A causa dell’inflazione in Sud Africa si impennano i prezzi dei generi alimentari, un incremento che ha conosciuto il suo massimo livello negli ultimi quattordici anni nello scorso mese di marzo, divaricando così la traiettoria del Paese africano da quella che registra un seppur graduale allentamento dei prezzi dei generi alimentari a livello globale.
RACCOLTI DA RECORD MA RETE ELETTRICA IN TILT
A risentirne in modo particolare sono stati gli ortaggi, i prodotti a base di frumento e mais e gli oli vegetali, questo nonostante l’andamento locale dei prezzi di cereali e semi oleosi sia in linea con quelli rilevati sui mercati internazionali delle materie prime e, inoltre, malgrado gli agricoltori sudafricani stiano producendo un quarto raccolto eccezionale consecutivo di mais e uno record di soia. Una delle cause principali alla base del sensibile incremento dei prezzi va rinvenuta nell’attuale crisi energetica dovuta al malfunzionamento del sistema elettrico, che ha provocato una serie continua di interruzioni dell’erogazione dell’energia, problema che ha comportato un sostanziale aggravio dei costi lungo le catene del valore alimentare, con i costi di produzione più elevati che vengono infine scaricati sui consumatori.
IL DEFICIT INFRASTRUTTURALE SUDAFRICANO
Il settore agroalimentare è il principale fattore che contribuisce all’incremento del tasso di inflazione e dell’indice dei prezzi al consumo in Sud Africa, rendendo in questo modo sempre più probabile il delinearsi dello scenario relativo a un aumento dei tassi di interesse. Sebbene i prezzi registrati a livello globale costituiscano il principale fattore di aumento dei prezzi dei generi alimentari in Sud Africa, su di essi incide tuttavia anche la critica situazione nella quale versano le infrastrutture del Paese, che negli ultimi anni hanno conosciuto un processo di deterioramento. Rientrano tra di esse strade, ferrovie, reti di distribuzione dell’acqua e la citata rete elettrica. Come accennato, quest’ultimo elemento di criticità, che si manifesta nella frequente riduzione della tensione, risulta essere causa principale dell’aumento del prezzi al consumo di verdure, latticini, uova e carne, tutti prodotti le cui filiere risentono pesantemente della non regolare alimentazione di energia.
INTERRUZIONE DELLA CATENA DEL FREDDO E INFLAZIONE
Lo sforzo diuturno teso a impedire l’interruzione della catena del freddo sta costringendo molte aziende a rifornirsi attraverso fonti di generazione elettrica di riserva, spesso consistenti in costosi generatori, ma è inevitabile che gli aggravi nei costi di produzione vadano ad alimentare il fenomeno inflattivo, che si rende evidente nella pressione esercitata sui consumatori finali dei prodotti. La massima parte di questi ultimi cerca di fare fronte alla disagevole situazione adeguando le proprie spese nel senso del loro ridimensionamento o ricorrendo a prodotti di qualità inferiore aventi prezzi minori. Essi riducono i consumi di carne e di prodotti freschi optando per alimenti a base di farina di mais, una fonte relativamente economica di carboidrati che negli ultimi tempi è, giocoforza, divenuta la principale scelta alimentare per i sudafricani, ingigantendo rispetto al passato recente i consumi complessivi nel paese.
UNA MISCELA POTENZIALMENTE ESPLOSIVA
Va altresì rilevato che attualmente in Sud Africa il tasso di disoccupazione è notevolmente elevato (ha raggiunto il 33%), conseguentemente, un numero crescente di famiglie, le cifre ufficiali ne indicano diciotto milioni, si trova a vivere situazioni di carenza sul piano nutrizionale, con quote non irrilevanti di povertà assoluta. Una condizione che, sommata al tasso d’inflazione in sensibile crescita e al deprezzamento del rand di oltre il 7% del suo valore dall’inizio del 2023, pone seri rischi alla stabilità del Paese, poiché non sono affatto infondati i timori relativi a possibili disordini e violenze di piazza, oltreché a un abbattimento della qualità della vita e del livello generale di sicurezza. Si prevede comunque che i prezzi al consumo degli oli vegetali e dei prodotti a base di cereali diminuiscano nella seconda metà dell’anno in corso, ponendosi così in linea con quelli registrati sui mercati internazionali.