Esplode la protesta della comunità serba nei tre comuni cossovari di Zvečan, Zubin Potok e Leposavić. Gli incidenti seguono a una sostanziale provocazione da parte delle autorità di Pristina, che attraverso il forzato insediamento dei sindaci eletti di etnia albanese, in quei luoghi nettamente minoritaria. Si è trattato di un atto posto in essere in una fase di estrema tensione nella regione che, come non fosse sufficiente, sta per altro assorbendo tutte le criticità indotte dal tormentato scenario internazionale, con un conflitto in Ucraina che vede la Russia, da sempre vicina a Belgrado, impegnata in una cruenta guerra di occupazione.
INCIDENTI NELLE MUNICIPALITÀ A MAGGIORANZA ETNICA SERBA
L’insediamento dei sindaci di etnia albanese in zone a stragrande maggioranza etnica serba ha scatenato la guerriglia urbana, con i manifestanti serbi (organizzati) che si sono scontrati con la polizia interetnica del governo di Pristina (formata in massima parte da agenti di etnia albanese). Gli incidenti si sono protratti per l’intera giornata e hanno coinvolto anche i militari della NATO della missione Kosovo Force (KFOR), attualmente a comando italiano, con la conseguenza del ferimento di quarantuno militari tra i quali figurano anche undici italiani, definiti dalle fonti ufficiali del Ministero della Difesa di Roma «in gravi condizioni, ma non in pericolo di vita». I militari di KFOR rimasti feriti a seguito degli incidenti sono di nazionalità italiana, ungherese e moldava. Gli italiani, in forza al IX Reggimento Alpini L’Aquila dell’Esercito, hanno riportato ferite da trauma e ustioni provocate dall’esplosione di ordigni incendiari. Il contingente italiano di KFOR consiste attualmente in ottocento uomini e numerosi veicoli militari.
L’INCREMENTO DELLA TENSIONE
Le tensioni tra i gruppi serbo e quello albanese avevano conosciuto un incremento a partire da venerdì scorso, quando la folla si era radunata davanti ai municipi di tre dei quattro maggiori centri a maggioranza serba del Cossovo (Kosova secondo la dizione albanese, Kosovo i Metohija secondo quella serba) allo scopo di impedire l’insediamento nella carica ai nuovi sindaci nei loro uffici, eletti a seguito delle elezioni che hanno avuto luogo il 23 aprile scorso, tutti e tre politici di etnia albanese, una minoranza in quei luoghi. Il duro intervento dell’unità antisommossa della polizia di Pristina è stata la scintilla che ha riacceso le violenze. A questo punto si è reso necessario l’intervento dei militari della KFOR, missione NATO attualmente a comando italiano che rinviene nel suo mandato internazionale la garanzia della sicurezza in Kosovo.
BOMBE MOLOTOV A ZVEČAN
A Zvečan gli agenti hanno sparato candelotti lacrimogeni contro i manifestanti che tentavano di entrare con la forza nella sede del municipio, mentre i militari ricorrevano all’uso di granate stordenti. I manifestanti hanno lanciato ordigni incendiari contro polizia e militari, ferendone alcuni. Srpska Lista, formazione politica serba di maggiore rilievo in Cossovo ha sottolineato che i manifestanti proseguiranno nella loro protesta ribadendo le loro richieste relative ai nuovi sindaci, che non vogliono che si insedino nei municipi, inoltre, riguardo alla polizia cossovara, essa si dovrà ritirare al più presto dal nord a maggioranza serba. Finché tali richieste non saranno accolte – si afferma -, i manifestanti serbi presidieranno le sedi municipali.
BELGRADO SCHIERA L’ESERCITO AL CONFINE COL COSSOVO
Nel frattempo Belgrado ha schierato le unità del proprio esercito al confine con la sua ex provincia autonoma, in stato di massima allerta fino a venerdì prossimo, come reso noto dal ministro della Difesa serbo Miloš Vučević. «Tali unità – ha egli dichiarato – sono pronte a espletare ogni compito e ordinanza che giunga dal comandante supremo delle forze armate, cioè il presidente Vučić, nella speranza che si pervenga a una soluzione politica». Vučević ha contestualmente criticato la KFOR, ritenendola una forza «a difesa della polizia cossovara e degli usurpatori della democrazia, non della popolazione serba». Nell’evolversi della dinamica di crisi, il capo di stato maggiore delle forze armate di Belgrado, generale Milan Mojsilović, ha avuto un confronto con il comandante di KFOR, generale Angelo Michele Ristuccia, dal quale ha ricevuto rassicurazioni riguardo all’impegno assunto dalla NATO in ordine alla preservazione della pace e a evitare scontri con la popolazione serba.
LE PRESSIONI USA SU PRISTINA
Le violenze hanno reso necessario un colloquio d’urgenza tra il capo del governo cossovaro Albin Kurti (espressione del partito nazionalista Vetëvendosje!, Autodeterminazione!) con l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell. Kurti ha sottolineato «l’importanza che i nuovi sindaci eletti espletino la loro attività al servizio di tutti i cittadini», ma il problema di fondo è quello del boicottaggio da parte della minoranza serba delle elezioni amministrative del 23 aprile, che ha portato alla conseguenza che i rappresentanti del 2% della popolazione, che sono di etnia albanese, minoranza etnica in quelle zone, sono chiamate ad amministrarle. L’ambasciatore statunitense a Pristina, Jeff Hovenier, ha incontrato la presidente cossovara Vjosa Osmani, alla quale ha fatto presente l’importanza di non ricorrere all’uso della forza per consentire l’insediamento dei sindaci nelle municipalità serbe del nord, posizione condivisa dagli altri Paesi del Quint, cioè Francia, Germania, Italia e Regno Unito.