrà dunque l’occasione di conferire con le autorità bielorusse. Gugerotti ha smentito di essere stato considerato per divenire l’inviato del Papa a Mosca.
L’ARCIVESCOVO GUGEROTTI IN BIELORUSSIA
L’arcivescovo ha una grande conoscenza della Madonna di Budslau, perché ha partecipato varie volte al festival a lei dedicato quando era nunzio. Le celebrazioni sono dal 2018 patrimonio dell’umanità Unesco. Gugerotti era stato a Budslau anche il 13 dicembre del 2015, al termine del suo servizio di ambasciatore del Papa in Bielorussia. In precedenza, l’allora Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, il cardinale Jean-Louis Taran, aveva partecipato al Festival di Budslav nelle vesti di inviato pontificio speciale. Era stato nel 2013, in occasione del quattrocentesimo anniversario dell’apparizione dell’icona miracolosa della Madre di Dio a Budslav, mentre vi si era recato l’arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schonborn OR nel 2016, in occasione del XXV anniversario della fondazione della metropoli di Minsk-Mohilyov.
IL VIAGGIO DEL CARDINALE GALLAGHER IN MONGOLIA
Tra il 4 e il 6 giugno l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, si è recato in Mongolia in occasione di un viaggio programmato da tempo, che tuttavia è stato compiuto immediatamente dopo l’annuncio di quello che Papa Francesco farà nel Paese asiatico dal 31 agosto al 4 settembre. Si tratta della prima visita di un officiale vaticano di alto livello da quando Mongolia e Santa Sede hanno stabilito delle relazioni diplomatiche nel 1992. Il 4 giugno Gallagher ha celebrato la Messa nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a Ulaanbatar (Ulan Bator, n.d.r.), capitale del paese, dove poi ha incontrato la comunità missionaria locale. Quindi una serie di incontri con le autorità mongole: il 5 giugno Batmunkh Battsetseg, ministro degli esteri, e quindi il premier Luvsannamsrain Oyun-Erden. In particolare, il ministro degli esteri Batmunkh ha presentato al suo omologo vaticano gli obiettivi della politica mongola di sviluppo a lungo termine (denominato “Vision 2025”) e di quello a medio termine (denominato “Nuova rinascita”9, Inoltre, ha effettuato scambi per arricchire il contenuto delle diplomatiche con la Santa Sede.
SFIDE AFFRONTATE DI COMUNE ACCORDO
Gallagher e Batmunkh hanno riaffermato che Vaticano e Mongolia lavoreranno insieme per superare le sfide della desertificazione, il cambiamento climatico e la degradazione del suolo in collaborazione con la comunità internazionale. Il 6 giugno, c’è stato poi l’incontro con il Presidente della Mongolia Ukhnaagiin Khürelsükh. Prima di fare ritorno a Roma, l’arcivescovo Gallagher ha visitato il Chinggis Khan National Museum, una moderna struttura inaugurata lo scorso anno che espone oltre 12.000 reperti storici offrendo un’ampia rassegna sull’impero di Gengis Khan e su quelli successivi.